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Dal turismo venatorio agli spari in spiaggia, Lipu: “Ddl caccia pericoloso e senza basi scientifiche”

Presso le Commissioni Ambiente e Agricoltura del Senato sono in corso le consultazioni sul controverso ddl caccia (o ddl Malan) che punta a riformare l’attività venatoria in Italia, ampliando sensibilmente le libertà per le “doppiette”. Il responsabile Antibracconaggio e attività venatoria della Lipu Giovanni Albarella spiega a Fanpage.it le criticità della riforma, promossa dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Intervista a Giovanni Albarella
Responsabile Antibracconaggio e attività venatoria della Lipu
A cura di Andrea Centini
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Sin dalla sua presentazione, la riforma della legge sulla fauna selvatica – il ddl caccia o Malan – promossa dal ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida è stata duramente criticata da associazioni e comunità scientifica, alla luce dell'impatto significativo sulla conservazione e la tutela della biodiversità. Basti sapere che nel recente congresso della comunità scientifica ornitologica italiana è stata espressa "unanime e forte preoccupazione" per le conseguenze di tale riforma – definita un ritorno al Medioevo – e per il ddl Montagna, che ha recentemente riaperto la caccia nei valichi montani grazie a un emendamento ad hoc. Per queste ragioni è stata richiesta l'apertura di un tavolo tecnico con gli scienziati per discutere degli effetti delle enormi concessioni alle doppiette, con importanti implicazioni anche sulla sicurezza pubblica.

Al momento il ddl caccia è al centro di consultazioni presso le Commissioni Ambiente e Agricoltura del Senato, nelle quali è confluita anche la pioggia di emendamenti che aggiungono ulteriori criticità a un testo già ritenuto ampiamente problematico. Per capirne di più sull'impatto di questa riforma Fanpage.it ha contattato Giovanni Albarella, responsabile Antibracconaggio e attività venatoria presso la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli). Ecco cosa ci ha raccontato.

A che punto siamo con l'iter legislativo del controverso disegno di legge e quali sono le sue tempistiche? Dalla discussa bozza circolata a maggio sono stati eliminati alcuni dei punti più criticati, come la caccia dai litorali, ma sono poi rientrati dalla “finestra” con questi numerosi emendamenti, oltre 2000.

Il disegno di legge è incardinato al Senato presso le Commissioni riunite ottava e nona. Siamo arrivati all'illustrazione di tutti gli emendamenti, fatta dai vari gruppi parlamentari. Per il momento la discussione non è stata calendarizzata, né la settimana scorsa, né in questa settimana. Probabilmente ripartirà la prossima settimana. Per quanto riguarda le tempistiche è difficile fare una previsione. È chiaro che a mio parere un provvedimento del genere, che è una profonda riforma della legge quadro 157/92 che rappresenta la legge del recepimento della Direttiva Uccelli, necessiterebbe di un iter molto più approfondito, anche nella sua fase istruttoria.

Io penso ad esempio al fatto che manca del tutto – anche se è prevista dalla legge stessa – una relazione sullo stato di attuazione della legge. Sarebbe necessaria averla per fare certi ragionamenti su una sua eventuale modifica o un aggiornamento, come qualcuno dice. E quindi sui tempi non abbiamo certezze. Anche il numero di emendamenti che è stato presentato merita sicuramente un approfondimento e un'opportuna discussione. Secondo me dovrebbe volerci molto tempo prima di arrivare a un eventuale licenziamento presso l'assemblea per la discussione finale, prima di passare alla Camera. Se questi tempi non verranno rispettati ma verrà fatta una “corsa” per licenziarlo il prima possibile e mandare il ddl in aula, sicuramente ci troveremo di fronte a un'enorme forzatura per fare questo grande favore al mondo venatorio.

Perché questa riforma minaccia gravemente la biodiversità e ha un impatto significativo su decenni di conservazione? Fra l'altro recentemente c'è stata anche l'apertura della caccia nei valichi montani, infilando un emendamento ad hoc nel ddl Montagna.

Da più parti della maggioranza e anche dallo stesso ministro Lollobrigida, questo ddl – che non è altro che un'emanazione della sua bozza che era circolata a maggio, in molte parti pressoché uguale – è stato accolto come un aggiornamento necessario per far fronte ai danni che vengono registrati continuamente in agricoltura dall'eccessiva proliferazione della fauna selvatica. Faccio una considerazione metodologica: se ci sono questi danni della fauna selvatica, come ci sono, meriterebbero un'istruttoria approfondita per capire dove, come, quando, in quali periodi, quali specie, eccetera eccetera. Tutto ciò manca. Anche questa cosiddetta “eccessiva presenza di fauna selvatica” richiederebbe uno studio sulla densità, i luoghi, su quali sono i problemi. Anche questo manca del tutto. Mi sembra un “pour parler”, manca un elemento oggettivo di dati, di analisi, o almeno a noi non sembra che sia stato reso noto.

