video suggerito
video suggerito

Nicolò, il ragazzo che sta finendo il giro del mondo a piedi: “Cammino da cinque anni, rifarei tutto”

Ad agosto 2020, in piena pandemia, Nicolò Guarrera, oggi 32 anni, parte dalla sua casa di Vicenza per fare il giro del mondo a piedi. Oggi, dopo quasi cinque anni e migliaia di chilometri è a pochi passi dal suo traguardo. Con lui soltanto la fedele compagnia di Ezio, un passeggino che Nicolò porta con sé dal primo giorno di cammino.
Intervista a Nicolò Guarrera
Travel blogger
555 CONDIVISIONI
INSTAGRAM | Foto dal profilo Instagram di Nicolò Guarrera (@pieroad____)
INSTAGRAM | Foto dal profilo Instagram di Nicolò Guarrera (@pieroad____)

Migliaia di chilometri sulle gambe, un passeggino di nome Ezio come irriducibile compagno di viaggio, tanta organizzazione, ma anche un po' di improvvisazione e un grande senso di adattamento. Nicolò Guarrera, classe 1993, nel 2020 era un ragazzo come tanti. Origini vicentine, si trasferisce a Milano per studiare Economia. Dopo la laurea però dentro di lui si accende un'idea, vuole realizzare il suo grande sogno: fare il giro del mondo a piedi e poi raccontarlo in un libro. Non importa quanto tempo ci vorrà, è ciò che vuole fare e non ha nessuna fretta. Quello che conta è camminare.

Oggi, dopo quasi cinque anni di cammino, nel corso dei quali ha visto gli angoli più estremi dell'America latina, dell'Asia e dell'Australia e dormito nei luoghi più improbabili, come ha raccontato sul suo profilo Instagram (@pieroad____), Nicolò è a pochi passi dal traguardo. Noi di Fanapage.it lo abbiamo raggiunto al telefono – niente Whastapp, su Telegram – mentre è ad Atene per qualche giorno di stop prima di partire per l'ultima trance del suo cammino.

Come ti è venuto in mente di fare il giro il mondo a piedi?

Parto dall’inizio. Sono partito il 9 agosto del 2020 da casa mia per realizzare il mio sogno: fare il giro del mondo a piedi. Tutto è nato quando stavo per finire l’università e mi affacciavo a una nuova fase della mia vita. Mi sono chiesto cosa volessi fare davvero e cosa mi riuscisse bene.

Cosa ti sei risposto?

Fin da piccolo ho sempre sognato di scrivere un libro, mentre le cose che più mi piace fare sono due: camminareviaggiare. A quel punto le ho messe insieme e mi sono detto: “Provo a fare un grande cammino e lo racconto in un libro”. E non c'era cammino più grande che il mondo intero.

Ora, dopo cinque anni, sto per arrivare alla fine e potrò finalmente scriverlo.

Hai detto agosto 2020, eravamo in piena pandemia. 

Esatto, ma eravamo in quella fase di incertezza. Non si capiva se ci sarebbe stata o meno una seconda ondata. Alla fine mi sono buttato. Chi non risica, non rosica. Sono partito e sono stato fortunato: non ho mai beccato un lockdown. Quando hanno chiuso in Francia, mi trovavo in Spagna, quando il lockdown è iniziato lì ero già nelle Canarie. Alla fine mi è andata bene.

Dopo le Canarie però c’è l’oceano. A piedi forse non era il caso, come sei andato avanti? 

Lì mi sono imbarcato su un catamarano e ho attraversato l'Atlantico in barca vela. Ho fatto questa scelta per essere coerente con un altro dei grandi motivi che mi hanno spinto a partire: cercare di vivere lentamente.

Prima la tua vita non era abbastanza lenta?

Prima di partire ho vissuto per diversi anni a Milano e devo dire che, almeno per me, i ritmi non erano sostenibili, non mi permettevano di fare quello che mi piaceva davvero. Ma in generale, a prescindere dalla città, ho l’impressione che andiamo sempre troppo velocemente per renderci conto di quello che abbiamo attorno.

È per questo che ho scelto proprio di andare a piedi. Non in autostop o in bicicletta, volevo proprio camminare. La barca a vela, rispetto ad esempio a un aereo, mi sembrava la scelta più lenta che potessi prendere.

Quando hai ripreso a camminare?

Il viaggio in barca è stato impegnativo. L’ho fatto con il capitano della barca, è durato più di un mese: dopo 33 giorni di mare approdiamo ai Caraibi. Dopo una serie di vicende, mi separo dal capitano e arrivo a Panama. Qui riprendo a camminare.

Un lungo cammino che è durato due anni attraverso il quale sono partito dalla metà del mondo per arrivare alla fine, a Ushuaia, la città più a sud del pianeta, in Argentina sulla punta meridionale della Terra del Fuoco.

Cosa hai visto in questi due anni?

In questi due anni ho attraverso l'Ecuador, il Perù, il deserto di Atacama, il deserto più arido del mondo, il Cile, lo stato più lungo del mondo, più di 6.000 km, pezzi di Argentina, la Patagonia e infine arrivo a Ushuaia con più di 15.000 chilometri di cammino sulle gambe.

