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Migranti, nave Usa aspetta l’ok per sbarcare i 41 naufraghi: “Hanno bisogno di assistenza”

L’Ong Sea Watch si difende: “Non abbiamo mai saputo se i corpi dei 12 migranti morti nel naufragio al largo della Libia fossero stati recuperati o meno dalla nave della Marina Usa”.
A cura di Annalisa Cangemi
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"Non abbiamo mai saputo se i corpi dei 12 migranti morti nel naufragio al largo della Libia fossero stati recuperati o meno dalla nave della Marina Usa". L'ong Sea Watch sottolinea che l'unica informazione che l'equipaggio della nave Sea Watch 3 ha avuto dagli americani sul salvataggio è quella delle 11.43 di martedì 12 giugno, quando "dopo aver contattato la Guardia costiera italiana e libica" hanno chiesto alla nave della Ong "la disponibilità a prestare assistenza attraverso il trasbordo di 41 persone di cui 4 donne e una incinta", mentre "i 12 morti erano in corso di recupero dallo stesso equipaggio americano". Gli Stati Uniti però hanno spiegato di non aver mai recuperato quei corpi, e quindi sarebbe falsa la notizia secondo cui l'equipaggio americano avrebbe gettato in un secondo momento i cadaveri in mare.

Dal canto suo, il comando della sesta flotta Usa, in una nota diffusa poco fa, si limita ad affermare che nave Trenton ha recuperato "40 persone in difficoltà" che sono state "immediatamente portate a bordo e rifornite di cibo, acqua, vestiti e cure mediche". Tra loro ci sarebbe anche una donna incinta. Gli Usa, prosegue la nota, sono in contatto con i loro "partner internazionali" per decidere dove dovranno essere sbarcati i sopravvissuti. Secondo quanto si apprende, i 12 cadaveri non sarebbero mai stati recuperati. In una nota successiva la Marina militare americana ha chiarito di aver visto "in un primo momento 12 corpi apparentemente senza vita. I soccorritori hanno dato priorità al recupero di coloro che avevano bisogno di aiuto immediato. La barca di salvataggio è poi tornata sul posto per cercare quei corpi, ma non li ha trovati. Se necessario le navi della US Navy sono in grado di conservare i corpi in depositi refrigerati". 

"Non abbiamo mai raggiunto la zona del naufragio – ha detto Sea Watch – loro ci sono venuti incontro e poi siamo rimasti fermi per 24 ore in attesa di una decisione". 

La nave dell'ong non sarebbe stata comunque in grado di affrontare un lungo viaggio come quello a cui è sottoposta la nave Aquarius: "Corpi non possiamo prenderne, non abbiamo le celle. E i superstiti li prendiamo solo se ci assegnano contestualmente un porto sicuro che non sia più lontano di 36 ore di navigazione", aveva spiegato. L'organizzazione umanitaria smentisce inoltre di non aver voluto prendere a bordo i sopravvissuti. "Non è vero che ci siamo rifiutati, abbiamo dato la nostra disponibilità a prendere a bordo i naufraghi chiedendo però che ci assegnassero un porto sicuro ragionevolmente vicino".

Nel frattempo la Sea watch 3 ha ripreso il pattugliamento della zona Sar vuota mentre la nave americana, con i 41 superstiti a bordo, è rimasta in zona in attesa di poterli sbarcare"È davanti ad Augusta, in Sicilia, con 41 persone sopravvissute a un naufragio. I sopravvissuti hanno immediato bisogno di assistenza" ha detto la portavoce per l'Italia di Oim (Organizzazione internazionale per le Migrazioni), chiedendo che la nave americana Trenton attracchi in Sicilia. Ma all'Italia e all'Mrcc di Roma, che in questo caso non hanno diretto le operazioni di soccorso e quindi non sarebbero obbligate a indicare un "porto sicuro", non risulterebbe alcuna richiesta formale da parte degli Stati Uniti.

Sulla vicenda è intervenuta l'europarlamentare Barbara Spinelli: "Abbiamo avuto notizia che la nave militare USA Trenton ha salvato 41 persone da un naufragio presso la Libia, chiedendone un trasbordo su SeaWatch3, l’unica nave che fa salvataggi in Mediterraneo. Operazione impossibile perché Sea Watch 3 deve poter sbarcare in un porto sicuro, ma il centro di coordinamento italiano, contattato tre volte da Sea Watch 3 e Trenton, lo ha negato non avendo coordinato il salvataggio. Chiaro che urgono redistribuzioni delle responsabilità in Europa (Malta inclusa). Ma sono questioni da risolvere a terra e non in mare dove invece prevale l'imperativo umanitario immediato".

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