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Una nuova tecnica ringiovanisce le cellule della pelle di 30 anni

Sviluppata i ricercatori britannici, ha dimostrato di poter riportare indietro l’orologio cellulare e renderle biologicamente più giovani.
A cura di Valeria Aiello
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Un team di ricerca del Babaham Institute di Cambridge, nel Regno Unito, ha sviluppato una nuova tecnica di ringiovanimento cellulare che permette di riportare indietro l’orologio biologico delle cellule della pelle di circa 30 anni, superando di gran lunga i risultati ottenuti con i precedenti metodi di riprogrammazione. Il metodo, hanno spiegato gli studiosi, è in grado di ripristinare parte delle funzionalità delle cellule più adulte, oltre a riconvertire le misure molecolari dell’età biologica. Sebbene la tecnica sia in una fase iniziale di sperimentazione, potrebbe rivoluzionare il settore della medicina rigenerativa e replicata in altri tipi cellulari.

Cos’è la medicina rigenerativa?

Con l’avanzare dell’età, la funzionalità delle nostre cellule diminuisce progressivamente e il loro genoma accumula segni di invecchiamento. La biologia rigenerativa mira a riparare o sostituire le cellule, comprese quelle più adulte, attraverso una serie di processi, dei quali il più importante è rappresentato dalla capacità di creare cellule staminali “indotte”, ovvero un tipo cellulare che si ottiene attraverso diversi passaggi, ognuno dei quali cancella alcuni segni che rendono le cellule specializzate. In teoria, queste cellule hanno il potenziale per diventare qualsiasi tipo di cellula, ma gli scienziati non sono ancora stati in grado di ricreare in modo affidabile le condizioni per ridifferenziarle in tutti i tipi cellulari.

Il nuovo metodo, basato sulla tecnica vincitrice del Premio Nobel e descritto in uno studio pubblicato sulla rivista eLife, ha permesso di superare il problema della cancellazione totale dell’identità cellulare, interrompendo la riprogrammazione in parte del processo. Questo ha permesso ai ricercatori di trovare un preciso equilibrio che rende le cellule riprogrammate biologicamente più giovani e consente loro di riguadagnare la funzione cellulare specializzata.

In particolare, partendo dalla tecnica messa a punto da Shinya Yamanaka, il primo scienziato a trasformare le cellule normali, che hanno una funzione specifica, in cellule staminali che hanno la speciale capacità di svilupparsi in qualsiasi tipo di cellula, gli studiosi hanno ridotto da 50 a 13 giorni l’intero processo di riprogrammazione, impiegando quattro molecole chiave, chiamate fattori di Yamanaka. Così facendo, gli studiosi hanno rimosso i cambiamenti cellulari legati all’età, ottenendo cellule che avevano temporaneamente perso la loro identità. A tali cellule è stato poi concesso il tempo di crescere in condizioni normali, per osservare se la specifica funzione cellulare della pelle fosse stata riacquisita, e l’analisi del loro genoma ha mostrato che queste stesse cellule avevano riguadagnato i marcatori caratteristici delle cellule della pelle (fibroblasti), come confermato anche dalla produzione di collagene.

L’età non è solo un numero

Per dimostrare che le cellule erano state ringiovanite, i ricercatori hanno cercato cambiamenti nei segni distintivi dell’invecchiamento a livello molecolare, determinando l’entità della riprogrammazione raggiunta con il nuovo metodo. La prima misura dell’età cellulare è stata effettuata attraverso il cosiddetto orologio epigenetico, valutando alcuni segnali chimici presenti in tutto il genoma. La seconda misurazione è stata effettuata attraverso l’analisi del trascrittoma, ovvero di tutte le letture geniche prodotte dalla cellula. Entrambe le misure hanno rivelato che le cellule riprogrammate corrispondevano a profili di cellule di 30 anni più giovani, aprendo la strada a future ricerche e potenziali nuove applicazioni della tecnica. “Queste dipenderanno dal fatto che non solo le cellule riprogrammate appaiono più giovani ma funzionano anche come le cellule più giovani – hanno sottolineato gli studiosi – . Si tratta di segnali promettenti, che potrebbero portare a diverse possibilità terapeutiche, con effetti su geni legati a malattie legate all’età, come l’Alzheimer e la cataratta”.

I nostri risultati rappresentano un grande passo avanti nella nostra comprensione della riprogrammazione cellulare – ha aggiunto la dott.ssa Diljeet Gill del laboratorio di Wolf Reik del Babaham Institute – . Abbiamo dimostrato che le cellule possono essere ringiovanite senza perdere la loro funzione e che il ringiovanimento può  ripristinare alcune funzioni nelle cellule più anziane”.

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