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Sembra esserci una semplice ragione per cui non troviamo la vita su Marte

Gli strumenti utilizzati o che saranno inviati sul Pianeta rosso non sarebbero sempre in grado di individuare la presenza di antiche tracce biologiche, come mostrato da una serie di esperimenti condotti sulla Terra.
A cura di Valeria Aiello
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Le attuali missioni su Marte, alla ricerca di forme di vita microscopiche presenti o passate, potrebbero non portare a nulla, semplicemente perché le tecnologie dei rover che stanno esplorando la superficie del Pianeta Rosso non sono all’altezza del compito. È questa la conclusione dei ricercatori dell’Università Autonoma del Cile che, in una serie di esperimenti con gli strumenti del banco di prova utilizzati o che saranno inviati su Marte, hanno dimostrato come le tecnologie dei veicoli incaricati di cercare tracce biologiche non siano sempre in grado di individuarle sulla superficie del nostro pianeta. Figuriamoci su Marte.

I ricercatori dietro l’indagine sostengono che senza migliorare la nostra capacità di identificare la “materia oscura microbica” morta da tempo, la vita su Marte continuerà a sfuggirci. Soprattutto se le specie che stiamo cercando esistevano miliardi di anni fa, quando il pianeta era più caldo e umido di oggi. I loro test, descritti nel dettaglio in un articolo pubblicato su Nature Communications, sono stati condotti su alcuni campioni prelevati da una precisa regione del deserto cileno dell’Atacama, chiamata Piedra Roja, un antico delta che contiene sabbia e roccia ricche di ematite e pietra fangosa. Questa regione è geologicamente analoga a Marte, motivo per cui gli astrobiologi la usano spesso come modello per il Pianeta rosso.

Esperimenti condotti sulla Terra rivelano perché non siamo in grado di trovare la vita su Marte

Quando i ricercatori cileni hanno testato la mineralogia della Piedra Roja con i migliori strumenti oggi disponibili, hanno scoperto alcune misteriose tracce biologiche. Quasi il 9 percento delle sequenze genetiche ottenute utilizzando Next Generation Sequencing rientrava nella categoria “non classificata”, mentre il 40 percento delle sequenze rimanenti non poteva essere assegnato a qualcosa di più specifico del più alto dei taxa, come ordini o domini, il che ha suggerito l’esistenza di “un insolito alto grado di indeterminatezza filogenetica” scrivono gli studiosi, proponendo un nuovo concetto per rappresentare questa incertezza, chiamato “microbioma oscuro” e riferito a quei microrganismi che possono essere rilevati tramite sequenziamento genetico senza però sapere esattamente cosa siano. “Pertanto – aggiungono gli studiosi – il microbioma oscuro della Piedra Roja può essere composto da specie esistenti realmente nuove che non si trovano da nessun’altra parte sulla Terra, ma può anche darsi che tale microbioma rappresenti in realtà una comunità relitta di specie microbiche che usavano ad abitare il delta della Piedra Roja in un lontano passato, di cui non si trovano parenti esistenti nei database di sequenze esistenti”.

Quando gli stessi campioni sono stati analizzati con gli strumenti del banco di prova utilizzati o destinati a Marte, i ricercatori hanno dimostrato che il rilevamento dei microrganismi della Piedra Roja è stato molto più impegnativo, con riscontri limitati o nessun riscontro nella maggior parte dei casi.

Questo implica la possibilità che i rover che esplorano la superficie di Marte non riescano a individuare in modo definitivo se la vita su Marte sia mai esistita, nonostante nel 2022 il rover Perseverance della NASA abbia trovato “forti segnali” di materia organica e, in precedenza, il rover Curiosity scoperto tracce organiche nella sabbia e nel fango prosciugato. Gli strumenti integrati nei rover non hanno infatti potuto determinare se le molecole organiche abbiano effettivamente origini biologiche o se questi composti siano stati prodotti in processi geologici o di altro genere.

Le nostre analisi con gli strumenti del banco di prova che si trovano o saranno inviati su Marte rivelano che sebbene la mineralogia della Piedra Roja corrisponda a quella rilevata dagli strumenti terrestri sul Pianeta rosso, allo stesso modo bassi livelli di sostanze organiche saranno difficili, se non impossibili da rilevare nelle rocce marziane a seconda dello strumento e della tecnica utilizzata – hanno concluso gli studiosi – . I nostri risultati sottolineano l’importanza di riportare i campioni sulla Terra per stabilire in modo definitivo se la vita sia mai esistita su Marte”.

Per questo tipo di missioni bisognerà tuttavia attendere ancora diversi anni, presumibilmente fino al 2033, quando i campioni che il rover Perseverance sta raccogliendo durante la sua campagna esplorativa verranno recuperati e raggiungeranno i laboratori terresti per essere sottoposti ad analisi approfondite.

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