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Caso camici in Regione Lombardia

Caso camici, un mese dopo la chiusura delle indagini Fontana chiede di essere interrogato

Il governatore Attilio Fontana ha chiesto di essere interrogato sul caso camici a oltre un mese dalla chiusura delle indagini. Il governatore dovrà spiegare la fornitura da mezzo milione di euro di 75mila camici fornita dalla Dama, ovvero la società gestita dal suo cognato Andrea Dini. Fontana nei mesi ha sempre parlato di trasparenza e correttezza nelle sue azioni tanto da aver depositato documenti e memorie per difendersi.
A cura di Giorgia Venturini
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Ha chiesto di essere interrogato sul caso camici il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana: agli inquirenti è pronto a chiarire e a dare la sua ricostruzione dei fatti. Il governatore dovrà spiegare la fornitura di mezzo milione di euro di 75mila camici fornita dalla Dama, ovvero la società gestita dal suo cognato Andrea Dini. L'inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, è stata chiusa a fine luglio: il presidente Fontana dovrà rispondere dall'accusa di frode in pubbliche forniture, stesso reato contestato anche a Dini e Filippo Bongiovanni, l'ex direttore generale di Aria. E ancora: a una dirigente della stessa società e a Pier Attilio Superti, ovvero il vicesegretario generale del Pirellone. Ora l'istanza per chiedere l'interrogatorio è stata presentata dagli avvocati del presidente: ovvero gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa.

Il caso dei 75mila camici del cognato

La fornitura di materiale medico venne tramutata in donazione dopo che la trasmissione televisiva Report parlò della vicenda sollevando il problema del conflitto di interessi del governatore. A quel punto Fontana cercò di "risarcire" in parte il cognato, anch'egli indagato, con un bonifico da 250mila euro proveniente da un conto svizzero, a suo dire frutto dell'eredità dei genitori. Su questa somma, 5,3 milioni di euro che in precedenza erano gestiti da un doppio trust alle Bahamas e poi erano confluiti in Svizzera, è stata avviata una rogatoria da parte dei magistrati, che intendono appurarne appunto l'effettiva provenienza. Fontana sostiene che si tratti dell'eredità della madre, una ex dentista deceduta a 92 anni: soldi che sarebbero stati dichiarati al Fisco tramite la voluntary disclosure nel 2015.

Fontana: Ho agito in modo tale che la Regione non subisse danni

Il governatore aveva commentato così alla chiusura delle indagini: "Sono molto amareggiato per le questioni di carattere morale e politico che emergono da questa vicenda e che rappresentano esattamente il contrario della verità". E poi ha tenuto a precisare: "La verità è un'altra. Ho agito in modo tale che la Regione non subisse danni e per questo ho voluto ripristinare la prassi della donazione. Ho sempre detto perché mi sono mosso in quel modo: non volevo che la Regione avesse un esborso per dispositivi che ho sempre pensato fossero oggetto di donazione. È vero che ho favorito la donazione, ma in modo virtuoso, non perché fosse preordinato". Durante tutti questi mesi infatti Fontana ha sempre parlato di trasparenza e correttezza nelle sue azioni tanto da aver depositato documenti e memorie per difendersi. Azioni invece contestate dalla magistratura che negli atti ha specificato un "diffuso coinvolgimento di Fontana" nel caso "accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti". Dall'interrogatorio che si terrà a breve dunque potranno essere chiariti alcuni particolari.

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