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Turista divorato da squali “innocui”: studio fa luce sulle cause del tragico attacco

Ad aprile un uomo israeliano di circa 40 anni è stato attaccato e ucciso nelle acque di Hadera da un gruppo di squali bruni, una specie che normalmente è considerata innocua perché non attacca l’uomo. In questo caso, tuttavia, si è verificata un’aggressione con chiaro intento predatorio. Un nuovo studio ha spiegato cosa è successo.
A cura di Andrea Centini
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Ad aprile di quest'anno, nelle acque di Hadera, in Israele, un turista di circa 40 anni è stato divorato da un numero imprecisato di squali mentre nuotava a un centinaio di metri dalla spiaggia. Diversi testimoni hanno assistito all'agghiacciante scena, alcuni dei quali l'hanno anche ripresa col telefonino. Nelle sconvolgenti immagini diffuse su internet si vede l'uomo circondato da pinne che chiede aiuto e urla “mi stanno mordendo”, prima di sparire sotto l'acqua che si tinge di rosso.

Si calcola che ogni anno gli squali uccidano una decina di persone in tutto il mondo e in genere, nelle aggressioni, sono coinvolte sempre le stesse specie: squalo tigre (Galeocerdo cuvier); squalo pinna bianca oceanico o longimano (Carcharhinus longimanus); squalo bianco (Carcharodon carcharias), squalo leuca (Carcharhinus leucas) e mako (Isurus oxyrinchus). Chiaramente questi pesci cartilaginei non hanno alcuna colpa, essendo predatori in cima alla catena alimentare nel proprio habitat naturale, inoltre molto spesso gli attacchi mortali non hanno intento predatorio, ma sono il risultato di un “assaggio” per capire con cosa hanno a che fare. L'essere umano, del resto, non rientra affatto nella loro dieta. Solo in alcuni casi gli attacchi hanno intento predatorio, esattamente come accaduto allo sventurato subacqueo israeliano.

Ciò che ha sorpreso gli esperti in questo incidente è stata la specie coinvolta nell'attacco, ovvero lo squalo bruno (Carcharhinus obscurus), che pur appartenendo allo stesso genere di tre delle specie potenzialmente più pericolose per l'uomo è considerato innocuo o comunque “non traumatogeno” per l'uomo. Non a caso, in molti mari questa specie viene sfruttata nell'ambito dell'ecoturismo, in cui le società di “shark diving” permettono ai turisti di nuotare e interagire con questi animali, proprio per la loro docile natura. L'osservazione a distanza e rispettosa è sostenibile, mentre le interazioni – addirittura con offerta di cibo – sono assolutamente da evitare, come spiegano zoologi ed etologi. Dunque, perché questi squali innocui hanno attaccato e divorato il subacqueo ad Hadera? Sottolineiamo che si è trattato di un attacco con intento predatorio, dato che, il giorno successivo all'evento, le autorità hanno ritrovato sul posto solo piccole parti dell'uomo, che è stato orrendamente mangiato vivo.

A spiegare cos'è accaduto in uno studio ad hoc i due scienziati Eric EG Clua e Kristian J. Parton, rispettivamente dell'EPHE – Università di Ricerca Science et Lettres di Parigi (Francia) e del Centro per l'ecologia e la conservazione – Facoltà di bioscienze dell'Università di Exeter (Regno Unito). Secondo gli esperti alla base dell'incidente vi sarebbe proprio l'ecoturismo. Nell'area di Hadera e in altre città israeliane come Ashdod e Ashkelon, ci sono grandi centrali elettriche – usate anche per la desalinizzazione – che scaricano acqua calda in mare, un fenomeno che attira molti squali bruni e squali grigi (Carcharhinus plumbeus) a ridosso delle coste. L'insolita concentrazione di animali promuove le esperienze di ecoturismo di cui sopra, in cui le persone nuotano con i placidi squali. In alcuni casi, tuttavia, è stata documentata anche l'alimentazione artificiale. I pesci cartilaginei in determinati contesti si sono abituati e assuefatti alla presenza dell'uomo, mostrando anche comportamenti di “accattonaggio”. Questa serie di eventi sarebbe alla base del terribile incidente di aprile.

Il dottor Clua e il collega, infatti, spiegano che l'uomo stava riprendendo con una action camera gli squali, quando un esemplare intraprendente si è avventato sul braccio per un morso di controllo. Lo squalo, con l'intento di determinare la natura della piccola fotocamera, ha ferito involontariamente l'uomo. L'abbondante fuoriuscita di sangue e il tentativo di allontanarsi rapidamente dagli squali ha innescato un fenomeno di frenesia alimentare (feeding frenzy), con gli squali che hanno istintivamente percepito il subacqueo come un preda e lo hanno attaccato in gruppo.

“L'alimentazione artificiale nell'area ha portato all'assuefazione con comportamenti come l'accattonaggio, che potenzialmente ha portato uno squalo audace a mostrare un primo riflesso maldestro, mordendo la telecamera tenuta dal nuotatore, ferendolo involontariamente. Gli stimoli sonori e olfattivi hanno probabilmente innescato una frenesia alimentare che ha portato più squali a mordere in modo predatorio. In questo caso di studio, l'estrema competizione tra individui ha probabilmente prevalso sulla natura predatrice non istintiva verso la vittima umana”, hanno spiegato gli esperti nell'abstract dello studio.

Non alimentare gli animali selvatici è una delle primissime regole per tutelare loro e noi stessi, dato che queste interazioni possono portare a comportamenti pericolosi e persino mortali, per gli esseri umani e gli animali. Si ricordi anche il recente caso dell'uomo ucciso da un orso in Romania, in un luogo in cui i turisti alimentano i plantigradi. I dettagli della nuova ricerca “When Competition Breaks the Rules: Feeding Frenzy as a Trigger for Unexpected Fatal Shark Predation Bites on a Human Sea-User by Non Traumatogenic Carcharinids in the Oriental Mediterranean” sono stati pubblicati su Ethology.

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