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Opinioni

La Scuola secondo Renzi: merito, dirigismo e innovazione ma con l’ossessione delle risorse

Il patto proposto dal Governo punto per punto: assunzioni, meccanismi premianti, innovazione (ma anche recupero degli insegnamenti tradizionali), collegamento col mondo del lavoro. E le scuole dovranno essere in grado di gestire, spendere e moltiplicare le risorse. Ma, ovviamente, per ora si tratta solo di buoni propositi.
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Come vi abbiamo raccontato il Presidente del Consiglio ha presentato il piano "La Buona Scuola – Facciamo crescere il Paese": una sorta di "patto" posto all'attenzione di cittadini e addetti ai lavori e pubblicato sul sito passodopopasso (di cui vi abbiamo parlato qui). La comunicazione è, al solito, solenne e sognante: "Non una riforma, non un adempimento burocratico, non un libro dei sogni. Un patto, semplice e concreto. L’Italia cambierà solo se noi metteremo al centro la scuola". Ma i contenuti ci sono e meritano di essere valutati, ovviamente in attesa di capire con quali strumenti saranno finanziati i progetti, cosa resterà dopo le "consultazioni" dei prossimi giorni e come verranno tradotti dal punto di vista legislativo. Per ora, come hanno fatto in tanti, è più corretto parlare di ambizioni ed intenzioni. Ma vediamo con ordine i punti qualificanti della proposta renziana.

1 – L'assunzione dei precari e di "tutti i docenti di cui la scuola ha bisogno"; l'esaurimento delle graduatorie, il nuovo concorso

Il numero di docenti è giudicato "la prima emergenza" del comparto scolastico. Nella lettura del Governo, l'organico di diritto del corpo insegnanti non basta a coprire tutte le lezioni e ogni anno si crea un disallineamento tra il fabbisogno previsto da ciascuna scuola per l’anno scolastico successivo e quello effettivamente necessario a settembre, all’inizio dell’anno. La soluzione è dunque stabilizzare questo "organico di fatto" (il calcolo è di 26mila posti "equivalenti" ad orario pieno, con 14mila di essi che sarebbero immediatamente accorpati per creare cattedre normali e 12mila non aggregabili) e contemporaneamente risolvere anche la seconda emergenza: "affrontare in maniera definitiva l’eredità di migliaia di persone che lo Stato tiene in sospeso" (il riferimento è ai precari iscritti in graduatorie che, senza cambiare passo, si esauriranno "in non meno di altri 15 o 20 anni"). Le mosse del Governo dunque, seguiranno un doppio binario: un piano di assunzioni straordinarie per 150mila docenti (precari storici e vincitori / idonei dell'ultimo concorso); un nuovo concorso per permettere di entrare a ruolo ad altri 40mila abilitati all'insegnamento. Servirà ovviamente una legge, anche per cambiare il "principio generale per cui le assunzioni nel pubblico impiego possono avvenire solo per concorso" (mentre stavolta il 90% degli ingressi sarà tramite graduatoria), che verrà discussa "a condizione" che per il futuro le assunzioni tornino al 100% tramite concorso. Insomma, da una parte si metterà fine al sistema delle graduatorie (che, lo ripetiamo, saranno svuotate) tramite una sorta di deroga ad un concetto cardine (le assunzioni per concorso), dall'altra si prenderà l'impegno a rivalutare appunto tale concetto per il futuro, cambiando anche il meccanismo dell'abilitazione (i concorsi futuri saranno riservati ai soli abilitati). Attenzione anche ai costi: serviranno 3 miliardi di euro, di cui almeno 1 nel prossimo anno (si dovrà intervenire nella prossima legge di stabilità).

