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Un fenomeno fisico può aiutarci a prevedere i terremoti più potenti

Lo ha scoperto un team di ricerca americano che è riuscito a capire quando e con quale forza si sarebbe verificato un evento sismico in una faglia in Nuova Zelanda.
A cura di Valeria Aiello
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Un fenomeno fisico potrebbe essere la chiave per capire quando e con quale violenza si verificano i terremoti. A descriverlo, in un articolo appena pubblicato sulla rivista Science, sono i ricercatori dell’Università del Texas ad Austin, che hanno studiato come l’attrito, che è la forza che si oppone al movimento o allo spostamento di un corpo rispetto alla superficie su cui si trova, sia in grado di regolare la velocità con cui le superfici di una faglia si rimarginano dopo un terremoto. Quanto osservato dagli studiosi potrebbe essere un importante pezzo mancante nello studio dei movimenti di faglia, offrendo uno strumento prezioso per indagare sulle cause e sul potenziale dei terremoti di grandi dimensioni.

Quando e con quale violenza si verificano i terremoti

Prevedere i terremoti con precisione è difficilissimo, perché il movimento delle placche tettoniche e il conseguente rilascio di energia accumulata lungo le faglie presenti nella crosta terrestre sono sensibili a variazioni complesse, ma l’evoluzione delle superfici di faglia dopo un evento sismico sembra presentare alcune caratteristiche utili alla previsione. I ricercatori hanno infatti osservato che un fenomeno di attrito regola la velocità con cui queste superfici si uniscono, o si rimarginano dopo un terremoto, e che se la faglia è lenta a guarire ha maggiori probabilità di muoversi in modo innocuo. Al contrario, una faglia che si rafforza rapidamente ha maggiori probabilità di restare unita fino a quando non si rompe in un violento terremoto.

La scoperta di tale fenomeno potrebbe aiutare a spiegare quando e con quale violenza si muovono le faglie. “Questa stessa fisica e la stessa logica dovrebbero applicarsi a tutti i diversi tipi di faglie in tutto il mondo – ha affermato Demian Saffer, co-autore principale dello studio e direttore dell’Istituto di geofisica dell’Università del Texas presso la Jackson School of Geosciences – . Con i giusti campioni e le osservazioni sul campo, ora possiamo iniziare a fare previsioni verificabili su quanto grandi e quanto spesso possono verificarsi grandi eventi di scivolamento sismico su altre grandi faglie”.

Per convalidare la loro ipotesi, i ricercatori hanno ideato un test che combinava alcuni campioni di roccia di una faglia ben studiata al largo della costa della Nuova Zelanda e un modello computerizzato, per verificare se un evento sismico “a scorrimento lento” (un tipo di terremoto innocuo) si sarebbe verificato ogni pochi anni perché l’argilla – di cui sono ricche le rocce all’interno di questa faglia – è molto lenta a guarire.

I campioni di roccia testati dai ricercatori sono stati perforati a circa 800 metri sotto il fondale marino e premuti in una pressa idraulica, mostrando che erano molto lenti a guarire e scivolavano facilmente. Quando gli studiosi hanno inserito questi dati nel modello computerizzato della faglia, il risultato è stato un piccolo tremore a scorrimento lento ogni due anni, una corrispondenza quasi esatta con le osservazioni della faglia neozelandese. Ciò ha portato gli studiosi a ritenere che le rocce ricche di argilla, che sono comuni in molte grandi faglie, possano regolare i terremoti, consentendo alle placche di scivolare silenziosamente l’una sull’altra, limitando l’accumulo di stress.

La scoperta potrebbe essere utilizzata “per determinare se una faglia è incline a scivolare in terremoti di grandi dimensioni” ha aggiunto il co-responsabile dello studio Srisharan Shreedharan, ricercatore affiliato presso l’Istituto di geofisica dell'Università del Texas e assistente professore presso la Utah State University. “Ciò significa – ha concluso lo studioso – che possiamo sapere se è probabile che una faglia scivoli silenziosamente senza terremoti o abbia eventi maggiori che scuotono il suolo”.

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