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Le donne del mensile dell’Osservatore Romano si sono dimesse: denunciavano abusi sulle suore

La fondatrice e le giornaliste della rivista  Donne Chiesa Mondo si sono dimesse: avevano denunciato lo sfruttamento delle suore nel mondo ecclesiastico.
A cura di Davide Falcioni
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Lucetta Scaraffia,  fondatrice della rivista  Donne Chiesa Mondo dell’Osservatore Romano e le donne della redazione hanno rassegnato le dimissioni comunicando le ragioni della loro scelta in un editoriale che verrà pubblicato sul numero di aprile e un una lettera spedita a Papa Francesco. Scaraffia, femminista e docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma, nella sua carriera si è occupata prevalentemente di storia delle donne e di storia religiosa e ha parlato di "disistima e delegittimazione", di "selezione delle donne che parte dall’alto" oltre che di "controllo maschile".

Nato sette anni fa, il mensile Donne Chiesa Mondo era composto da una redazione di sole donne (teologhe, storiche, canoniste, studiose) e nell'ultimo periodo ha trattato il tema degli abusi sulle religiose all’interno dell’istituzione ecclesiastica e dello sfruttamento economico delle suore quando svolgono i lavori domestici all’interno delle strutture della chiesa, nelle case di preti, vescovi o cardinali, nelle scuole o negli ambulatori.

Scaraffa nell'editoriale di aprile ha spiegato:

Il mensile era nato da una iniziativa femminile autonoma, realizzato da un gruppo di donne che si erano aggregate nel corso degli anni, ed era stato approvato e sostenuto da due papi, Benedetto XVI e Francesco. Si trattava per il Vaticano di un’esperienza nuova per la sua autonomia, premiata dall’attenzione e dell’interesse di cui il mensile, pubblicato in spagnolo da “Vida Nueva”, in francese da “La Vie” e in inglese diffuso in rete, gode nei media di tutto il mondo. Questa linea non ha trovato l’appoggio della nuova direzione dell’Osservatore Romano, indirizzata piuttosto a depotenziare “donne chiesa mondo”, avviando collaborazioni e iniziative che appaiono concorrenziali, con l’effetto di mettere le donne l’una contro l’altra invece di sollecitare confronti aperti, e dimostra così di non considerare i membri della redazione interlocutori sufficientemente “affidabili”.

Si torna così alla selezione delle donne che parte dall’alto, alla scelta di collaboratrici che assicurano obbedienza, e si rinuncia a ogni possibilità di aprire un vero dialogo, libero e coraggioso, fra donne che amano la Chiesa nella libertà e uomini che ne fanno parte. Si torna all’autoreferenzialità clericale e si rinuncia a quella parresia tante volte chiesta da papa Francesco, nella cui parola e nel cui magistero tanto ci riconosciamo. Di conseguenza non possiamo che dichiarare concluso il nostro lavoro, interrotto bruscamente benché ci siano ancora progetti aperti – per esempio l’approfondimento dei cinque sensi – e articoli commissionati o addirittura scritti. Ma riteniamo necessaria questa scelta per salvaguardare la nostra dignità ed evitare così il processo di logoramento purtroppo già in corso».

A Papa Francesco Scaraffia ha scritto:

"Come ben sa, non siamo state noi a parlare per prime, come forse avremmo dovuto, delle gravi denunce dello sfruttamento al quale numerose donne consacrate sono state e sono sottoposte (sia nel servizio subordinato sia nell’abuso sessuale) ma lo abbiamo raccontato dopo che i fatti erano emersi, anche grazie a molti media. Non abbiamo più potuto tacere: sarebbe stata ferita in modo grave la fiducia che tante donne avevano riposto in noi.

Ora ci sembra che un’iniziativa vitale sia ridotta al silenzio e che si ritorni all’antiquato e arido costume della scelta dall’alto, sotto il diretto controllo maschile, di donne ritenute affidabili. Si scarta in questo modo un lavoro positivo e un inizio di rapporto franco e sincero, un’occasione di parresia, per tornare all’autoreferenzialità clericale. Proprio quando questa strada viene denunciata da Lei come infeconda".

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