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Elezioni politiche 2018

La minoranza dem sul piede di guerra: “Renzi deve dimettersi, sta distruggendo il Pd”

Michele Emiliano e Andrea Orlando criticano aspramente la strategia elettorale del segretario dem Matteo Renzi e contestano l’epurazione dei candidati delle minoranze: “La deriva di Renzi è perdente, con lui si rischia un processo di disgregazione inarrestabile. Dobbiamo convincerlo a lasciare, perché il suo modo di fare il segretario non porta risultati”, ha dichiarato Emiliano, aggiungendo di essere intenzionato a indurre Renzi a dimettersi da segretario dopo il 5 marzo.
A cura di Charlotte Matteini
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La composizione delle liste elettorali ha creato l'ennesima grave spaccatura nel Partito Democratico. Sebbene dopo l'elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd le divergenze sembravano si fossero leggermente appianate – o meglio, erano state più abilmente celate le polemiche interne – nel corso delle ultimissime settimane le controversie stanno nuovamente occupando le prime pagine dei giornali. La minoranza dem capitanata da Michele Emiliano e Andrea Orlando non ha affatto ben accolto la strategia renziana applicata alla formazione delle liste elettorali, la quale non ha sostanzialmente tenuto conto delle percentuali congressuali nella spartizione dei posti in lista.

Così, i leader delle minoranze si sono ritrovati a dover, loro malgrado, rinunciare a candidare i propri esponenti di corrente per far spazio ai fedelissimi renziani e agli outsider più glam. La direzione Pd nell'ambito della quale si sono votate le liste elettorali è stata descritta da numerosi insider come un vero e proprio bagno di sangue e a conclusione delle operazioni, Andrea Orlando e Michele Emiliano non hanno risparmiato aspre critiche. In una recente intervista concessa da Emiliano al Corriere della Sera, il governatore della Regione Puglia ha dichiarato che dal 5 marzo in poi le minoranza faranno di tutto per indurre Renzi a dimettersi da segretario del Pd. Secondo Emiliano, le dimissioni di Matteo Renzi si rendono a questo punto inevitabili, unica modalità per salvare il partito dalla morte certa.

«Noi dobbiamo combattere il renzismo e frenare la disgregazione del Pd — chiama alle armi quel che resta delle minoranze il governatore della Puglia —Quando io sfidai il segretario al congresso dalla mia sedia a rotelle, dov’erano tutti questi leader che adesso borbottano per le liste?».

Per Enrico Letta il Pd corre verso l’abisso,concorda? 
«C’è una prognosi di sconfitta ed è comprensibile che molti stiano cercando di piazzarsi per il 5 marzo. Renzi ha fatto di tutto per consentire ai suoi avversari interni di criticarlo. Si aspetta di perdere e si è chiuso a riccio, ha blindato una pattuglia di fedelissimi, deputati e soprattutto senatori, per poter negoziare un suo ruolo al governo».

Ce la farà? 
«Non lo so, ma è chiaro che questi ragionamenti li fanno anche gli elettori e quindi la sconfitta si avvicina. Noi abbiamo un compito durissimo, portare al voto tutti quelli che non voterebbero mai per i dem a causa di Renzi. Dobbiamo convincerli che ci sono altre visioni della sinistra e che il Pd è un partito plurale».

Plurale? Le truppe di Orlando, Martina, Franceschini e anche le sue sono ridotte al minimo.
«Io invito con forza a sostenere il Pd, perché il 5 marzo si apre una nuova fase della storia e si può riprendere il progetto originario che Veltroni aveva intuito. Dobbiamo evitare che questo grande soggetto che raccoglie esperienze importanti e diverse si degradi esalti per aria. Se tutti lo abbandonano, chi ricostruirà il centrosinistra?».

Se gli elettori votano Renzi, lui si rafforza, non crede?
«No, la deriva di Renzi è perdente, con lui si rischia un processo di disgregazione inarrestabile. Dobbiamo convincerlo a lasciare, perché il suo modo di fare il segretario non porta risultati».

Lo sa che non avete i numeri per ribaltare Renzi? 
«Quello che so con certezza è che, se si abbandona il Pd perché c’è Renzi, lui diventerà più forte e controllerà il partito. Distruggere il Pd aiuta la definitiva creazione di un partito personale»

Non solo Michele Emiliano sta criticando aspramente Matteo Renzi, anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando non ha preso bene l'epurazione delle minoranze da parte del segretario del Pd: "Invito gli esponenti della maggioranza a non negare l'evidenza e non tornare su questo punto, altrimenti dovremo tornarci anche noi. Affermare per esempio che il fatto che ci sia Siani vuol dire che non sono tutti renziani, non è fare torto alla minoranza ma all'intelligenza. Il fatto che uno su oltre novecento candidati non sia renziano non dimostra che non lo siano gli altri. Io scelte non ne ho compiute, sono stato messo al corrente del luogo in cui ero candidato alle quattro del mattino, ma pensavo di poter essere utile anche in un collegio uninominale in cui dare un contributo. Evidentemente è stata fatta una valutazione diversa che compete a chi dirige il partito e che non si può non rispettare".

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