Nessuno disconosce che possono esserci danni da fauna selvatica e che in certe situazioni esistono delle criticità, ma queste vanno affrontate, appunto, con il metodo scientifico e con l'analisi puntuale dei dati. Non con un impeto dettato dalla pancia, perché questo mi sembra. In ogni caso, al di là di queste considerazioni, nel ddl di tutto ciò non c'è proprio niente, o pochissime cose. Quindi questo disegno di legge viene spacciato come risolutore di certi problemi, ma in realtà poi questi problemi non vengono affrontati, se non proprio in piccola o piccolissima parte. Noi lo consideriamo come una minaccia alla biodiversità per i pericoli che ci possono essere a causa dei suoi contenuti. C'è una questione anche di tipo culturale, perché alla caccia nel ddl viene riconosciuto un paradossale ruolo nella conservazione della biodiversità. Già questo ci fa capire tante cose. Ma poi il problema sono proprio i contenuti principali.

Ci spieghi

C'è un grande rilancio dei richiami vivi, cioè della cattura e dell'utilizzo degli uccelli come richiami vivi. C'è l'eliminazione del limite massimo del 10 febbraio come termine ultimo per la chiusura della stagione venatoria, quindi questo significa dare la possibilità di andare a caccia anche a febbraio inoltrato e magari anche oltre, nel primo periodo della migrazione prenuziale. E in più c'è un grande svilimento del ruolo di Ispra, del ruolo scientifico. Il suo parere viene equiparato a quello del comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, un comitato di diretto controllo del Ministero dell'Agricoltura. Viene prevista la possibilità di ridurre le aree protette, la caccia viene concessa anche nei boschi demaniali e molto altro ancora. Per il momento stiamo parlando solo di quello che c'è nel ddl, non ho ancora affrontato quello che c'è negli emendamenti, che peggiora la situazione rispetto a ciò di cui stiamo parlando.

Che già così com'è avrebbe un impatto enorme. Cosa c'è in questi emendamenti?

Ad esempio c'è l'allargamento del numero di specie cacciabili, come alcune specie di oche. Viene tolto lo stato di specie particolarmente protetta al lupo e allo sciacallo dorato, torna la famigerata caccia in spiaggia. E per alcune specie viene prevista anche la caccia in orari notturni.

Con tutto ciò che ne consegue per la sicurezza pubblica, oltre che per la biodiversità. Già con le leggi attuali, durante la stagione venatoria, ogni anno decine di cacciatori e altre persone non coinvolte nella caccia vengono ferite o uccise dalle fucilate

Non mi occupo direttamente di queste cose, ma dai report si legge che ogni anno siamo attorno ai 30-40 morti durante l'attività venatoria, più i feriti. Di questi la stragrande maggioranza sono cacciatori stessi, ma qualche volta sono coinvolti anche alcuni raccoglitori di funghi. Ma al di là degli incidenti mortali o non mortali, che pure bisogna considerare, c'è un problema di sicurezza di fondo. Non ci sarà più la libertà di frequentare certi spazi senza avere la preoccupazione che qualcuno ti sta sparando di fianco. Penso a quei boschi demaniali dove oggi io posso andare a camminare con la con la certezza di non essere disturbato dagli spari dei cacciatori. Anche questa cosa verrà a mancare. Pensiamo al momento della chiusura della caccia il mese di febbraio – che io vivo come una liberazione – che porta alla consapevolezza di poter andare in giro perché i cacciatori non ci sono più. Questi cambiamenti riguarderanno un po' tutti e in tutti i contesti ambientali. Non è che uno deve andare chissà su quale montagna per subirne gli effetti, anche poco fuori dai centri abitati ci sarà questo problema.

E fra l'altro si vuole aprire al turismo venatorio in Italia, facendo arrivare i cacciatori dall'estero

Nel ddl c'è la possibilità per i cittadini dell'Unione Europea o che comunque fanno parte dell'area economica dell'Europa di venire in Italia a cacciare, se titolari di un porto d'armi. Negli emendamenti invece si allarga questa possibilità anche ai cittadini extracomunitari. Quindi si apre la possibilità del turismo venatorio. Come se l'Italia avesse bisogno di questo per promuovere la propria bellezza paesaggistica, culturale, artistica, gastronomica e naturalistica, di qualcuno che viene qui ad ammazzare gli animali per valorizzare certe cose.

