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La spiaggia negata: viaggio tra concessioni, erosione delle coste e accessi negati (REPORTAGE)

Una spiaggia per tutti: 14 mila firme per la bonifica dell’arenile di Bagnoli da destinare a spiaggia pubblica, mentre da Bacoli a Castellammare lidi privati recintano interi pezzi di suolo demaniale. Un’estate tra prezzi esorbitanti, spazi ridotti dall’erosione delle coste e social beach gestite da volontari.
A cura di Alessio Viscardi
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Spiagge negate a Napoli

Quattordicimila firme per chiedere che il litorale di Bagnoli – periferia ovest della città – venga dichiarato spiaggia pubblica. La raccolta lampo è riuscita in poco più di due mesi ed effettuata dai comitati civici di Napoli riuniti sotto la sigla "Una spiaggia per tutti". Presentata al Comune una delibera da sottoporre al Consiglio per un'immediata attuazione, in vista della firma – apposta negli scorsi giorni – del protocollo d’intesa tra la regione Campania e Bagnolifutura, per la realizzazione del Parco urbano di Bagnoli nell’area ex-Italsider, primo passo per la bonifica degli arenili e del mare. La vera rivoluzione, però, è la richiesta che i cittadini fanno all'amministrazione comunale di ritirare tutte le concessioni date ai lidi privati. "Hanno ragione i cittadini" dice l'assessore all'Urbanistica, Luigi De Falco, mentre Alberto Lucarelli, assessore ai Beni Comuni, ci ricorda che per "quarant'anni abbiamo assistito alla svendita di un bene comune come le spiagge, le concessioni sono state concesse a prezzi irrisori e per tempi lunghissimi".

Dei venti chilometri di costa napoletana, ben pochi sono a disposizione dei bagnanti. L'arenile di Bagnoli è lungo due chilometri, le coste e il mare sono inquinate dalla storica presenza dell'ex-Italsider – rudere di un'epoca industriale che Napoli non ricorda più. La colmata di cemento, gli idrocarburi versati in mare, l'amianto delle coibentature hanno reso le acque non balneabili. Così è da anni, nonostante ciò numerosi – e cari – lidi privati hanno ricevuto in concessione intere porzioni di costa.

A Maggio 2012 sono stati appaltati i primi lavori di bonifica dell'area di Bagnoli per un totale di 50 milioni di euro, dopo che per anni la società partecipata costituita a tale scopo – la Bangolifutura – è riuscita solo ad accumulare debiti per 300 milioni. "Noi dobbiamo porre un'ipoteca pubblica – dice Massimo Di Dato, promotore del comitato Una spiaggia per tutti – In modo tale che, una volta effettuata la bonifica con soldi pubblici, non si corra il rischio che siano i privati ad approfittarne costruendo porti e stabilimenti balneari".

A Napoli est, le acque sono dichiarate non balneabili a causa dell'inquinamento derivante dall'obsoleto depuratore di Barra – San Giovanni. Qui, secondo le analisi effettuato dalla Goletta Verde di Legambiente, sono stati rilevati livelli di batteri fecali tanto elevati da non poter essere classificati.

Le uniche spiagge libere della città di Napoli si trovano a Mergellina e Posillipo. Sul #lungomareliberato troviamo il famoso Lido Mappatella, attrezzato con docce pubbliche e servizi igienici forniti dal Comune. Ma la qualità dell'acqua – sebbene le analisi condotte dall'Arpac la certifichino come eccellente, quindi balneabile – suscita perplessità: cattivi odori, rifiuti galleggianti e il recente sequestro da parte della magistratura di una vasca contente liquidi inquinati, fortunatamente mai finiti in mare, concorrono a suscitare qualche dubbio in chi vuole tuffarsi dagli scogli vista Vesuvio.

A Posillipo la situazione è diversa, sebbene ci siano piccole spiagge pubbliche, gli accessi ad esse sono tutti privati. La scogliera conta pochi percorsi per raggiungere la costa, i gestori degli stabilimenti balneari dovrebbero lasciare libero il passaggio ma quando una delegazione del comitato "Una spiaggia per tutti" ha tentato l'accesso in massa per protesta, qualche settimana fa, è stata chiamata la polizia in assetto antisommossa per impedirlo.

A Posillipo si trova la famigerata spiaggia-orto botanico dell'impreditore Alfredo Romeo: costruita su suolo demaniale, popolata da rare specie di piante, sequestrata dalla magistratura, si trova proprio di fronte Palazzo Donn'Anna – la dimora del signore delle case popolari campane. I bagnanti non sanno che questo fresco angolo di costa è pubblico -così come stabilito dal Tribunale- perciò si accontentano di fare il bagno nella prospiciente spiaggia pubblica, in stato di abbandono: sabbia sporca, rifiuti, pali divelti e relitti di imbarcazioni fanno compagnia ai pochi che si avventurano qui da quando Romeo è stato costretto ad aprire dei varchi nel suo giardino vista mare -prima non era possibile neache raggiungere l'arenile comunale.