2 – La formazione e le possibilità di carriera degli insegnanti

È innegabilmente questo uno dei passaggi più controversi del progetto renziano, che può sintetizzarsi nel corsivo di presentazione del piano: "I docenti devono insegnare ai ragazzi a mettersi in gioco, ma per farlo credibilmente devono poter credere, loro per primi, che mettersi in gioco paga. E lo Stato (passaggio centrale, attenzione ndr) ha il dovere di risolvere questa equazione". La parola d'ordine, pericolosissima, è "merito". "Quel merito che serve per ridare dignità e fiducia a decine di migliaia di insegnanti", si legge, con il primo passo in questa direzione che sarà l'individuazione di un "un gruppo di lavoro dedicato e composto da esperti del settore lavorerà per un periodo di tre mesi per formulare il quadro italiano di competenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera". Delle griglie di valutazione, probabilmente. Accanto a ciò si immagina di implementare la formazione dei docenti, rendendola obbligatoria, con un sistema di crediti formativi da raggiungere ogni anno, che sarà fondamentale per gli avanzamenti di carriera. Avanzamenti che non saranno più automatici in base all'anzianità. Interessante anche la questione delle retribuzioni, con un doppio meccanismo di integrazione previsto per gli stipendi dei docenti: scatti di retribuzione periodici (ogni 3 anni) – chiamati “scatti di competenza” – legati all’impegno e alla qualità del proprio lavoro; una retribuzione (ogni anno) per lo svolgimento di ore e attività aggiuntive "ovvero progetti legati alle funzioni obiettivo o per competenze specifiche".

3 – L'autonomia scolastica, le risorse, la burocrazia, gli Open Data

Autonomia, responsabilità, valutazione: sono questi i tre concetti cardine su cui si muove il patto proposto dal Governo. In pratica, i dirigenti scolastici (cambieranno le modalità di selezione, con ogni probabilità) saranno dotati di nuovi poteri, ma affiancati da "organi collegiali aperti" e in una rete di relazioni con le altre scuole e con la "catena di comando". La scuola sarà poi inserita in un sistema di valutazione (qui si mettono le mani avanti dicendo che "non ci saranno classifiche o competizioni", ma che si vuole "sostenere la scuola che si impegna di più per migliorare") che, nelle mire del Governo, servirà a rendere "giustizia al percorso che ciascuna scuola intraprende per migliorarsi e divenire strumento di lettura per chi è esterno alla scuola". Si tratta di rendere operativo il Sistema Nazionale di Valutazione (che verrà esteso anche alle scuole paritarie e costituirà anche strumento per l'assegnazione dei fondi, attenzione…), dal quale dipenderanno finanziamenti alla scuola stessa e anche la retribuzione degli stessi dirigenti scolastici. Cambia anche il ruolo e il reclutamento dei presidi, che saranno selezionati in base ad un corso – concorso della Scuola Nazionale dell'Amministrazione (non più su livello regionale) e che avranno sempre maggiori compiti gestionali.

L'intero faldone dei documenti su autovalutazione, bilanci, finanziamenti e movimenti di personale / studenti sarà reso pubblico online. In tal senso è interessante il progetto di utilizzo degli open data: "Il Ministero lavorerà per fare in modo che già entro la fine dell’anno sia pubblicata una parte quantitativamente e qualitativamente molto rilevante di dati raccolti per scopi amministrativi e gestionali. Questi saranno pubblicati in formato aperto e con la maggiore granularità possibile". L'obiettivo è una Data School nazionale che si giovi dell'apporto degli stessi studenti, secondo il principio che "la scuola abbia in sè le soluzioni per il suo rinnovamento". Per la questione "burocratica", inoltre, il Governo immagina un censimento delle "100 misure più fastidiose" per poi abrogarle tramite uno "Sblocca Scuola". Successivamente l'obiettivo è di terminare la digitalizzazione di tutti i servizi amministrativi, in modo da efficientare i processi, ridimensionare il tempo di attesa per le risposte a studenti e cittadini e risparmiare risorse utili.

4 – I programmi, l'aggiornamento, le nuove discipline

Il primo paragrafo del capitolo dedicato agli insegnamenti è dedicato all'arte e alla cultura, con la conferma dell'intenzione di riportare l'insegnamento pratico della musica nelle scuole primarie e della storia dell'arte nei bienni dei licei: si prevede l'introduzione di 2 ore a settimana di educazione musicale in quarta e quinta elementare (90 milioni l'anno di costo), nonché 2 ore a settimana di storia dell'Arte e del Disegno nei primi due anni dei licei e degli istituti turistici. Dalla seconda alla quinta elementare si immagina poi di imporre almeno un'ora a settimana di attività motoria.

