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Opinioni

Le morti in mare, la Guardia Costiera libica e le prigioni – lager: il disastro che fingiamo di non vedere

“La Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951”, dice Minniti in Parlamento. Come sia sostenibile un accordo per la gestione dei flussi migratori e per il controllo delle frontiere con i libici, resta un mistero. Mentre ogni giorno si consuma in Libia il dramma di migliaia di persone…
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Questa strage  [6 novembre, ndr] sarebbe quindi stata causata dal comportamento irresponsabile della Guardia costiera libica, che, tra le altre cose, è stata finanziata, equipaggiata, sostenuta e addestrata dal Governo italiano per fermare i migranti in mare e pone seri interrogativi circa l'efficacia del codice di condotta proposto dal Ministro interrogato alle organizzazioni non governative, il quale delega alle forze libiche il compito del soccorso dei migranti in mare […] è la conferma che l'Italia avrebbe appaltato le politiche di respingimento dei migranti alle autorità libiche, violando apertamente la Convenzione europea dei diritti dell'uomo”. È questo uno dei passaggi più rilevanti dell’interrogazione parlamentare con la quale alcuni deputati di Mdp, Sinistra Italiana e Possibile hanno chiesto al ministro dell’Interno Minniti di chiarire i contorni della nostra collaborazione con la Libia e, nello specifico, con la Guardia Costiera libica, anche alla luce dell'ultimo disastro in mare aperto, che ha provocato morti e dispersi.

Il ministro ha sostanzialmente smentito la ricostruzione fatta in Aula da Arturo Scotto, parlando di “testimonianze divergenti” e di fatti non ancora accertati; stando a quanto dice il Viminale, quindi, sulla dinamica l’ONG e la Guardia Costiera libica direbbero cose opposte e dunque bisognerà attendere l’inchiesta per indicare eventuali responsabilità. Per la verità, in zona c’era anche un elicottero della Marina, ma questo Minniti omette di dirlo, forse per un eccesso di prudenza, che appare del tutto ingiustificato alla luce dei fatti.

Perché i fatti sembrano davvero chiarissimi. Vita.it ha ricostruito nel dettaglio gli inviti della nostra Marina Militare alla Guardia Costiera Libica, traducendo la registrazione pubblicata dalla Sea Watch, che evidenzia come l'elicottero militare inviti più volte i libici a collaborare per evitare il disastro che poi si sarebbe puntualmente verificato:

00:01:13 Guardia costiera libica, questo è l’elicottero della Marina militare italiana. Le persone stanno saltando in acqua. Spegnete i motori e per favore collaborate con Sea Watch. Per favore collaborate con Sea Watch!

00:01:33 Sea-Watch, Sea-Watch [.?.] alla Guardia costiera [.?.] Questo è l’elicottero della Marina militare italiana, canale 16 vogliamo che vi fermiate ora, ORA, ORA! Guardia costiera libica, Guardia costiera libica, c’è una persona sul lato destro, per favore spegnete i motori! Spegnete i motori!

00:02:03 Spegnete i motori adesso! Spegnete i motori! Avete [.?.] lato destro, per favore, fermatevi!

00:02:17 Fermatevi! Fermatevi! Fermatevi! Spegnete i motori, spegnete i motori adesso. Spegnete i motori adesso, per favore!

La ricostruzione, certificata dai video diffusi dalla Sea Watch, è avvalorata da alcune testimonianze dei volontari della ONG, che parlano apertamente di una questione fondamentale, ovvero del comportamento della Guardia Costiera libica in mare aperto. I libici, che sono oggetto di indagine da parte della corte penale internazionale de L’Aja perché si sarebbero macchiati di crimini contro l’umanità, hanno materialmente impedito ai migranti di raggiungere il mezzo della ONG, costringendo molti di loro a restare sulla loro motovedetta. “

“Non appena hanno visto che alcune persone erano riuscite a raggiungere le due scialuppe della Ong hanno iniziato a mostrare aggressività e a essere violenti”, ci ha raccontato Alessio Paduano, un fotografo freelance che era a bordo della Sea Watch3, sottolineando come alcune famiglie siano state separate, mariti e mogli su imbarcazioni diverse, alcuni diretti in Italia, altri nelle carceri libiche.

Il punto è proprio il destino di migliaia e migliaia di persone “soccorse” in mare dalla Guardia Costiera libica. Che fine fanno? Interessa a qualcuno?