Nella fascia costiera che va da Pozzuoli a Bacoli, come denunciano i membri del comitato "Spiagge Beni Comuni – Area Flegrea", non viene rispettato quanto stabilito dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 296 e da una delibera sindacale del comune di Bacoli, ovvero: permettere il libero accesso alla battigia anche attraverso gli stabilimenti privati, libertà di passeggiare sul bagnasciuga, non installare lettini e ombrelloni a meno di cinque metri dal mare. Ci abbiamo provato, con una telecamera nascosta, a entrare in diversi stabilimenti balneari senza pagare, al fine di passeggiare sul bagnasciuga: l'impresa è stata davvero ardua, tutti i lidi sorti nei pressi del lago d'Averno hanno circondato con mura, recinzioni e porte blindate i propri appezzamenti di costa. Al primo lido accediamo attraverso una scalinata di ferro, il responsabile ci ferma prima ancora prima di entrare, gli diciamo di voler raggiungere il lido successivo camminando sulla riva ma lui ci intima di uscire in strada. Insistiamo, allora l'uomo dice che non si può passare perché c'è una porta blindata e chiusa. Ci facciamo portare lì, forti della delibera che ce lo permette, e troviamo sì la porta, ma con la maniglia rivolta verso di noi. La apriamo e passiamo al lido successivo, dove si ripete la stessa storia: ci chiedono i documenti, asserendo di voler tutelare i clienti dello stabilimento dalle orde di ragazzini provenienti dai quartieri poveri della città che quotidianamente si riversano su una delle poche spiagge pubbliche della zona. Passiamo anche questo ostacolo e ci troviamo all'ultimo lido, qui non riusciamo a passare oltre, anzi scoprono la telecamera e quasi ci minacciano.

"Ci sono quattro lidi occupati dalle forze armate – racconta Fabrizio – Dovrebbero utilizzarli per l'addestramento delle reclute, invece ci fanno normale attività commerciale". A queste storture delle dinamiche di concessione delle spiagge, va aggiunta un'altra denuncia del comitato: "A Bacoli, il Comune ha previsto che il 20% della costa debba essere adibito a spiaggia pubblica. Ad oggi, non siamo nemmeno al 2%".

Stessa situazione la si registra a Castellammare di Stabia, dove soltanto il 33% del litorale è balneabile a causa dell'inquinamento causato dalla foce del fiume Sarno (come certificato dall'Arpac) e dove le uniche spiagge libere (15% del totale) erano fino a qualche mese fa invase da diversi sacchi di rifiuti indifferenziati.

Secondo il rapporto Mare Monstrum 2012 di Legambiente, sono poche le Regioni italiane che si sono dotate di leggi chiare sulle concessioni. Quelle poche che sono entrate in vigore sembrano scritte per favorire la proliferazione degli stabilimenti balneari privati.

I dati sulle spiagge in Italia ci parlano di 30 mila aziende titolari di concessioni con un totale di 600 mila impiegati nel settore, indotto compreso, per 7.375 chilometri di costa. In poco più di dieci anni, i lidi privati sono più che raddoppiati, passando dai 5.368 del 2001 ai 12 mila di oggi. La superficie di suolo demaniale dato in concessioe è di circa 900 chilometri, che rappresentano un quarto delle coste adatte alla balneazione. In partica, uno stabilimento ogni 350 metri con un’occupazione complessiva di circa 18 milioni di metri quadri.

Le concessioni fruttano all'erario 130 milioni di euro all'anno, ma il fatturato dell'industria delle spiagge vale oltre 2,5 miliardi (dichiarati dai gestori dei lidi, che ufficialmente guadagnano una media di 13 mila euro all'anno – evasione fiscale esclusa). Secondo le associazioni ambientaliste, il vero fatturato è nell'ordine di 7 miliardi di euro all'anno. Un rapporto dell'Università Roma Tre del 2009 calcola che la media dei canoni annui per la concessione di suolo demaniale non supera il costo di un euro al metroquadro. Questo a fronte di stabilimenti che hanno superfici destinate a bar di oltre 60 mq e ristoranti per 110 mq. Una situazione molto più favorevole di quanto accade per i gestori di stabilimenti balneari nel resto d'Europa, dove la normativa prevede spesso l'affidamento tramite bando di gara pubblica in cui si tiene conto della qualità del progetto, il rispetto delle aree naturali e il divieto di edificare manufatti sulle spiagge.

In Italia, l'ultimo provvedimento che mette mano alle concessioni demaniali marittime è il decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, che accogliendo le obiezioni sollevate alla Commissone Europea, riduce i tempi di godimento del diritto di superficie sulle spiagge da 90 a 20 anni. L'Italia, comunque, ha subito procedura di infrazione ed è stata sanzionata per la violazione della direttiva Bolkestein del 2006 in materia di liberalizzazioni, che impone di modificare i contratti con lo Stato per favorire la libera concorrenza. Si è tornati recentemente a discutere in Parlamento dell'opportunità di estendere le concessioni demaniali da 20 a 50 anni, senza dimenticare che non esiste obbligo di abbattere i manufatti già edificati sulle spiagge.

