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Caso Alessia Pifferi, oggi interrogate le psicologhe del carcere indagate per favoreggiamento

Nella giornata di oggi, giovedì 4 aprile, saranno interrogate le psicologhe indagate per falso e favoreggiamento nell’inchiesta bis sul caso di Alessia Pifferi, la donna di 38 anni accusata di aver fatto morire di stenti la figlia Diana.
A cura di Ilaria Quattrone
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Alessia Pifferi con la sua legale Alessia Pontenani
Alessia Pifferi con la sua legale Alessia Pontenani
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Nella giornata di oggi, giovedì 4 aprile, sono state interrogate le psicologhe indagate per falso e favoreggiamento dalla Procura di Milano. Le professioniste avrebbero eseguito alcuni test su Alessia Pifferi, la donna di 38 anni accusata di aver fatto morire la figlia Diana di 18 mesi. In totale sono quattro le esperte iscritte nel registro degli indagati: due lavoravano in carcere a San Vittore, un'altra avrebbe alternato il lavoro all'Azienda socio sanitaria territoriale Santi Paolo e Carlo con le ore di servizio in carcere, la quale invece sarebbe esterna all'istituto penitenziario.

Stando a quanto appreso da Fanpage.it, una delle indagate non ha risposto alle domande del pubblico ministero. Alle 15 inizierà il secondo interrogatorio.

Stando a quanto ricostruito dal pubblico ministero Francesco De Tommasi, che oggi ha sentito le indagate, una di loro avrebbe predisposto "i relativi protocolli con i "punteggi già inseriti" nella somministrazione del test di Wais che, sempre secondo l'Accusa, sarebbe servito a dimostrare un grave deficit cognitivo della 38enne. In questo modo avrebbe potuto ottenere la perizia psichiatrica.

Test a cui la donna è stata sottoposta da un perito super partes, nominato dal giudice, che ha affermato che fosse in grado di intendere e di volere ai momenti dei fatti. Un'altra indagata avrebbe preso parte alla somministrazione del test e avrebbe redatto una relazione che però non avrebbe firmato. Un'altra ancora (l'unica che non prestava servizio in carcere) avrebbe revisionato quel testo cambiandone alcuni grafici.

I colloqui con la detenuti sarebbero stati "falsamente annotati nel diario clinico, con riferimento ai presupposti del ‘monitoraggio' a cui la Pifferi veniva sottoposta, in realtà inesistenti giacché la donna non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi". Per il magistrato due psicologhe indagate avrebbero portato avanti una "vera e propria attività di consulenza difensiva". Avrebbero quindi lavorato per fornire "una base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, eventualmente con il filtro di un'ulteriore consulenza di parte, la tanto agognata perizia psichiatrica".

Ha collaborato Simone Giancristofaro

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