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La presidente della commissione antimafia: “Abolire il reddito di cittadinanza aiuta le mafie anche in Lombardia”

La consigliera regionale Paola Pollini parla a Fanpage.it per la prima volta dopo la sua elezione al Pirellone a presidente della “Commissione speciale Antimafia, anticorruzione, trasparenza ed educazione alla legalità”.
A cura di Giorgia Venturini
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"La Lombardia ha la necessità di fare contrasto e prevenzione, quest'ultima fondamentale per aiutare famiglie e imprese a non entrare nella morsa del racket e usura". La consigliera regionale bresciana Paola Pollini parla a Fanpage.it per la prima volta dopo la sua elezione al Pirellone a presidente della "Commissione speciale Antimafia, anticorruzione, trasparenza ed educazione alla legalità".

Nelle ultimi mesi Milano e la Lombardia è stata al centro di operazioni antidroga della Procura e di forze dell'ordine che hanno visto coinvolti esponenti della ‘ndrangheta. Cosa può fare la politica?

Milano e la Lombardia sono al centro da anni, non da mesi, di operazioni antidroga. Oltre al potenziamento delle forze di polizia in termini di uomini, tecnologia e formazione, serve aprire un confronto schietto e trasparente con la società civile sul problema della droga. Serve una massiccia campagna di informazione e sensibilizzazione contro le dipendenze affinché l’uso degli stupefacenti diventi prima di tutto una pratica bandita dall’opinione pubblica. Per sconfiggere il consumo di droga bisogna capire e colpire la domanda prima ancora che l’offerta.

Va anche ribadito che la criminalità organizzata agisce e opera non solo dove trova clientela ma soprattutto manovalanza a basso costo per effettuare le operazioni di spaccio, e non solo. Le mafie trovano sostegno nel degrado e nella povertà. Per questo motivo ritengo profondamente sbagliata e pericolosa ogni azione volta a indebolire e minare le misure a sostegno del reddito e al contrasto alla precarietà. Così facendo l’attuale governo deve rendersi conto che prima di tutto sta facendo un favore enorme alla criminalità organizzata.

Infine, un’altra misura fondamentale per contrastare la mafia è la riduzione del tetto al contante o meglio, in linea di principio, la sua completa abolizione. Se per assurdo dovessimo immaginare un mondo dove la moneta è un bit e il portafoglio è una app o un bancomat, capite bene che sarebbe impossibile per chiunque acquistare sostanze stupefacenti o ricorrere al prestito usuraio o, perfino, riciclare denaro sporco perché la tracciabilità di ogni transazione monetaria impedirebbe tutto ciò.

Non dico che va abolito il contante ma dico che è inconcepibile come questo Governo abbia potuto pensare di aumentare la soglia del contante e non prevedere l’enorme favore che si stava compiendo alle organizzazioni criminali. La politica è credibile attraverso le azioni di contrasto all'illegalità.

Quali sono i territori lombardi dove è presente maggiormente la ‘ndrangheta? In quale comune pensa di andare per prima per dimostrare che l'antimafia lombarda c'è?

La presenza della ‘ndrangheta sul territorio regionale è consolidata e ampiamente dimostrata dalle indagini condotte dagli inquirenti su diversi fatti di varia natura. Sappiamo che in Lombardia la mafia calabrese si è organizzata dotandosi di una "camera di controllo" denominata "la Lombardia" in stretto collegamento con la casa madre reggina e sotto la quale operano 25 "locali" sostanzialmente in tutte le province lombarde. La relazione semestrale della DIA relativa alla prima metà dell’anno 2022 ci dice che operazioni importanti contro i clan ‘ndranghetisti hanno avuto luogo a Pavia (operazione Soprana) il 10 gennaio 2022 contro esponenti del gruppo Barbaro dell’omonima cosca di Platì, in provincia di Reggio Calabria, dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti.

E ancora: nel Varesotto e nel Milanese l’11 febbraio 2022 contro 15 soggetti coinvolti all'aggiudicazione di commesse legate alla rete ferroviaria di diverse regioni mediante subappalti a ditte infiltrate dagli esponenti della cosca Arena-Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

A Brescia l’11 marzo 2022 un’indagine su un tentativo di rapina ha evidenziato connessioni sul territorio bresciano tra la criminalità organizzata pugliese e quella calabrese (cosca Pelle-Gambazza di San Luca, in provincia di Reggio Calabria).

A Milano l’operazione “Salaria” del 16 maggio 2022 si è sviluppata da un’altra operazione avviata nell’ottobre 2021 che ha coinvolto soggetti della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria) e ora della famiglia degli Oppedisano per attività legate fra l’altro all’autoriciclaggio di proventi di attività delittuose.

Sempre nel milanese il 14 giugno 2022 la DIA di Milano ha sequestrato 4 complessi aziendali e beni strumentali per valore complessivo di oltre 5,5 milioni di euro per attività legate al settore estrattivo, stoccaggio e smaltimento di inerti e rifiuti da demolizione.

La ‘ndrangheta è chiaramente ben inserita nel tessuto produttivo e imprenditoriale dove riesce a riciclare, all’interno dell’economia legale, il denaro sporco proveniente da attività illecite anche commesse fuori regione. Serve alzare il livello di attenzione sensibilizzando e formando le imprese, soprattutto le piccole e le medie, in modo da saper prevenire e leggere comportamenti e situazioni riconducibili alle organizzazioni criminali.

