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Perché gli squali possono attaccare l’uomo

Gli squali attaccano meno di cento persone ogni anno e circa dieci restano uccise, ma a causa della pessima pubblicità di Hollywood vengono dipinti come spietati divoratori di esseri umani. Perché si verificano queste aggressioni e quali sono le specie principalmente coinvolte.
A cura di Andrea Centini
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Uno squalo bianco. Credit: Hermanus Backpackers
Uno squalo bianco. Credit: Hermanus Backpackers

Ogni anno nel mondo si registrano meno di cento attacchi di squali ai danni delle persone, di cui quelli mortali non arrivano a dieci. Ciò pone questi pesci cartilaginei molto in fondo nella lista degli animali che uccidono più esseri umani. Lo dimostra chiaramente l'elenco delle specie più letali pubblicato sul blog di Bill Gates, dove gli squali si trovano sul gradino più basso della classifica. Per fare un confronto, i serpenti uccidono circa 50.000 persone all'anno; i cani 25.000; i coccodrilli 1.000; gli ippopotami 500; e i leoni 100. Dunque sì, gli squali ogni anno provocano un numero di vittime cinquanta volte inferiore a quelle degli ippopotami.

Nel 2022, come spiegato dalla BBC, gli attacchi di squali sono stati solo 57 con cinque decessi (sebbene un altro database indichi 10 vittime), un numero sensibilmente inferiore alla media di 84 attacchi registrata negli anni precedenti. Nel 2023 i morti sono stati invece otto. Tra gli incidenti balzati agli onori della cronaca nazionale nell'anno appena concluso vi è stato sicuramente quello ai danni del ventenne Matteo Mariotti, aggredito il 9 dicembre da un grosso squalo innanzi alla costa del Queensland, in Australia. Il giovane, sottoposto a vari interventi chirurgici, ha perso una gamba. Ad aggredirlo, probabilmente, uno squalo tigre (Galeocerdo cuvier) o uno squalo leuca (Carcharhinus leucas), due specie piuttosto comuni nelle acque australiane e tra quelle principalmente coinvolte negli attacchi attacchi assieme allo squalo bianco (Carcharodon carcharias), come evidenziato dal Field Museum. Ma perché gli squali aggrediscono gli esseri umani?

Squalo tigre. Credit: wikipedia
Squalo tigre. Credit: wikipedia

Perché gli squali attaccano l'uomo

Come spiegato dal National Ocean Service dell'agenzia NOAA statunitense, è innanzitutto doveroso sottolineare che gli esseri umani non sono prede naturali per gli squali. Non rientriamo nella loro dieta semplicemente perché questi pesci si sono evoluti milioni di anni prima che emergessimo noi, pertanto, pur essendo in alcuni casi animali opportunisti, non ci danno la caccia attivamente e nella stragrande maggioranza dei casi non ci attaccano per divorarci. L'Università Macquarie specifica che uno squalo sarebbe tranquillamente in grado di mangiare una persona, se lo volesse, ma come indicato molto spesso non lo fa; ciò significa che non siamo considerati prede e dunque non veniamo presi di mira deliberatamente. Anche se siamo "come piccole salsicce indifese che galleggiano nell'acqua", ha affermato alla BBC il professor Gavin Naylor, direttore presso il Florida Program for Shark Research e curatore del database sugli attacchi degli squali (International Shark Attack File). "In genere semplicemente ignorano le persone. Penso che se le persone sapessero quanto spesso sono in acqua con gli squali, probabilmente rimarrebbero sorprese", ha chiosato lo studioso. Dunque, allora perché si verificano questi cento attacchi e dieci morti l'anno a causa degli squali?

Squalo leuca. Credit: wikipedia
Squalo leuca. Credit: wikipedia

Il Florida Museum spiega che nella maggior parte dei casi, probabilmente, gli attacchi si verificano in circostanze di identità errata, ovvero gli esseri umani vengono scambiati per qualcosa che non sono. È il classico esempio della sagoma di un surfista che nuota sdraiato sulla tavola da surf, che dal basso può sembrare una tartaruga marina o una foca. In realtà diversi studiosi non sono convinti che uno squalo possa confondersi così facilmente, perlomeno non in acque cristalline. Tuttavia, in condizioni di scarsa visibilità (con acqua torbida) e in un ambiente fisico ostile, ad esempio dove ci sono forti correnti, il pesce cartilagineo – magari già predisposto per la predazione – potrebbe scambiare la pianta del piede più bianca che si muove per una preda, dunque essere spinto ad attaccare.

Nelle acque basse piene di bagnati e dove si radunano le prede naturali, squali più piccoli come lo squalo pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus) o lo spinner (Carcharhinus brevipinna) in frenesia alimentare potrebbero essere portati a mordere le gambe di qualcuno perché confusi dalla situazione. “Nella maggior parte dei casi, questi tipi di incontri consistono in un singolo morso, dopo il quale lo squalo fugge”, spiega l'enciclopedia Britannica. In queste condizioni, del resto, uno squalo deve prendere decisioni rapide e compiere movimenti bruschi, pertanto può essere facilmente distratto da costumi colorati, schizzi, schiamazzi, gioielli scintillanti e colori contrastanti (palmo dei piedi bianco, dorso abbronzato), finendo per prendere di mira l'obiettivo sbagliato. Fortunatamente in questi casi di attacco “mordi e fuggi” le lacerazioni in genere sono “piccole limitate al di sotto del ginocchio”, afferma il Field Museum. Raramente "sono pericolose per la vita".

