Come funzionano le giacche smart con celle solari usate all’Expo di Osaka per proteggersi dal caldo

Lo staff dell’Expo di Osaka 2025, che terminerà il 13 ottobre dopo sei mesi di apertura, indossa particolari giacche sperimentali dotate di sottili e leggerissime celle solari. Lo scopo è alimentare ventole e dispositivi in grado di raffreddare il corpo nella calda e umida estate giapponese, sempre più difficile da sopportare a causa del cambiamento climatico. Da molti anni, nella terra del Sol Levante, non è raro incontrare persone con giacche anche in questo periodo dell’anno: si tratta di indumenti smart che nascondono batterie, ventole e altri dispositivi progettati per abbassare la temperatura corporea. Non sono pochi i turisti che restano sorpresi nel vedere persone “bardate” sotto un caldo infernale.

L’idea originale di questi vestiti è di un ex ingegnere della Sony, Hiroshi Ichigaya, che nei primi anni 2000 lanciò sul mercato le pionieristiche giacche e camicie ad aria condizionata, prodotti originariamente pensati per i lavoratori che trascorrono il tempo all’aria aperta nelle ore più calde della giornata – come operai e agricoltori – ma che poi sono diventati di uso relativamente comune nella popolazione nipponica. Le giacche indossate dallo staff dell’Expo ne rappresentano un’evoluzione, almeno dal punto di vista dell’alimentazione.
A metterle a punto è stata l’azienda Toyoda Gosei del gruppo Toyota, in stretta collaborazione con Enecoat Technologies – specializzata nell’utilizzo delle perovskiti – e Seiren Co., Ltd., una grande realtà dell’industria tessile specializzata in indumenti tecnici, rivestimenti per molteplici prodotti (anche medici e industriali) e detentrice di brevetti per peculiari tecnologie di cucitura. Le perovskiti sono un gruppo di minerali che ha dimostrato un’elevata efficienza energetica; per questo sono state convertite in sottili celle solari capaci di sostituire i tradizionali pannelli in silicio. Non sono ancora stabili e hanno una durata sensibilmente inferiore, dato che calore, agenti atmosferici e altre condizioni le deteriorano rapidamente, tuttavia è possibile ottenere celle ricaricabili spesse come un foglio di carta e dal peso di pochi grammi. Essendo molto flessibili, inoltre, si possono applicare facilmente su una vasta gamma di superfici curve e non convenzionali, comprese quelle degli indumenti. Possono anche trasformare le finestre in pannelli solari.

I capi progettati dalle aziende nipponiche sono sperimentali e verranno utilizzati nei prossimi mesi per valutare sul campo durata ed efficienza in un ambiente reale, al di fuori del laboratorio. Non sono pensati solo per raffreddare, ma anche per riscaldare il corpo in presenza di basse temperature e far funzionare sensori capaci di monitorare diversi parametri vitali. Toyoda Gosei ha sviluppato una tecnologia in grado di controllare e immagazzinare l’elettricità generata dalle celle solari di Enecoat Technologies, mentre Seiren Co., Ltd. ha ideato un sistema ad hoc per fissare le celle solari agli abiti senza l’uso di cavi.
Secondo quanto riportato dalla CNN, questi dispositivi alimentati dalle celle in perovskite si ricaricano completamente in 5-10 ore, anche in condizioni di luce debole o cielo nuvoloso. Riescono a ricaricarsi persino all’interno, sfruttando fonti come i LED. Durante lo svolgimento dell’Expo, i ricercatori stanno raccogliendo dati preziosi sulla durata dei dispositivi associati agli abiti smart, come ad esempio un ventilatore da collo e una batteria.
Non sono ancora chiari i tempi della commercializzazione degli indumenti alimentati a perovskite, non solo per la durata limitata delle celle, ma anche per i rischi legati al rilascio di sostanze tossiche – come il piombo – in caso di rottura. Prima dell'arrivo sul mercato, sarà necessario risolvere problemi legati a stabilità, durabilità e sicurezza.