In Campania ci sono 360 km di costa, da Sapri a Baia Domizia. Da un lato, i privati che colonizzano sempre più spiagge. Dall'altro, inquinamento, occupazioni urbane ed erosione delle coste causata dall'uomo stanno riducendo al lumicino i tratti di spiaggia dove la balneazione è possibile. Legambiente ha calcolato il consumo delle coste tra il 1988 e il 2011, i risultati ci parlano di un ambiente urbanizzato per il 50% (181 km), dal 1988 al 1011 sono stati consumati 19 km di costa. Il consumo per attività industriali-portuali è di 28 km, 152 km per insediamenti urbani, 17 km per attività agricole. Soltanto 161 km sono lasciati al paesaggio naturale.

Nel "Dossier Coste – Il Profilo Fragile dell'Italia", Il Wwf afferma che negli ultimi 150 anni, le coste si sono ridotte da 1200 chilometri agli attuali 700 mila, dei quali soltanto 140 mila svolgono una funzione di effettiva barriere contro il mare. L'associazione ambientalista, inoltre, denuncia che nella maggior parte delle Regioni italiane non è stata stabilita neanche la percentuale minima di arenile da riservare alla balneazione libera. Ovviamente, il costante ritrarsi della lingua di sabbia, rende impossibile rispettare la fascia di garanzia di cinque metri dalla battiglia che i gestori di lidi privati devono lasciare libera da ombrelloni e sdraio. Come ha dimostrato fanpage.it, in alcuni stabilimenti balneari del Napoletano i lettini sono posizionati praticamente sul bagnasciuga.

Le stime sull'innazamento del livello medio dei mari fornite nel 2007 dall'IPCC – Gruppo intergovernativo di esperti sul cambianto climatico, certificano dal 1961 al 2003 un innalzamento medio di 1,8 mm all'anno. Entro il 2100, si prevede il ritiro delle coste per oltre 190 cm. L'erosione costiera sta "mangiando" il 42% dei litorali italiani, si tratta di circa 1600 km di costa, per la maggior parte destinate alla balneazione. Le cause dono diverse, prima tra tutte il prelievo di materiali sabbiosi per l'edilizia, oltre alla costruzione di dighe e coltivazioni lungo le sponde dei fiumi.

Spiagge d'oro e prezzi alle stelle, come se non bastasse la penuria di arenili liberi ci si mette anche il caro degli stabilimenti balneari. Secondo il Codacons, il costo medio di una giornata al mare in Italia è di 37 euro – contro una media europea che si assesta sui 25 euro. Sono molte le testimonianze che si leggono sul web, famiglie di tre persone arrivano a pagare 44 euro. La Regione Campania ha recentemente adottato un provvedimento che impone agli stabilimenti di far entrare gratuitamente i bambini al di sotto dei dodici anni, ponendo come sanzione la sospensione della concessione demaniale. Eppure, sono decine le segnalazioni di stabilimenti che non rispettano la direttiva.

La social beach: esiste un'alternativa tra il fare il bagno in una delle poche, e abbandonate, spiagge pubbliche e l'accendere un mutuo per qualche weekend di relax in uno stabilimento balneare privato? La risposta l'hanno data i ragazzi e le associazioni riunite nel progetto Napoli Nord che -in accordo con la comunità di recupero minori Emmaus- hanno chiesto al comune di Bacoli il permesso di poter pulire e attrezzare uno spiaggia pubblica nei pressi del lago del Fusaro. L'hanno chiamata Social Beach, forniscono lettini e ombrelloni chiedendo in cambio soltanto una libera donazione a favore del progetto e della comunità.

Sull'arenile, sono state installate attrezzature sportive per giocare a beach-volley, è stato allestito anche un parcheggio gratuito -libero da parcheggiatori abusivi- e ripristinati docce e bagni per i bagnanti. Domenico Ciccarelli, responsabile del progetto, ci spiega che questa iniziativa -oltre a fornire ai ceti meno abienti la possibilità di passare un giorno al mare senza spendere un capitale- responsabilizza i bagnanti, che devono mantenere pulita la spiaggia e trasportare ombrelloni e lettini, ma fa bene anche ai minori ospitati nella comunità, che finalmente possono avere contatti con altre persone e vivere in un'ambiente più allegro.

La social brach si prepara anche a dare vita a eventi serali, facendo il verso a tanti lidi che si trasformano sempre più in discoteche notturne. Si parte venerdì 27 luglio con "La spiaggia dei fuochi": una festa di sensibilizzazione sulla piaga dei roghi di rifiuti tossici tra Napoli e Caserta. Una spiaggia per tutti è possibile.

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