Gli attacchi per scopi alimentari sono i più gravi

Un discorso differente può essere fatto per gli attacchi compiuti dagli squali più grandi principalmente coinvolti negli incidenti, ovvero lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), lo squalo leuca (Carcharhinus leucas) e lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier), tutti appartenenti alla famiglia dei carcarinidi. Questi grossi predatori, che possono raggiungere diversi metri di lunghezza, hanno una distribuzione globale e consumano anche leoni marini, foche e altri pinnipedi, oltre che piccoli cetacei. Al di là degli attacchi legati alla confusione, questi pesci potrebbero essere spinti ad aggredire le persone poiché le considerano “corpi estranei”, dunque possono dare dei morsi di “assaggio” per capire con cosa hanno a che fare. Come spiegato alla BBC dal biologo marino Blake Chapman, esperto dei sistemi sensoriali degli squali, i denti e le gengive di questi pesci possono funzionare come “strutture meccanosensoriali” , che li aiutano a raccogliere informazioni su ciò che stanno mordendo. L'odore e il sapore di grasso e sangue di una persona possono indicare allo squalo che non siamo nel suo menù, tuttavia, trattandosi di animali grandi e potenti, spesso questi morsi esplorativi si rivelano fatali, anche se gli squali decidono che non siamo buoni da mangiare.

Un attacco condotto per scopi alimentari, del resto, può essere molto più devastante, come mostrano le immagini dei brutali attacchi ai danni delle foche in Sudafrica da parte degli squali bianchi; le prede, colpite dal basso verso l'alto a tutta potenza, vengono letteralmente scagliate in aria. In genere le persone aggredite non vanno contro a questo terribile destino. Il biologo marino Greg Skomal della Massachusetts Division of Marine spiega che a volte gli squali si trovano in uno “stato predatorio accentuato” e attaccano con ferocia qualunque cosa abbiano a tiro, comprese fotocamere e altra attrezzatura. “Mi chiedo se questi attacchi contro persone che non sono meramente investigativi siano il risultato di una persona che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato con uno squalo in questo tipo di stato intensificato”, ha affermato lo scienziato alla BBC.

Le tre grandi specie sopracitate sono le più coinvolte negli attacchi che il Field Museum definisce “urto e morso” e “furtivi”. Sono meno comuni, ma responsabili delle lesioni più gravi e del maggior numero dei decessi. Spesso coinvolgono subacquei e persone che nuotano in acque profonde, ma ogni tanto si verificano attacchi di questo genere anche ai danni di surfisti o bagnanti in acque basse, come dimostra il caso di Matteo Mariotti. A differenza del “mordi e fuggi”, in questo caso lo squalo può mordere ripetutamente la vittima e in modo prolungato. “Riteniamo che questi tipi di attacchi siano il risultato di comportamenti alimentari o antagonisti piuttosto che casi di scambio di identità”, spiegano gli esperti. Tra gli altri squali noti per condurre questi attacchi vi sono anche lo squalo mako (Isurus oxyrhynchus), lo squalo martello maggiore (Sphyrna mokarran), il pinna bianca oceanica (Carcharhinus longimanus) e altri selaci. L'enciclopedia Britannica evidenzia anche che gli squali potrebbero essere spinti ad attaccare gli esseri umani anche per questioni di territorialità; gli esemplari, semplicemente, sarebbero spinti a cacciare violentemente dalla propria area di alimentazione qualunque intruso che possa minacciare la fonte di cibo.

Squalo tigre attacca un albatro. Credit: wikipedia
Squalo tigre attacca un albatro. Credit: wikipedia

In conclusione si può affermare che gli squali non sono assolutamente interessati a divorare gli esseri umani, indipendentemente dall'atroce “pubblicità” fatta a questi animali da Hollywood, tuttavia, in alcuni casi, possono rendersi protagonisti di aggressioni anche fatali, principalmente per errore d'identità o scopi esplorativi. Ciò che è certo è che siamo noi ad invadere il loro habitat naturale e soprattutto siamo noi che stiamo spingendo questi pesci verso l'estinzione; basti sapere che in solo mezzo secolo abbiamo fatto crollare del 70 percento il numero di squali presenti nei mari. Secondo l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ogni anno uccidiamo dai 63 ai 273 milioni di squali in tutto il mondo, centinaia ogni minuto. Molti vengono uccisi attraverso la barbara pratica dello spinnamento, con i pesci privati delle pinne e rigettati in mare, lasciati morire sul fondale tra atroci sofferenze (o divorati vivi da altri predatori)  perché impossibilitati a muoversi.

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