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Su questa isola gli uccelli sono così pieni di rifiuti che sembrano fatti di plastica

Sulla Lord Howe Island, in Australia, un gruppo di ricercatori sta monitorando da anni lo stato di salute di una specie di uccelli tipica dell’isola, la berta berta piedicarnicini, sempre più minacciata dall’inquinamento di plastica: “Quando tocchi il loro corpo senti il rumore della plastica”.
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Un esemplare di berta piedicarnicini
Un esemplare di berta piedicarnicini

Lord Howe Island è un'isola nell'oceano tra l'Australia e la Nuova Zelanda, considerata un paradiso per la straordinaria ricchezza naturale che custodisce. Qui vivono moltissime specie animali, soprattutto una grande varietà di uccelli, e l'attenzione alla loro conservazione è molto elevata, tanto che il numero di turisti e visitatori è in ogni momento tassativamente controllato.

Eppure, nonostante tutti questi sforzi per proteggere le specie dell'isola, negli ultimi anni sta succedendo qualcosa di davvero inquietante e le vittime sono proprio gli uccelli più diffusi dell'isola, la berta piedicarnicini. Un reportage di ABC News ha mostrato il lavoro che da 18 anni un gruppo di ricercatori, guidati dalla dottoressa Jen Lavers, sta facendo per monitorare la salute di questi uccelli, che a causa del costante aumento della plastica presente ovunque, oceano compreso, si stanno letteralmente riempiendo di frammenti di rifiuti di plastica di ogni tipo.

Il problema della plastica ingerita

"Ora c'è così tanta plastica all'interno degli uccelli che puoi sentirla all'esterno dell'animale quando è ancora vivo. Se premi sulla sua pancia, puoi sentire i pezzi che urtano l'uno contro l'altro", ha raccontato la dottoressa. I ricercatori hanno fotografato l'interno del corpo degli animali per cercare di aumentare la consapevolezza delle persone sull'urgenza del problema. Hanno anche registrato e diffuso il rumore che fa il loro corpo quando viene premuto: sembra di ascoltare dei pezzetti di vetro andare in frantumi. L'ingestione di plastica negli uccelli rappresenta infatti una grave minaccia alla loro sopravvivenza: se non vengono espulsi dall'organismo, questi frammenti di plastica presenti nel loro stomaco provocano infatti una malattia mortale, la plasticosi.

L'impatto della plastica su questa specie di uccelli è un problema noto da tempo. L'anno scorso il fotografo Justin Gilliganha vinto il Wildlife Photographer of the Year 2024 con "A Diet of Deadly Plastic", una foto che mostrava decine e decine di frammenti di plastica di ogni colore disposti su un piano. Quello che poteva sembrare un mosaico era però i rifiuti estratti dal corpo di un solo uccello.

Negli ann le cose sono peggiorate in modo esponenziale: nel 2008, quando la dottoressa Lavers è arrivata sull'isola, circa tre quarti delle berte presenti avevano ingerito frammenti di plastica, ma le stime suggerivano che circa ogni uccello non aveva all'interno del suo stomaco più di 10 pezzi di plastica. Oggi, il problema riguarda tutte le berte e la quantità di plastica che ingeriscono ogni giorno è cresciuta in modo allarmante: in media ogni animale ha al suo interno almeno 50 pezzi di plastica. Ma i ricercatori si sono trovati a studiare animali che contenevano anche più di 400 pezzi: "Mi dispiace ammettere che proprio ieri abbiamo superato il record: quello attuale ora spetta a un pulcino di uccello marino di soli 80 giorni, ritrovato in uno degli angoli più incontaminati del nostro pianeta: conteneva 778 pezzi di plastica", prosegue l'esperta.

Il problema dell'inquinamento da plastica

Sebbene i ricercatori sull'isola australiana stiano facendo del loro meglio per aiutare gli uccelli dell'isola – nelle loro esplorazioni sull'isola sottopongono gli esemplari a continue lavande gastriche per liberarli dai rifiuti ingeriti – il problema è alla base e non riguarda soltanto questa specie. Quello che si sta verificando alla popolazione di berte sull'isola è infatti indicativo degli effetti dell'inquinamento da plastica su tutte le specie animali.

I rifiuti in plastica finiscono infatti ovunque, nell'oceano, nella terra e negli stessi animali. Rappresentano una minaccia anche per la salute umana: le microplastiche – frammenti che si formano dalla decomposizione della plastica – sono state rilevate ovunque anche all'interno del corpo umano: perfino nel cordone ombelicale e nello sperma.

Secondo gli esperti, il punto è che stiamo sbagliando il modo in cui proviamo ad affrontare l'inquinamento da plastica: non si può puntare soltanto a riciclare se non si fa qualcosa per limitare all'origine il problema, ovvero la produzione fuori controllo di plastica. Per avere un'idea del problema e dell'inadeguatezza delle risposte messe in atto finora basta pensare che, secondo i dati più recenti, in meno di venti anni, dal 2000 al 2019, la produzione di plastica è raddoppiata: oggi ogni anno l'umanità produce circa 430 tonnellate di plastica, ma solo il 9% viene davvero riciclata (secondo il WWF).

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