Da lì inizia un altro grande capitolo di questo mio viaggio. Arrivo in Australia, a Sydney, e mi avventuro nel grande deserto dell’Outback australiano. Per attraversarlo ci ho messo sei mesi. È stato uno dei momenti più intensi e anche difficili di tutto il mio cammino. Poi passo in Asia, India del Nord, e attraverso la grande pianura dei fiumi arrivo a Nuova Delhi.

Avrei proseguito in Pakistan, ma ho dovuto cambiare piani per questioni legate al permesso di soggiorno. Allora cambio programma e con l’ultimo aereo del viaggio mi sposto in Oman. Poi, attraverso il deserto arabo, passo in Iraq, Iran, Armenia, Georgia e Turchia. Alla fine, dopo quattro anni, attraverso lo stretto sul Bosforo, sono tornato in Europa. Poi Bulgaria e alla fine Grecia, dove sono ora.

Ti manca poco ormai a finire…

Adesso sono ad Atene, mi riposo qualche giorno e poi ripartirò per l’ultima parte del cammino. Mi dirigerò verso nord, verso i Balcani, quindi Albania, Montenegro, Bosnia, Croazia e rientrerò in Italia da Trieste. Conto di arrivare attorno la metà di settembre, dopo oltre cinque anni.

Volevi dire qualcosa con questa tua avventura?

Ti dicevo, io ho scelto di camminare perché semplicemente mi piace. Poi volevo fare una cosa che fanno veramente in pochi.

E poi sì, volevo dare un messaggio: possiamo rallentare, possiamo vivere anche andando un po’ più piano.

È stato come te lo immaginavi? 

Sono onesto. È stato estremamente impegnativo, più di quanto avessi mai immaginato. Certo, avevo messo in conto che sarebbe stata un’esperienza dura, ma le cose, per quanto te le puoi immaginare, nel momento in cui le vivi sono sempre diverse. Quando senti le sensazioni e le senti per giorni, settimane e mesi non sei mai preparato abbastanza.

Ti riferisci a qualcosa in particolare?

Beh, banalmente la nostalgia. Quando prepari il viaggio, la metti in conto, provi a immaginare come sarà viverla. Ma poi quando la senti veramente sulla tua pelle è tutta un’altra cosa. Devi imparare ad affrontarla, a tenerla a bada perché sai che ti accompagnerà per i prossimi anni.

Sei stato sempre da solo?

Allora in realtà ho avuto un compagno di viaggio dal primo giorno che mi segue tutt’ora. Il mio passeggino Ezio, che ho scelto di portare al posto del classico zaino in spalla.

Perché un passeggino?

È stata una scelta funzionale. Perché rispetto allo zaino mi aiuta a portare tutto il necessario senza sentirne il peso. E infatti sono riuscito a fare tutti questi chilometri senza avere mai dolori particolarmente intensi.

E invece per quanto riguarda persone in carne e ossa?

A parte gli scherzi, la mia famiglia mi è venuta a trovare in diverse occasioni. Mio padre ha fatto anche un pezzetto di cammino insieme a me, ma il cammino l’ho fatto da solo. Poi, certo ho stretto molti rapporti con le persone che ho incontrato durante il viaggio. Con alcune di loro ci sentiamo ancora.

È stato difficile gestire la solitudine?

Non troppo. Da una parte sono partito avvantaggiato perché mi trovo abbastanza bene da solo. Poi con Ezio abbiamo sviluppato un certo dialogo. Ho scelto di dargli un nome proprio per avere qualcuno con cui distrarmi e assieme al quale impazzire in mezzo ai deserti.

Più difficile è stato imparare a convivere con la nostalgia. Non ci sono grosse strategie se non imparare ad accettarla e sapere che ci saranno giorni, quelli più duri, in cui si farà sentire di più. In quelle occasioni bisogna stringere i denti e aspettare che passi.

Tu hai poco più di 30 anni. Quando sei partito non temevi che una volta tornato avresti avuto difficoltà a reinserirti nel mondo del lavoro?

In realtà non ci ho pensato perché quando ho capito che avrei voluto fare questo cammino, per me il lavoro è diventato uno strumento per finanziare questo progetto. Il cammino non è stato una fuga da un lavoro che non mi piaceva, era il mio piano A.

Ogni tanto ci ho pensato mentre camminavo. Però poi mi sono detto: “Viviamo le cose passo dopo passo. Non ha senso che adesso a 30 anni mi metto a pensare alla pensione”. Con calma, quando sarò tornato, scriverò finalmente il mio libro. E poi ho imparato che le opportunità si presentano, bisogna solo coglierle.

Qual è stato il momento più difficile del tuo cammino?

Sicuramente la traversata dell’Atlantico in barca a vela. L’acqua non era il mio elemento, inoltre non ero io a gestire la navigazione. Poi ero ancora agli inizi del cammino, non ero preparato.

E il più bello?

Forse il periodo che ho trascorso nel deserto di Atacama, in Cile. È stato un isolamento completamente diverso da quello che ho vissuto in barca. Ci sei solo tu e i tuoi pensieri, e se ci stai bene, non c’è niente che ti possa turbare. Senti di essere davvero in armonia con te stesso. Ci tornerò sicuramente.

Sei stanco?

Abbastanza, a tratti molto, sia fisicamente ma soprattutto mentalmente. Ma lo rifarei tutta la vita, senza dubbio.

555 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views