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“Ci tirava gli attrezzi addosso e ci chiamava maiale”: le accuse dell’ex ginnaste all’allenatrice

Sberle, insulti, spintoni: è quanto avrebbero subito otto ex atlete di ginnastica ritmica, tutte minorenni, durante gli allenamenti all’Accademia Nemesi di Calcinato (Brescia). Maltrattamenti dei quali sarebbe stata responsabile l’allenatrice Stefania Fogliata che ieri è stata interdetta e non potrà più allenare per un anno in tutta Italia.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Mi umiliava, mi diceva che non andavo da nessuna parte, praticamente piangevo ogni giorno, certe volte ti tirava gli attrezzi addosso, tipo le clavette": a raccontarlo, come riportato dal quotidiano locale Il Giornale di Brescia, è una delle atlete dell'Accademia di Calcinato (Brescia) che ha denunciato di aver subito maltrattamenti dalla allenatrice Stefania Fogliata.

Quest'ultima, così come disposto dalla giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, Francesca Grassani, è stata interdetta e non potrà allenare per un anno su tutto il territorio nazionale. La 31enne è infatti accusata di maltrattamenti aggravati dalla giovane età delle persone offese.

Sono otto le presunte vittime

Gli episodi contestati nei confronti di ben otto presunte vittime risalgono al periodo che va dal 2017 e fino a oggi. E proprio nell'ordinanza di custodia cautelare, riportata dal Giornale di Brescia, la giudice ha sostenuto che le indagini hanno permesso di scoprire un modus operandi "oppressivo e abusante con il quale l'indagato ha esercitato la sua attività".

Fogliata sarebbe stata "incurante dello stress psicologico provocato in ragazzine infraquattordicenni" che nonostante avessero manifestato il proprio disagio piangendo, sarebbero state "costantemente insultate, alcune malmenate, tutte punite solo per non essere in grado di soddisfare la pretesa dell'allenatrice all'esecuzione perfetta dell'esercizio ginnico" o per "non avere fattezze fisiche corrispondenti alla sua idea del fisico da atleta".

Strattonate e schiaffeggiate

Le indagini sono partite l'estate scorsa dopo che la madre di una ragazzina che frequentava l'Accademia Nemesi, ha denunciato quanto avrebbe subito la figlia. La gip ha descritto il contesto come "un quotidiano stillicidio di improperi e umiliazioni ai quali si sono sommate le percosse".

Sarebbero state spintonate, avrebbe tirato loro i capelli, le avrebbe strattonate e avrebbe dato anche alcuni schiaffi. Avrebbe inoltre trovato, sempre sulla base delle indagini degli inquirenti, "ogni scusa per punirle" tanto da far fare loro esercizi eccessivi e fini allo sfinimento: "Le minacciava di schiaffi o di far loro passare le pene dell’inferno, le umiliava costantemente. Adottava un regime di alimentazione rigido".

Lo stanzino

Condotte che umiliavano le ragazze tanto da plagiarle e soggiogarle e fino a lasciare in tempi diversi l'Accademia e la ginnastica. Tra le presunte vittime ci sarebbe anche una campionessa juniores, una ragazzina di 16 anni che ha lasciato la ginnastica. Agli investigatori avrebbe raccontato di "uno stanzino" dove forse sarebbero avvenute altre aggressioni fisiche e verbali.

E in quel luogo, la ragazza sarebbe stata presa dall'allenatrice "per il naso, per le orecchie, le dava calci nel sedere e sberle in faccia". In una chat, che come riporta Il Giornale di Brescia sarebbe agli atti, l'istruttrice avrebbe invitato la ragazzina a "sfruttare la quarantena Covid per non mangiare e di riempirsi la serata di impegni per evitare di avere il tempo di pensare la cibo".

L'ossessione per il peso

Questo aveva spinto l'atleta non solo a pesarsi più volte al giorno, ma "a calcolare prima di mangiare le calorie del cibo contenute nel piatto". Una ragazzina avrebbe addirittura raccontato di avere veramente paura ad andare in palestra. Altre hanno raccontato di essere state chiamate "maiale" o "goblin".

La giudice afferma che dalle indagini "Emerge l’uso sistematico della violenza fisica e moralecome cifra distintiva del trattamento ordinario delle giovani ginnaste". Nessuna di loro, spiega ancora, avrebbe messo in dubbio le capacità dell'allenatrice, ma le sue condotte "vissute come ingiuste non perché disallineate rispetto alle aspettative e alle ambizioni personali delle allieve, ma perché percepite come esclusivamente punitive e umilianti".

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