La prova del nuovo Metal Gear Solid Delta: il capolavoro della PS 2 è tornato in vita

Il remake non è solo un vezzo dell'industria del gaming, ma anche una formula per non dimenticare la storia. Con Metal Gear Solid Delta, Konami tenta la mossa più rischiosa: ridare vita a un capolavoro dell'era PlayStation 2, senza però la voce del suo ideatore, Hideo Kojima. Dopo la rottura del 2015 con la compagnia giapponese – la stessa di Silent Hill ed E-Football, l’erede di PES – l'autore videoludico ha fondato il suo studio indipendente, Kojima Productions, da cui sono nati Death Stranding e il recente seguito con Luca Marinelli nel cast. Intanto, il destino di Metal Gear è rimasto nelle mani di Konami, pronta a riportare in auge la serie con il capitolo più apprezzato dai suoi fan, Metal Gear Solid 3: Snake Eater.
La storia dietro Metal Gear Solid Delta
È il 1964. Stati Uniti e Unione Sovietica si contendono un mondo diviso a metà dalla Guerra fredda attraverso la supremazia nucleare. In questo contesto, l’agente della CIA Naked Snake deve liberare Nikolai Sokolov, scienziato sovietico disertore, e distruggere la macchina di morte che ha creato: lo Shagohod, un carro armato capace di lanciare missili nucleari intercontinentali. Ambientazione di questa missione è Tselinoyarsk, una regione fittizia tra Russia e Kazakistan. Lì, le basi comandate dal colonnello Volgin sono avvolte dalla giungla.
Una trama da spy story in stile 007, fatta di femme fatale, triplo gioco e intramezzi di stampo cinematografico. Tutto questo è perfettamente intrecciato con eventi e personaggi storici reali. Il personaggio di Sokolov, ad esempio, è legato alla crisi missilistica di Cuba del 1962, mentre Snake è assoldato dal presidente degli USA Johnson. Volgin invece è legato a Breznev, colui che succederà a Krushev nel ruolo di Primo Segretario del Partito Comunista nel 1964.

Pochi esempi che però evidenziano la capacità di Kojima di sapere fondere realtà e finzione per dare vita a storie dai profondi risvolti morali. Del resto, l’intera saga di Metal Gear è un’opera di critica alla guerra e all’industria bellica ideata da un erede del trauma di Hiroshima e Nagasaki. Nel caso di Snake Eater, il messaggio di fondo è contro la propaganda militare e le menzogne politiche. Ciò spiega perché l’ambientazione del gioco rimanda alla giungla del Vietnam e a quella guerra per la prima volta denigrata dall’opinione pubblica mondiale.
Temi impattanti sia nell’anno d’uscita del gioco, il 2004, periodo in cui era in atto la guerra in Iraq, sia oggi con il conflitto in Ucraina e l'occupazione della Striscia di Gaza in corso. Un titolo che non riceve alcun ritocco narrativo perché resta attuale e potente nel suo messaggio pacifista.
Moderno a metà: cosa cambia con Metal Gear Solid Delta
A livello ludico, Konami prova a modernizzare il gioco, senza però alterare l’esperienza originale. È infatti disponibile una modalità classica per un gameplay uguale al 2004, e una modalità moderna che, attraverso varie accortezze, semplifica alcuni comandi, quali l’uso dell’equipaggiamento, il cambio mimetica e le chiamate via codec. In questa modalità è più comodo anche sparare ai nemici, dato che la telecamera si sposta alle spalle di Snake come un classico sparatutto in terza persona.

Lo stealth invece funziona in modo pressoché identico a Metal Gear Solid 3, ed è un po’ un peccato in termini di giocabilità, perché in alcuni frangenti resta macchinoso. In generale, il protagonista deve ricorrere alle varie divise per mimetizzarsi con l’ambiente e sfruttarlo per passare inosservato ai nemici che pattugliano le varie sezioni di gioco. Di modi per aggirare i pericoli ce ne sono diversi: dalle riviste erotiche da disseminare, ai pugni sul muro per generare rumore, fino ad arrivare a travestimenti e maschere.
L’estro di Kojima resta intatto anche nei combattimenti contri i boss, i membri dell’unità Cobra, da sconfiggere anche con la furbizia. Ad esempio, è possibile evitare un combattimento spostando in avanti il calendario interno della console per caricare la partita e trovare il nemico deceduto per vecchiaia.
Dinamiche che colpiscono ancora oggi, perché sfruttano in modo originale il medium videoludico e ci ricordano quanto sia visionario Hideo Kojima anche in termini di game design. A tutto questo si aggiunge la componente survival che obbliga Snake a cacciare i vari animali che popolano la giungla sovietica per sfamarsi e a sapersi curare da ferite da taglio, avvelenamenti, indigestioni e altri imprevisti della missione.

Il vero passo in avanti fatto da Metal Gear Solid Delta è evidente sul fronte grafico. I personaggi adesso appaiono più nitidi, dettagliati. Anche la natura di Tselinoyarsk è rigogliosa e vivida, dando l’idea di essere ospiti di un ecosistema vivo e variegato. Unico appunto, il maggiore realismo dei protagonisti fa perdere un po’ il fascino che aveva l’opera originale. In particolare i personaggi maschili, tra cui Snake, sembrano paradossalmente più caricaturali con questa resa realistica.
Al contrario, i tratti più sfumati, uniti al filtro verdognolo dell’originale (che nel remake è possibile inserire), davano al titolo una sua essenza, più adatta a valorizzare il character design di Yoji Shinkawa, altra icona videoludica nonché braccio destro di Kojima. Si tratta tuttavia di un’osservazione legata al gusto di chi gioca.
Per concludere, Metal Gear Solid Delta è un’opera che non osa, ma che si limita a fare il necessario per modernizzare una pietra miliare del gaming. Forse per rispetto nei confronti di Hideo Kojima, che pur non avendo più alcun diritto sulla saga resta comunque il suo creatore. Tuttavia, data la qualità invariata di trama e gameplay, va bene anche così. In questo caso, il remake si rivela un’operazione utile per regalare alle nuove generazioni di giocatrici e giocatori un titolo difficilmente recuperabile e godibile nella sua versione originale.
Quanto alle generazioni di veterani, Metal Gear Solid Delta ricorda quanto fosse avanguardistico e sperimentale il mercato videoludico agli inizi dei 2000. Ai tempi non servivano centinaia di ore di gioco, mondi giganteschi ma vuoti e grafica iperrealistica, bastava vivere una bella storia, con personaggi carismatici e trovate di gameplay che riuscivano (e riescono ancora adesso) a fare dire “wow”.