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Migranti, Minniti: “Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”

Intervenendo alla Festa del Fatto Quotidiano, il ministro dell’Interno Marco Minniti ha analizzato la questione immigrazione e annunciato che s metà settembre presenterà un piano per l’integrazione nazionale. “Il punto cruciale per me è che un grande Paese di fronte ai flussi migratori, non li subisce, ma cerca di governarli. Perché se un Paese li subisce finisce per introdurre un principio di tensione che magari mal si adatta con gli equilibri sociali che noi abbiamo costruito in questi anni”, ha spiegato Minniti.
A cura di Charlotte Matteini
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“Non c’è un legame tra terrorismo e immigrazione, ma tra terrorismo e mancata integrazione”. A sostenerlo è il ministro dell'Interno Marco Minniti che, nella giornata del 3 settembre, ospite della Festa del Fatto Quotidiano insieme ai giornalisti Furio Colombo e Milena Gabanelli, ha a lungo parlato della questione immigrazione, spiegando a grandi linee come intende procedere nei mesi futuri nella gestione di quello che lui definisce "un fenomeno epocale". “Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”, ha proseguito Minniti, sottolineando che a breve sarà presentato un “piano di integrazione nazionale” che diventerà è parte integrante della strategia di accoglienza messa in campo finora del ministero dell'Interno. “Nel 2017 gli sbarchi sono stati solo 99mila e 927, c’è stato un notevole calo che si è manifestato nella stagione di picco. Il processo di ricollocazione va molto a rilento e il ministro Minniti ha affrontato in maniera drastica il tema”, ha spiegato il moderatore dell'evento, Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto Quotidiano. Secondo l'editorialista Colombo le strategie di Minniti sarebbero “decisioni disumane. Così si vinceranno anche le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah. Non possiamo dire che ci sono meno sbarchi e meno morti perché c’è qualcuno che è stato fermato da qualche parte. Sapete che sono rimasto, non in dissenso, ma costernato dal fatto che la parte del mondo in cui in generale appartengo e le persone di cui posso avere stima, prendono decisioni disumane. Perché rovesciano il senso fondamentale della civiltà a cui credevamo di appartenere. La politica non è stare dalla parte di chi ha paura. Perché la paura molti se la sono fabbricata”, ha sostenuto Colombo.

“Nessuno può pensare che la questione si risolva rapidamente. Il punto cruciale per me è che un grande Paese di fronte ai flussi migratori, non li subisce, ma cerca di governarli. Perché se un Paese li subisce finisce per introdurre un principio di tensione che magari mal si adatta con gli equilibri sociali che noi abbiamo costruito in questi anni”, ha replicato il ministro dell'Interno. "L’Italia in questi anni ha dato prova straordinaria di accoglienza. Io sono molto d’accordo quando dicono che l’Italia ha difeso l’onore dell’Europa, ma bisogna tenere anche presente il diritto di accoglie”, ha proseguito Minniti, evidenziando i punti qualificanti della strategia che ha messo – e intende mettere – in campo per la gestione dei flussi migratori. "Il primo punto è investire in Africa. Investiamo economicamente e in classi dirigenti, perché è un continente ricco. E una parte significativa della sua povertà dipende dal tradimento della classe dirigente che si è impossessata di quella ricchezza. L'Africa per i prossimi quindici anni sarà lo specchio dell’Europa. Se starà bene, l’Europa starà bene. Quando dico ‘governiamo i processi‘, dico una cosa semplice: una grande democrazia non può limitarsi solo alla parola accoglienza. È una cosa che ci fa battere il cuore. Io sono uno di quelli che in tempi non sospetti ha sostenuto che non c’è un’equazione tra terrorismo e immigrazione. E tuttavia, se guardiamo agli attentati vediamo che i terroristi sono figli di una mancata integrazione. Quindi io dico che c’è un rapporto tra terrorismo e mancata integrazione”.

“Io mi impegno davanti a voi e lo dico anche con un pizzico di onore personale. Io sui diritti e l’accoglienza farò una battaglia personale. Penso che bisogna governare i flussi migratori senza perdere l’umanità. A metà settembre presenteró un piano per l’integrazione nazionale. Io mi sono posto un obiettivo: togliere la parola emergenza dalle politiche per l’immigrazione. Vi ho proposto quello che penso, ma penso anche che sia cruciale non agire sulla base dell’ansia”, ha evidenziato il capo del Viminale. “Questa mia idea non nasce da una ricerca pervicace del consenso. Su questi temi non si gioca un punto, due punti in più alle elezioni politiche, si giocano le prospettive di un Paese. E’ giusto che si discuta apertamente. Su questi temi non si deve lucrare, si deve pensare solo agli interessi della comunità. Io penso così di guardare agli interessi del mio Paese. Appena sono arrivato al ministero dell’interno ho chiamato il presidente Cantone dell’Autorità anticorruzione e gli ho chiesto di fare un protocollo per la gestione degli appalti dell’accoglienza. In questo momento funziona quel protocollo. Io ho un dubbio sull’avere centri nazionali pubblici che gestiscano tutta l’accoglienza, insomma l’idea di un intervento pubblico. Io pensa che sia il pubblico che debba dare gli indirizzi e stabilire standard e poi sul concreto agiscono anche le Ong”.

In conclusione, il ministro Minniti, replicando ai duri rilievi avanzati da Furio Colombo, ha parlato anche del codice di condotta per le ong, approvato nelle scorse settimane: “Credo che il codice per le ong sia un elemento di garanzia per le stesse organizzazioni perché hanno fatto e fanno un lavoro preziosissimo. Infatti l’hanno firmato cinque su sette". Rispetto agli accordi con la Libia, Minniti ha inoltre specificato: "Io ho incontrato i sindaci delle città libiche, non sono dei capi tribù. Se uno di voi fosse venuto in quella sala e avesse ascoltato quei sindaci, non avrebbe pensato di essere a Tripoli. Il patto che abbiamo fatto è semplice: vi liberate dei trafficanti di esseri umani e noi vi aiutiamo a costruire un circuito economico alternativo. Io vorrei far capire ai libici che non possono fare lo Stato carogna. Voglio coinvolgere i giovani libici nella costruzione di alternative sul posto e rafforzare la pratica dei corridoi umanitari. Quelli che scappano dalla guerra, vengono direttamente in Italia e vengono gestiti dalle istituzioni”. 

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