Un intero paragrafo è poi dedicato all'insegnamento di lingue straniere (che sarà implementato), coding (se ne prevede l'introduzione nelle scuole, anche attraverso la gamification) ed economia (che si immagina "disciplina accessibile agli studenti di tutte le scuole di secondo grado).

5 – Il collegamento con il mondo del lavoro

La premessa è chiara: In Italia abbiamo 700 mila disoccupati tra i 15-24enni, e 4 milioni 355mila ragazzi che non studiano, non lavorano (Neet), in grossa parte alimentati da una dispersione scolastica tra le più alti d'Europa. Il senso è quello di ricondurre la battaglia contro la disoccupazione giovanile (terreno sul quale anche Renzi sta perdendo in maniera netta) alla ridefinizione dell'intero sistema di istruzione e formazione. Nel patto, in poche parole, si presenta la scuola come "la più efficace politica strutturale contro la disoccupazione". Concretizzare questi buoni propositi, però, non è proprio la cosa più semplice del mondo. Nel patto si parla di rendere "sistemica la possibilità di fare percorsi di didattica in realtà lavorative aziendali, così come pubbliche o del no profit", di introdurre l'obbligo dell'alternanza scuola – lavoro negli istituti tecnici, della possibilità per gli istituti di "commercializzare beni o servizi" e di diffondere il programma sperimentale di apprendistato.

Per quel che concerne lo svecchiamento di attrezzature e laboratori, il Governo immagina una dotazione di 300 milioni di euro, proveniente sia da fondi ordinari del Miur che da risorse Pon – Fesr (mentre più complessa sarà l'integrazione con risorse provenienti da aziende e privati). Con tali risorse si ipotizza l'acquisto di nuovi macchinari, tra cui stampanti 3D, frese laser e componenti robotici.

6 – Da dove arriveranno le risorse e quale sarà il ruolo dei privati

L'ultima parte del documento proposto dal Governo alla valutazione di parti sociali, operatori del settore e studenti è ovviamente dedicata al "costo" del progetto. Del resto, ricapitolando, servirà un miliardo di euro subito (da inserire in finanziaria) e 3 in 3 anni per il piano di assunzioni, circa 500 milioni di euro (secondo una stima grossolana) per le "innovazioni della didattica", che dovrebbero arrivare dall'efficientamento delle spese della pubblica amministrazione, un miliardo di euro per l'edilizia scolastica (che comunque rientrano in un altro elenco di spesa), altre "imprecisate" risorse per il miglioramento dell'offerta formativa e per la connessione col mondo del lavoro. (Per inciso, la volontà di ristrutturare il comparto del finanziamento scolastico è decisamente interessante, considerando la necessità di una razionalizzazione dei meccanismi del Mof e soprattutto dei Pon / Por, che negli ultimi anni sono stati serbatoi di risorse e fonti di spreco…)

La chiave di volta è, o meglio dovrebbe essere, la capacità delle scuole di attrarre risorse private. Questione che presenta ostacoli e complessità, che il Governo immagina di affrontare prima dal punto di vista burocratico (con la costituzione degli istituti in Fondazioni o enti con autonomia patrimoniale che "deve essere priva di appesantimenti burocratici"), poi rendendo "attrattivi" gli investimenti nelle scuole. L'idea è quella di un bonus fiscale per gli investimenti privati, lo School Bonus (modellato sull'Art Bonus), cui affiancare invece una School Guarantee nel caso in cui l'investimento sia mirato alla creazione di occupazione giovanile (più irta di ostacoli si annuncia invece la strada del crowdfunding, tramite microfinanziamenti di tutti i cittadini).

Un capitolo a parte lo merita la questione della "finanza buona", che potrà essere sperimentata dagli istituti scolastici. Si tratterà di utilizzare "le obbligazioni ad impatto sociale (i cosiddetti Social Impact Bonds) […] per la ricerca di soluzioni per la piaga della dispersione scolastica, finanziando schemi di formazione innovativa nei contesti ad alto rischio". Anche in questo caso, però, bisognerà attendere la parte "normativa", per capire come sarà impostato il provvedimento e quali rischi correranno direttamente gli istituti.

Il patto – LA BUONA SCUOLA

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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