Come Presidente della Commissione sarà un mio impegno andare in visita da tutti i Prefetti delle province lombarde. Ho già iniziato il mio mandato visitando il comune di Corsico dove è stata organizzata la settimana della legalità che ha visto la presenza del procuratore antimafia Nicola Gratteri, che ha anche ricevuto la cittadinanza onoraria.

Sono stata a Limido Comasco a incontrare e ascoltare la storia di Rossella Pera, insegnante, che da consigliere di opposizione ha denunciato e fatto arrestare ‘ndranghetisti. A Cassano D’Adda per incontrare don Luigi Merola e la sua lotta personale per dare speranza ai tanti bambini delle zone disagiate di Napoli.

Perché secondo lei ci sono pochi beni confiscati a Milano?

La Lombardia è la quinta regione per numero di immobili e di aziende confiscate alle organizzazioni criminali.

Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia ANBSC, il comune di Milano è il quinto ente locale per numero di beni destinati. A Milano sono 224, e questi sono nelle disponibilità del comune, tra queste la villa di Chiaravalle sequestrata nel 2012 che ora è una residenza per le famiglie che non hanno casa.

In Lombardia nell’aprile del 2017 è stato avviato un progetto, valutato molto positivamente da tutti i soggetti interessati, che prevede la pubblicazione sul portale della Regione Lombardia “Multiplan” di tutti i dati dei beni confiscati che possono essere visualizzati dai Comuni con l’aggiunta – rispetto ai dati di ANBSC – della georeferenziazione operata dalla Regione su sistemi proprietari, con la possibilità di aggiungere alcune informazioni relative all’utilizzo del bene. Questo ha permesso ai Comuni di prendere consapevolezza di quanti immobili sono presenti sui loro territori e delle loro condizioni per attivare progetti dedicati al riutilizzo.

Come più volte sottolineato da vari esperti il vero tema non è quanti beni vengono confiscati ma come vengono riutilizzati. Tra le difficoltà che maggiormente incidono in maniera ostativa sui processi di destinazione dei beni è quella della disponibilità finanziaria dei Comuni e degli enti del terzo settore, fondamentali per avviare i progetti di riutilizzo sociale delle strutture immobiliari. Il PNRR stanzia 300 milioni per la riqualificazione di 200 beni confiscati ma risultano essere stati presentati oltre 600 diversi progetti. Ciò significa che urge potenziare gli strumenti pubblici di sostegno a queste iniziative perché ciò che emerge è che le idee ci sono ma mancano i fondi.

Dopo anni finalmente si è arrivata a una svolta nelle indagini di due importanti casi di mafia in Lombardia: l'omicidio di Pietro Sanua e Cristina Mazzotti. Perché tutto questo tempo?

Sull’omicidio di Cristina Mazzotti, la Cassazione un anno fa ha aperto una nuova pista di indagini bloccando così la prescrizione sul caso. Negli anni sono state tredici le persone già condannate:

Tutte, però, si erano rifiutate di confessare la presenza di un commando della criminalità organizzata calabrese dietro l’omicidio. La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro uomini accusati del sequestro, e dell’omicidio, di Cristina Mazzotti, la ragazza allora diciottenne e studentessa del liceo Carducci di Milano, che fu rapita e uccisa nel 1975.

Sul banco degli imputati, dopo che le indagini sono state riaperte nei mesi scorsi, potrebbero finire il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, oggi settantottenne, e considerato tra gli "ideatori" del sequestro, Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia, anche loro considerati vicini alla ‘ndrangheta.

Sull’omicidio di Pietro Sanua, La Procura aprì subito le indagini che vennero archiviate l'estate dello stesso anno. Pochi anni fa però il fascicolo è stato riaperto dalla Direzione distrettuale antimafia, sulla scrivania del procuratore aggiunto Alessandra Dolci. Si torna a indagare.

Certo è che Pietro Sanua era noto nella zona Sud Milano per il suo impegno sociale: era presidente provinciale dell’Anva, l’associazione nazionale venditori ambulanti, e fondatore a Milano dell’associazione "Sos impresa".

Quello che accomuna questi due casi è il fatto che la procura e le indagini sembravano aver imboccato una strada morta lasciando i colpevoli senza un nome e un volto. Nel caso della giovane Mazzotti, nel tempo si è arrivati a condannare diverse persone ma mai si era arrivati a coinvolgere l’ndrangheta.

Nel caso del sindacalista, invece, l’inchiesta fu subito archiviata. Solo dopo anni, esattamente 47 e 28, si è riaperta l’indagine perché sono emersi nuovi indizi e quindi nuove piste ma forse ciò che è cambiato è l’approccio e l'atteggiamento delle istituzioni che oggi non temono di indagare e mettere sotto i riflettori esponenti della mafia calabrese. Si poteva fare prima? Sì, forse, ma è sicuramente un segnale importante che oggi lo Stato non si pieghi.

Su cosa si concentrerà la sua presidenza?

Il mio mandato da Presidente di commissione sarà basato sull’ascolto di quanti, a vario titolo, operano nell’ambito dell’antimafia. La Lombardia ha la necessità di fare contrasto e prevenzione, quest'ultima fondamentale per aiutare famiglie e imprese a non entrare nella morsa del racket e usura, per questo cercherò di essere il più possibile sui territori lombardi.

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