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Svelato il mistero delle ossa di mammut “impossibili”: a chi appartengono e perché celano un altro enigma

Le analisi condotte nel 2022 su due vertebre di mammut recuperate nell’entroterra dell’Alaska avevano dato un risultato sorprendente. Un nuovo studio ha svelato il mistero, spalancando le porte a un altro affascinante enigma.
A cura di Andrea Centini
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Scheletro di mammut. Credit: Wikipedia
Scheletro di mammut. Credit: Wikipedia

Circa 70 anni fa, durante una spedizione in Alaska, l'esploratore e naturalista tedesco Otto Geist recuperò da un sito due vertebre che vennero attribuite a esemplari di mammut lanoso (Mammuthus primigenius). Nulla di particolarmente sorprendente, considerando quanti reperti di questi e altri animali appartenenti alla megafauna del Pleistocene sono stati recuperati dal permafrost sciolto in Nord America e altrove. Per decenni queste ossa hanno continuato a mantenere il medesimo status, fino a quando nel 2022, nel contesto di un progetto di ricerca chiamato “Adopt-a-Mammoth”, vennero analizzate al radiocarbonio per determinarne l'età. Il risultato, come raccontato da IFLScience, fu sensazionale: la datazione, infatti, suggeriva che le due vertebre avessero un'età compresa tra i 1.900 e i 2.700 anni. Si tratta di un'età giovanissima e incompatibile con quanto noto sull'estinzione di questi maestosi proboscidati: i paleontologi sono concordi nell'affermare che dal continente questi animali si estinsero circa 13.000 anni fa, con alcune ristrette popolazioni vissute in aree insulari (come l'Isola di Wrangel nell'Artico siberiano) sino a circa 4.000 anni fa.

Trovare ossa di mammut vissuti sul continente fino a circa 2.000 anni fa, al tempo di Cristo, sarebbe sbalorditivo. Le due vertebre, di fatto, erano diventate di colpo i reperti più giovani e interessanti di questi maestosi animali, coinvolti in un progetto di analisi “a tappeto” per determinare con precisione le età dei resti. I risultati però, hanno fatto sollevare più di qualche sopracciglio (è un eufemismo) e gli scienziati hanno voluto vederci chiaro, ritenendo altamente improbabile una datazione di quel tipo.

A condurre le nuove analisi è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Institute of Northern Engineering dell'Università dell'Alaska Fairbanks, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Museo del Nord, della società di bioingegneria Colossal Biosciences (impegnata in un progetto per “riportare in vita” animali estinti, tra cui proprio i mammut, dodo e tilacini), British Antarctic Survey (BAS) del Regno Unito e altri. I ricercatori, condotti dal professor Matthew J. Wooller, hanno innanzitutto eseguito un'analisi isotopica delle ossa, rilevando un dato curioso: la dieta dei due animali era di tipo marino. Com'è possibile un risultato del genere per dei mammut? Il mistero è stato svelato con la successiva analisi del DNA, che ha dimostrato che le vertebre non appartenevano ai grandi mammut lanosi, bensì a due balene, una balenottera minore e una balena franca dell'Oceano Pacifico settentrionale.

Alla luce di questi risultati, i campioni ossei sono stati opportunamente e correttamente catalogati. A questo punto però è emerso un nuovo enigma: che ci fanno ossa di balena di 2.000 anni recuperate a centinaia di chilometri nell'entroterra dell'Alaska? Il luogo in cui sono state ritrovate, non distante da Fairbanks, ospita solo ruscelli e non grandi fiumi che in qualche modo avrebbero potuto essere risaliti dai cetacei (è capitato che alcuni cetacei abbiano risalito i fiumi, come lo sfortunato iperodonte boreale a Londra). I ricercatori hanno pertanto avanzato un'ipotesi, ovvero che i cacciatori dell'epoca trasferissero nei villaggi interni anche i resti dello scheletro delle balene uccise (o spiaggiate), probabilmente per lavorarli e costruire utensili, o magari per scopi rituali. Molto meno probabile che parti delle carcasse siano state trascinate sin lì da predatori-spazzini come gli orsi. La realtà, probabilmente, non la conosceremo mai, ma intanto sappiamo che il primo fuoco creato dall'uomo fu acceso molto prima di quanto si credesse. Non si esclude comunque qualche errore di catalogazione sul sito provenienza da parte dell'esploratore tedesco o del museo che ricevette i reperti. I dettagli della ricerca “Adopted “mammoths” from Alaska turn out to be a whale's tale” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of Quaternary Science.

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