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Marco Paolini e il racconto dell’incidente in cui ha ucciso una donna: “Non riesco a perdonarmi”

Il drammatico racconto di quei momenti in cui quasi un anno fa ha l’attore ha causato l’incidente mortale costato la vita alla 53enne Alessandra Lighezzolo. “Quando ti rendi conto che una cosa è irreversibile niente è più come prima. La parola ‘omicida stradale’ mi perseguita, spero di avere il tempo di potermi riscattare” ha dichiarato Paolini.
A cura di Antonio Palma
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"C’era molto traffico. Impossibile correre. Si andava in colonna. Viaggiavo sulla corsia centrale. A un certo punto mi è tornato un attacco di tosse. E lì mi sono spostato sulla corsia di destra. E di colpo mi sono visto addosso alla macchina di Alessandra Lighezzolo e Anna Tovo. Loro erano su una 500, io su una station wagon. Un camion, in confronto", così l'attore Marco Paolini  ha ricostruito quei drammatici momenti in cui  quasi un anno fa ha causato l'incidente mortale costato la vita alla 53enne Alessandra Lighezzolo sull'autostrada A4 Milano-Venezia, vicino a Verona. Per quell'omicidio stradale ha patteggiato una condanna a un anno di reclusione per omicidio stradale, con pena sospesa con la condizionale, ma quell'episodio è tutt'altro che concluso e non gli dà pace. "La parola ‘omicida stradale' mi perseguita, spero di avere il tempo di potermi riscattare" ha dichiarato Paolini in una intervista al Corriere della Sera.

"Era il pomeriggio di martedì 17 luglio dell’anno scorso. Dovevo tornare a casa e stare qualche giorno con la mia famiglia. Era l’una e mezzo. Forse le due. Lungo la strada, scendendo, verso Rovereto ho avuto un paio di colpi di tosse. Quelli che per un attimo ti mandano in apnea" ha ricordato l'attore. Poi in autostrada  la tosse è ritornata più forte di prima. "Di colpo mi sono visto addosso alla macchina di Alessandra Lighezzolo. L’ho speronata. E l’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale. Dietro una siepe. Rovesciata. Per fortuna il traffico di sotto si fermò quasi subito. Senza ulteriori tragedie. Eravamo lungo una piazzola d’emergenza. Mi sono fermato, ho dato l’allarme" ha ricordato ancora Paolini.

"Non stavo telefonando. E neppure ricevendo messaggi. Dato l’allarme la prima cosa che ho fatto è stata quella di consegnare appunto il telefonino alla Stradale. Loro hanno potuto confrontare tutti i dati. L’ultima telefonata l’avevo fatta a mia moglie qualche minuto prima per dirle che arrivavo" ha ribadito l'artista  che no si dà pace: "Tutti sappiamo che cose così possono succedere. Ma non hai modo di prepararti a questo. Quando succede… Undici mesi dopo quel giorno non è cambiato molto. Posso provare a capire me stesso. Ma non riesco a perdonarmi". "Ho ammesso di avere torto, ho patteggiato. Ma sono sicuro che le vittime di questo incidente che ho provocato non saranno dello stesso avviso. Li capisco. Se io pensassi a qualcuno che mi ha portato via la donna che amavo nessuna pena mi sembrerebbe adeguata… Farei fatica ad accettare una cosa così accaduta a causa della negligenza" ha ammesso Paolini, rivelando: "Ho scritto privatamente alle famiglie. Pur immaginando di essere, per loro, non voluto e molesto. Non ho ricevuto risposta. Capisco. L’avrei fatto anch’io. Poi ho scelto il silenzio. Ho pensato che qualunque cosa avessi detto sarebbe stata poco rispettosa nei confronti delle famiglie".

"Volevo anche non salire sul palcoscenico, Mi sono risposto di no. Non sarebbe stato giusto scappare. Ho cercato di andare avanti. Avendo chiaro che niente sarà più come prima. Le mie scelte teatrali sono però condizionate. Non perché io tema il giudizio degli altri. È il mio giudizio su me stesso che ha subito un duro colpo" ha rivelato ancora Paolini, concludendo: "Non posso perdonarmi da solo. E non ho fretta di arrivarci. Non c’entra con la giustizia del tribunale. Con la sentenza. Con l’omicidio stradale. Il fatto è che quando ti rendi conto che una cosa è irreversibile… Insomma, niente è più come prima. Sento di dovermi riscattare. Spero di aver tempo per farlo ".

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