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Lavoro, numero di occupati supera livello pre-crisi: ma rispetto al 2008 aumenta la disoccupazione

Un report sulla base dei dati di ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal fornisce il quadro sull’andamento del mercato del lavoro negli ultimi dieci anni. Cresce il numero di occupati, ma diminuiscono le ore lavorate. Cresce, allo stesso tempo, anche il tasso di disoccupazione. In aumento il lavoro dipendente, soprattutto a tempo determinato e a tempo parziale.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’obiettivo è quello di fornire un quadro esaustivo sul mercato del lavoro, integrando tutti i dati a disposizione di ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal. Così nasce il rapporto annuale presentato oggi e nel quale vengono analizzati i cambiamenti del mercato del lavoro negli ultimi dieci anni. Dal report emerge “un elevato potenziale di sviluppo del mercato del lavoro, insieme a criticità che la ripresa economica degli ultimi anni ha solo in parte attenuato”. Si parte da un bilancio degli ultimi dieci anni, con un confronto rispetto al periodo pre-crisi economica. Nonostante una minore crescita del Pil, il mercato del lavoro tiene e si segnala un rilevante incremento soprattutto nel 2017. La crescita è poi continuata con il record storico di occupati toccato nel secondo trimestre del 2018, con 23,3 milioni di unità. Si è poi registrata una leggera diminuzione nel terzo trimestre, con un nuovo lieve incremento nel quarto trimestre, lo 0,1% in più rispetto al precedente.

Andando a valutare la media del 2018, il numero di occupati supera il livello del 2008 di circa 125mila unità, mentre il tasso di occupazione sfiora il record del 58,5%. Male, invece, il tasso di disoccupazione, al 10,6%, più alto del 3,9% rispetto al 2008 ma in diminuzione rispetto all’anno precedente. Nonostante il numero di persone occupate sia al livello del 2008, la quantità di lavoro è inferiore. Le ore lavorative sono diminuite del 5,1% rispetto al 2008. Per colmare il gap servono 1,8 milioni di ore di lavoro e un milione di unità assunte a tempo pieno. Si raggiunge, invece, il massimo storico di lavoratori dipendenti: siamo vicini ai 18 milioni. Mentre diminuiscono gli indipendenti, al minimo nel primo trimestre del 2018, diventando meno di 5,3 milioni. Valore massimo, invece, per i lavoratori a tempo determinato: sono 3,1 milioni di occupati.

Negli ultimi dieci anni è aumentato il lavoro dipendente, soprattutto quello a tempo determinato e quello a tempo parziale. Aumenta la presenza femminile, dei lavoratori anziani, delle persone più istruite e soprattutto degli stranieri. Nonostante la crescita, l’Italia rimane lontana dall’Ue a 15, con una media nel 2017 di 67,9% contro il 58% italiano. Per raggiungere il valore medio comunitario servirebbero 3,8 milioni di occupati in più. Il gap è maggiore per i lavori più qualificati e nei settori della sanità, dell’istruzione e della pubblica amministrazione.

La forza lavoro e le imprese

Il report valuta anche il sottoutilizzo della forza lavoro. Nel 2017 in Italia il tasso di disoccupazione registrato è dell’11,7%, con il nostro Paese terzultimo nell’Ue a 28. La media è di 7,6%. Il report stima quindi che è di circa 6 milioni di unità la forza lavoro non impiegata. Inoltre, nel 2017 circa un milione di persone ha lavorato meno ore di quello che era disposta a fare. Un dato più elevato al Sud e tra le donne, i giovani e gli stranieri. Altro punto critico è quello degli occupati sovra-istruiti, che sono 5 milioni di 569mila, il 24,2% del totale e il 35% degli occupati diplomati e laureati. Un fenomeno, peraltro, in crescita negli ultimi anni, soprattutto tra i lavoratori stranieri. Al contrario, tra chi ha conseguito un dottorato di ricerca nel 2014, il 18,8% degli occupati vive e lavora all’estero ed è più soddisfatto di chi è rimasto in Italia. Per quanto riguarda le imprese, tra il terzo trimestre del 2016 e il terzo trimestre del 2018, hanno creato 1,4 milioni di posti di lavoro, mentre ne hanno persi 775mila. Con un saldo positivo di 690mila unità.

Le agevolazioni contributive e i giovani

Negli ultimi anni molte azienda hanno approfittato di agevolazioni contributive per assumere personale. Parliamo del 16% nel 2014, con un picco del 61% nel 2015 e un minimo del 10% nel 2017. Nei primi nove mesi del 2018 si è poi registrata una leggera risalita al 15%. Approfittano delle agevolazioni soprattutto le aziende che trasformano in tempo indeterminato i contratti dei loro lavoratori, con un record del 76% nel 2015. Le agevolazioni vengono sfruttate soprattutto al Sud.

L’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro viene analizzato sul dato del 2017, quando ci sono stati 773mila primi ingressi di persone tra i 15 e i 29 anni per lavoro dipendente, para-subordinato e in somministrazione. Si tratta del 35% del totale dei due milioni di giovani della stessa fascia d’età che hanno un rapporto di lavoro avviato nell’anno. Un dato in crescita rispetto al 2015 e al 2016. Nel 2017 l’età media di ingresso nel mondo del lavoro è stata di 22 anni: si tratta per il 55% di uomini, per il 50% al Nord, per il 20% al Centro e per il restante 30% al Sud. In proporzione, parliamo dell’80% di italiani e del 20% di stranieri. Quasi il 55% di questi rapporti di lavoro sono ancora attivi dopo un anno. Entro sei mesi diventano un rapporto stabile nel 38,8% dei casi, entro un anno nel 43% dei casi e dopo due anni viene stabilizzato un giovane su due.

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