Solo poche ore fa gli osservatori dell’ONU si dicevano “scioccati” da quanto osservato nelle carceri libiche: “Migliaia di uomini denutriti e traumatizzati, donne e bambini ammassati gli uni sugli altri, rinchiusi dentro capannoni senza la possibilità di accedere ai servizi più basilari […] Una situazione già grave è diventata catastrofica. Il sistema di detenzione per i migranti in Libia è in condizioni irreparabili e servono alternative alle detenzione per salvare la vita dei migranti e proteggerli da ulteriori atrocità […] La loro sofferenza è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”.

La CNN aveva poi diffuso un video in cui veniva mostrato cosa avviene in zone della Libia che, teoricamente, sarebbero sotto il controllo del governo con cui stiamo portando avanti accordi e negoziati. Un vero e proprio mercato degli schiavi, con un'asta nella quale esseri umani provenienti da diverse zone dell'Africa e molto probabilmente rapiti mentre cercavano di raggiungere le nostre coste, vengono venduti e comprati. Qualche mese prima, Sandro Ruotolo aveva mostrato su Fanpage.it cosa avviene nelle carceri libiche, spiegando il meccanismo criminale dei rapimenti e dei riscatti dei migranti in viaggio dal Corno d'Africa alle coste libiche.

La tesi che la Guardia Costiera libica non sia impermeabile a infiltrazioni malavitose e che anzi spesso sia funzionale al disegno criminale di miliziani e trafficanti, che utilizzano rapimenti e detenzioni a scopo di estorsione, trova fondamento anche in alcune inchieste giornalistiche indipendenti, che hanno ipotizzato anche chiare responsabilità del Governo italiano, accusato di aver stretto accordi, tramite intermediari, con gli stessi soggetti che un tempo operavano nel traffico di uomini.

Questi e altri elementi, che nel corso degli ultimi mesi sono stati lasciati sempre in secondo piano, offuscati dalla buona novella del calo degli sbarchi, hanno talmente colpito il ministro dell'Interno da convincerlo a pronunciare qualche parola in Aula sulla centralità del tema del rispetto dei diritti umani in Libia, a partire da quella che, più che una considerazione, dovrebbe essere una ammissione di responsabilità: "La Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951". Come sia sostenibile un accordo per la gestione dei flussi migratori con i libici, resta un mistero. Minniti però continua a guardare il bicchiere mezzo pieno:

Se oggi l'UNHCR ha potuto visitare ventotto dei ventinove centri di accoglienza presenti in Libia, individuando oltre mille soggetti in condizioni di fragilità a cui potere essere riconosciuta la protezione internazionale e la ricollocazione in Paesi terzi con le primissime ricollocazioni già effettuate, una sorta di corridoio umanitario per donne, bambini ed anziani, se l'organizzazione mondiale per l'immigrazione ha portato a termine dalla Libia oltre 9.353 rimpatri volontari e assistiti verso i Paesi di origine, se c'è un piano già operativo italiano di aiuti umanitari coordinato con i sindaci libici, se la nostra cooperazione internazionale sta procedendo ad un bando per l'attività delle ONG in territorio libico, se a Berna, lunedì scorso, i Ministri dell'interno dell'Europa e dell'Africa settentrionale compresa la Libia hanno firmato un documento di impegni sui diritti dei migranti e sul diritto alla protezione internazionale, lo si deve anche all'impegno del nostro Paese e dell'Europa.

Certo, UNHCR continua a chiedere alla Ue di attivare corridoi umanitari per 40mila persone. Amnesty International chiede di "porre fine alle detenzioni arbitrarie di migranti e rifugiati, favorendo il rilascio di quelli attualmente detenuti ed emendando la legislazione interna in modo da depenalizzare l’ingresso e la permanenza irregolare nel paese e l’uscita irregolare dal paese".

Mentre va in scena il solito teatrino, l’Italia continua ad aiutare la Guardia Costiera libica con rifornimenti, finanziamenti e addestramento. Come denunciato da ASGI, “il ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ha accordato al Ministero dell’Interno un finanziamento di 2 milioni e mezzo di euro per la rimessa in efficienza di 4 motovedette, la fornitura di mezzi di ricambio e la formazione dell’equipaggio, attrezzature e attività da destinare proprio alla Guardia Costiera libica”.

Da dove arrivano questi fondi? Semplice, dal fondo Africa, che dovrebbe servire a “interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie”. Insomma, psi scrive dialogo e cooperazione si legge controllo delle frontiere e militarizzazione della rotta centro-mediterranea.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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