Baby Gang istiga i followers contro un giornalista, parte una campagna d’odio sui social: nuovo processo per il trapper

“Questo è il suo numero. Chi chiama più volte vince”. Questo l'invito che Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, ha fatto su Instagram ai propri followers – oggi quasi 3 milioni di utenti – istigandoli a contattare telefonicamente l'autrice di un servizio tv su di lui che pare non abbia particolarmente apprezzato. All'invito hanno risposto in tantissimi. Il risultato? Alla giornalista sono arrivati centinaia di insulti e minacce, anche di morte. Per questo, oggi il trapper è accusato di diffamazione aggravata, istigazione a delinquere e trattamento illecito di dati personali.
Baby Gang non è nuovo a guai con la giustizia. Prima c'è stata la condannato a 2 anni 9 mesi e 10 giorni nel processo sulla sparatoria avvenuta tra il 2 e il 3 luglio 2022 in via di Tocqueville, vicino corso Como a Milano, in cui rimasero feriti due uomini di una banda rivale. Poi è stata la volta delle indagini a suo carico per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti quando, durante la sua ultima data a Catania, aveva videochiamato in diretta il collega Niko Pandetta, detenuto da ottobre 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.
Fino all'ultimo episodio. Questa volta, i capi di imputazione formulati dal pm milanese Rosario Ferracane dopo la denuncia della vittima nei confronti di Baby Gang sono tre: diffamazione aggravata, istigazione a delinquere per aver incitato i propri followers “ad arrecare disturbi e molestie” all’autrice del servizio televisivo e di trattamento illecito dei dati personali della stessa.
I fatti in questione risalgono a tre anni fa, quando la trasmissione Mediaset “Fuori dal coro” ha realizzato il servizio “I soldi facili, il rapper sotto accusa per rapina libero di fare i concerti”. Dopo alcuni riferimenti nei suoi confronti e alla violenza presente nei testi delle sue canzoni, Baby Gang ha deciso di pubblicare il nome e il numero di telefono della giornalista istigando i propri followers (al tempo ancora sotto al milione) a chiamarla più volte possibile. Il risultato? Un campagna d'odio fatta da centinaia di insulti e di minacce.
“Sebbene le stories pubblicate dal cantante siano rimaste disponibili online per 24 ore la portata diffamatoria dei messaggi e la violazione della privacy da lui commessa si è subito propagata tra i suoi follower che non hanno mancato di ripostare e condividere quegli insulti, aggiungendone di nuovi”, ha scritto la giornalista nella denuncia. Parole che sono state ricordate anche nella giornata di ieri, giovedì 8 maggio, quando si è conclusa la parte istruttoria del processo a carico di Baby Gang che è in corso in queste settimane al tribunale a Milano.