Ci sono anche emendamenti che modificano i controlli ai carnieri, in grado di favorire atti di bracconaggio

Ottima osservazione. C'è infatti un emendamento che prevede che il cacciatore possa segnare gli animali abbattuti sul proprio tesserino venatorio nel momento in cui lascia l'appostamento di caccia.
Ovviamente questo lascia facilmente intuire quale maglia si allarga per chi volesse abbattere più animali di quelli consentiti. Perché non essendoci più la possibilità di controllare volta per volta gli abbattimenti, come si sta procedendo, si aprono le porte a queste infrazioni. La necessità di segnare gli uccelli abbattuti sul tesserino volta per volta è stata introdotta con una legge comunitaria nel 2016 o 2017, adesso non ricordo di preciso, perché fino a quell'anno non c'era questo obbligo, ma si poteva segnare a fine giornata. E questa pratica era stata fortemente contestata dalla Commissione Europea, proprio perché non permetteva la misurazione del prelievo venatorio e quindi non garantiva il rispetto della Direttiva Uccelli. Per questo motivo il Parlamento di allora, per rispondere a questa critica, fece la modifica della legge introducendo l'obbligo. Quindi se mai dovesse essere approvato questo emendamento, torneremmo indietro a quel contenzioso europeo. Fermo restando che già questo ddl contiene numerose violazioni della Direttiva Uccelli. E con questi emendamenti la situazione si aggraverebbe ancora di più, anche su questo fronte. A tal proposito c'è un altro emendamento critico.

Ci spieghi

È l'emendamento sulle guardie volontarie, cioè i volontari di associazioni ambientaliste, venatorie e agricole, che sono dei pubblici ufficiali a tutti gli effetti e che hanno dei poteri di controllo amministrativo sui cacciatori. Questo emendamento prevede l'obbligo che i servizi svolti da queste guardie possano essere fatti solo alla presenza delle forze dell'ordine.

Che avranno molta difficoltà a essere presenti

Già le forze in campo sul controllo venatorio sono scarse, è una fortuna che c'è l'aiuto della vigilanza volontaria. Con questo emendamento si richiede a carabinieri forestali, agenti della polizia provinciale e altre forze di impegnarsi in questa attività di affiancamento alle guardie venatorie, quando non ce ne sarebbe assolutamente bisogno perché le guardie venatorie sono pubblici ufficiali. L'emendamento serve a tracciare il lavoro delle guardie venatorie che sono degli occhi in più sul territorio e sul controllo stesso dei cacciatori.

Chi ha ideato questa riforma dice che è per il bene della biodiversità e la conservazione della natura, ma alla luce di quanto emerge risulta evidente l'opposto. La natura, che è patrimonio di tutti noi, sembra in svendita e in ostaggio per i voti di una piccola minoranza

Sicuramente dietro ci sono molteplici interessi, compresi quelli di alcune organizzazioni che sono vicine agli armieri, ma essenzialmente come dice è una questione elettorale

Cosa si può fare per opporsi a questa riforma?

Tutti insieme, quello che noi possiamo fare è sicuramente parlarne molto. Far circolare questa notizia, che è una questione di interesse generale. Dobbiamo far capire che è una questione che sta a cuore a tutti, perché qui non si tratta di posizionamenti o di schieramenti di alcuni partiti politici; tutti i sondaggi fatti negli ultimi anni dimostrano che alla stragrande maggioranza degli italiani la caccia non piace, non la vogliono. Quindi una liberalizzazione così ampia, un provvedimento che apre le maglie e dà più possibilità ai cacciatori, come può essere accolto dall'opinione pubblica? Bisogna parlarne molto e anche bene, senza cadere nelle trappole della provocazione. Serve appunto a far capire che c'è un interesse e che l'interesse degli italiani va da tutta un'altra parte, rispetto al concedere libertà in più ai cacciatori.

Noi, al momento, se vogliamo riferirci al solo al contenzioso comunitario, abbiamo una procedura di infrazione aperta nei confronti dell'Italia relativa alla scorretta gestione della fauna selvatica, che riguarda anche la mancata applicazione del divieto di utilizzo di munizioni contenenti piombo nelle nelle zone umide. Poi abbiamo una procedura pilot – che non è proprio una procedura di infrazione, ma è quella che viene un attimo prima – che solleva alcune criticità proprio sulla gestione venatoria in Italia. Riguarda la concessione in molte Regioni della caccia durante la migrazione prenuziale, quindi nel periodo in cui alcune specie non dovrebbero essere cacciate. Ad esempio specie di turdidi e di uccelli acquatici. Poi c'è la caccia che viene fatta su 21 specie che si trovano in cattivo stato di conservazione, senza che sono attivi dei piani di gestione, o che comunque non sono ben implementati o lo sono poco e niente. In più c'è l'altra criticità forte, che è quella del dilagante bracconaggio, contro il quale l'impegno dell'Italia è scarso. Tutte criticità che richiederebbero delle risposte e che dovrebbero essere affrontate con un disegno di legge apposito, ma che invece vengono totalmente ignorate.

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