Statuetta preistorica di un’oca che si accoppia con una donna trovata in Israele: “È straordinaria”

Nel sito archeologico del villaggio di Nahal Ein Gev II, nel nord di Israele, i ricercatori hanno fatto una scoperta straordinaria: dagli scavi, infatti, è emersa una piccola statua preistorica – alta appena 3,7 centimetri – di circa 12.000 anni e finemente realizzata, che mostra l'interazione tra una donna e un'oca. L'uccello abbraccia la donna con le ali sulle spalle e ha la testa poggiata sulla sua; si tratta di una scena simbolica e rituale, probabilmente la rappresentazione di un atto sessuale, come evidenziano gli autori dello studio, alla luce della posizione e della grande importanza che questi animali ricoprivano nella società dell'epoca. Non siamo certamente innanzi alla più antica opera d'arte mai trovata, un record che appartiene a una serie di impronte di mani e piedi (fatte con scopo ludico o cerimoniale) trovate in Tibet e risalenti tra i 169.000 e i 226.000 anni fa, ma è estremamente significativa perché anticipa alcuni elementi osservati solo nel successivo Paleolitico.

Gli esperti hanno spiegato in un comunicato stampa che oltre a detenere diversi primati, come quello di essere la prima opera preistorica a mostrare un'interazione essere umano – animale e la prima raffigurazione naturalistica di una donna della regione asiatica, questo manufatto riflette un periodo di grande cambiamento: quello del passaggio dalle comunità nomadi di cacciatori-raccoglitori a quelle stanziali, che ha permesso di far evolvere in modo significativo l'arte, la spiritualità e il simbolismo. Del resto, quando hai abbondanti scorte di cibo e non devi più procacciartelo costantemente con grande fatica e rischi significativi, puoi dedicare parte del tempo all'artigianato, all'arte, alla spiritualità e più in generale a riflettere sull'esistenza dell'essere umano nel contesto naturale. Ed è proprio grazie a questa spinta che potrebbe essere nato un simbolismo mitologico che lega strettamente le persone agli altri animali. Le oche, come indicato, giocavano un ruolo molto significativo per la cultura natufiana, un periodo compreso tra 15.000 e 11.500 anni fa legato proprio alla transizione verso le comunità stanziali, con tutto ciò che ne consegue (ad esempio, la domesticazione del lupo). Penne e ossa degli uccelli, che venivano consumati, sono stati trovati nei depositi cerimoniali e venivano utilizzati per creare oggetti ornamentali e rituali.

A scoprire e descrivere lo straordinario manufatto di 12.000 anni sono stati Laurent Davin e Leore Grosman dell'Istituto di Archeologia – Dipartimento di Preistoria dell'Università Ebraica di Gerusalemme (Israele) e la dottoressa Natalie D. Munro del Dipartimento di Antropologia dell'Università del Connecticut (Stati Uniti). L'opera, come indicato, è stata trovata nel sito archeologico del tardo natufiano di Nahal Ein Gev II ed è composta in argilla, dopo essere stata cotta a 400 °C. Ciò suggerisce anche una certa maestria nel padroneggiare il fuoco. Tra le caratteristiche più significative dell'opera vi è il sapiente uso di luci e ombre con tecniche innovative da parte dell'artista, al fine di creare profondità e prospettiva. In origine, inoltre, era probabilmente tutta dipinta di rosso, grazie al pigmento ocra rilevato grazie alle indagini di laboratorio. È stata persino trovata un'impronta digitale dello scultore che la realizzò. Chiaramente è ciò che simboleggia la statuetta a essere molto importante per gli antropologi, con l'animale adagiato sulle spalle della donna.

"La posizione inclinata in avanti della donna è incompatibile con il trasporto di prede di peso inferiore a 5 kg. Dato che un'oca selvatica non adotterebbe naturalmente una tale postura sul dorso di un essere umano, questa rappresentazione sembra rappresentare una realtà immaginaria piuttosto che oggettiva. La postura dell'uccello – sottolineano Devain e colleghi – è un'accurata rappresentazione naturalistica di un maschio di oca che si accoppia, montando sul dorso della femmina accovacciata".
Tecniche, materie prime e scena mitologica sono anticipazioni solide di ciò che si osserverà solo successivamente nelle opere del Neolitico, realizzate nel contesto di radicate credenze animistiche. “Questo studio fornisce importanti dati originali sull'antichità e lo sviluppo dell'espressione simbolica utilizzando l'argilla alla fine dell'Epipaleolitico, in un crocevia tra le prime società sedentarie e quelle pienamente neolitiche nell'Asia sud-occidentale”, concludono gli esperti. I dettagli della ricerca “A 12,000-year-old clay figurine of a woman and a goose marks symbolic innovations in Southwest Asia” sono stati pubblicati su PNAS.