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La lettera. “Da sei mesi senza cassa integrazione, la mia rabbia sta per esplodere”

Un operaio in cassa integrazione scrive una lunga lettera a Fanpage.”Mi tolgono dignità e orgoglio. Non so fino a quando potrò reggere”.
A cura di Redazione
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Pubblichiamo la lettera di un nostro lettore: un urlo di dolore di un uomo schiacciato dagli effetti della crisi, operaio in attesa di cassa integrazione da mesi.

Gentile direttore,

ti scrivo per poter trovare un semplice sfogo. L'attuale situazione è davvero difficile, si sa. E molte cose si capiscono soltanto se le si vive a trecentosessanta gradi. Sono un cassaintegrato da novembre duemilaundici. E' passato del tempo, e il costo della vita diventa sempre più insostenibile. Sono parole e concetti oramai noti a tutti e non sono né il primo e né l'ultimo. Ma tu queste cose le sai già visto il lavoro che sostieni giornalmente.

E' davvero complicato attendere la cassa integrazione per mesi, soprattutto se poi si viene continuamente tranquillizzati che quel maledetto e prezioso accredito verrà stipulato a giorni. Non si può. Molte persone non hanno retto il peso di questo tempo. E molte volte mi domando fino a quanto potrò reggere. Ne va della dignità personale, dell'orgoglio. Ho trent'anni e provo a convivere con la mia compagna che lavora a contratto indeterminato presso la scuola dell'infanzia come maestra di sostegno. Molti mi dicono che ho fatto tredici, che sono fortunato, e potrei sguazzare in questo piccolo "privilegio". Ma non posso. Non è nel mio carattere rimanere tranquillo, con un conto che lacrima quotidianamente. Mi sento un ragazzino a dover ritornare a chiedere alla cara mamma (maestra e padre cassaintegrato nella stessa ditta dove io lavoro) il denaro per poter sostenere le varie spese. Un ritorno al passato che, giornalmente, diventa sovrano.

Essere vittime della macchina burocratica nazionale, ingarbugliata, spietata, assillante. Lettere dell'agenzia delle entrate che scrivono per incassare crediti che, con il passare del tempo, sono diventati macigni. Soprattutto se i tempi di incasso delle commesse iniziano timidamente a darti speranza dopo novanta, centoventi, centottanta giorni. Decreti ingiuntivi che hanno intasato la cassetta della posta, fallimenti e molto altro, sono le risposte che si ottengono giornalmente. Mio papà è l'amministratore di questa piccola cooperativa che da quel novembre va avanti per rimanere sul mercato. Un mercato corrotto e bastardo, dove la lotta al sottocosto la fa da padrona e mina i nervi dei lavoratori. Che a volte restano saldi. Che a volte vorrebbero cedere, e mi vedono con una molotov in mano. Ancor di più quando ascolti, leggi e il tuo cervello assimila le profonde ingiustizie che ci sono. Sentire che un manager incassa una buonuscita da un'importante banca per quaranta milioni di euro, privilegi extra-immaginari, truffatori a piede libero,  il sistema politico indecoroso e smembrante, gli interessi di Equitalia che raddoppiano. La lista lo sai, è lunga.

A volte pensa al passato. A come i PARTIGIANI abbiano fatto a liberarsi. A come la volontà , l'unione e lo spirito di ribellione abbiano portato ad unire le forze e a sradicare radici profonde e colme di odio. Ma oggi i tempi sono cambiati. Basta pensare che l'unione non c'è più. Basta pensare che il venti per cento della popolazione detiene una ricchezza pari a quattro volte il pil. Basta pensare che avvengono lunghe file per acquistare l'ultimo modello del telefonino. Basta pensare che si è poveri di umiltà. Sconosciuti a questo sentimento. Come potremo riuscire a liberarci da questa oppressione? Molti mi dicono che bisogna iniziare con la disobbedienza civile. Ma chi comincia? Mi sembra di essere circondato da pecore, senza offesa per loro.

Ad un mio caro amico, un giorno dissi che forse sarebbe stato meglio se tempo fa avessi intrapreso la strada dell'esercito e quindi subire il lavaggio del cervello della caserma e magari sfogare la mia rabbia con un fucile oppure con un manganello. Venni redarguito immediatamente, brutalmente. Ma lui aveva capito che quelle parole furono solo una richiesta di sicurezza economica. Già, perché la cassa integrazione, in teoria, viene accreditata "comodamente" con una media che oscilla dai tre ai cinque mesi con una somma che varia. Si, perché ogni volta ci sono le trattenute. E non è più nemmeno l'ottanta per cento dello stipendio. Arriva a quasi la metà. Si d'accordo meglio di niente, ma sulla punta della piramide il denaro aumenta sempre, come cazzo sarà? E ti senti dire che una volta non ci sono soldi e la domanda per la cig non passa, poi la ripresenti due giorni dopo e la domanda passa pur non essendoci i soldi (!!!), una volta l'inps "smarrisce" la richiesta, un'altra volta lo stesso istituto ti rimbalza alla sede dell'altra provincia "perché è di competenza loro". E tu povero disgraziato devi attendere che loro smettano di giocare e che inizino a fare sul serio. E il tempo passa. Nel frattempo lo stato ti chiede già le tasse!!!

Sono consapevole che nel mondo ci sono miliardi di persone che vivono in uno stato di abbandono totale e ho potuto constatarlo con i miei occhi, e ti senti un re a confronto. Forse sarebbe stato meglio rimanere allo stato primordiale. A volte la mia compagna riesce a controllarmi, placarmi. Spesso no.
La rabbia cresce, ogni giorno.
Resistere.

Cristiano Russo

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