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Scoperta pianta che produce decine di cannabinoidi: possibile “nuova cannabis” per uso terapeutico

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati israeliani ha scoperto che l’ombrello lanoso, un elicriso che vive in Sudafrica, produce oltre 40 cannabinoidi. Più di 30 sono sconosciuti e potrebbero avere importanti proprietà terapeutiche.
A cura di Andrea Centini
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L'ombrello lanoso. Credit: Sagit Meir
L'ombrello lanoso. Credit: Sagit Meir

Gli scienziati hanno scoperto che una pianta a fiore produce decine di cannabinoidi, i composti chimici responsabili delle proprietà psicoattive e terapeutiche della cannabis. La pianta in questione, appartenente alla vasta famiglia delle Astereacee, si chiama ombrello lanoso (Helichrysum umbraculigerum) ed è originaria dei luoghi assolati del Sudafrica. Si tratta di una delle 600 specie di elicriso ed è caratterizzata da fiori gialli e vellutati, dai quali ne deriva il nome comune. I ricercatori sospettavano da decenni che potesse contenere sostanze chimiche in grado di influenzare il cervello, dato che viene impiegata (bruciandola) in alcuni rituali popolari africani, ma ad eccezione di un vecchio studio condotto in Germania – che rilevò la presenza di cannabinoidi – fino ad oggi nessuna indagine era andata a fondo sulla questione. Nessuno è riuscito a replicare i risultati ottenuti decenni addietro. Oggi, grazie al nuovo studio, non solo sappiamo che l'ombrello lanoso produce molti cannabinoidi, oltre 40, ma che la stragrande maggioranza di essi è sconosciuta, dunque potrebbero emergere nuove proprietà terapeutiche da affiancare a quelle già note.

A scoprire le decine di cannabinoidi nell'ombrello lanoso è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati israeliani del Dipartimento di Scienze vegetali e ambientali del Weizmann Institute of Science di Rehovot, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Life Science Core Facilities, del Dipartimento di supporto alla ricerca chimica e della Divisione di Scienze Biochimiche del CSIR-National Chemical Laboratory di Pune (India). I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Shirley (Paula) Berman e dal professor Asaph Aharoni, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sequenziato l'intero genoma della pianta. Attraverso tecniche avanzate come la spettroscopia di massa ad alta risoluzione e la risonanza magnetica nucleare non solo hanno identificato gli oltre 40 cannabinoidi presenti, ma ne hanno anche rilevato la struttura nei minimi dettagli e hanno compreso diversi percorsi biochimici. Ad esempio, hanno determinato dove vengono prodotti i cannabinoidi nella pianta, ovvero nelle foglie, più nello specifico nelle strutture chiamate tricomi, come mostra l'immagine sottostante.

I tricomi dell'ombrello lanoso. Credit: Weizmann Institute of Science
I tricomi dell'ombrello lanoso. Credit: Weizmann Institute of Science

Si tratta di una scoperta significativa soprattutto per una ragione: i cannabinoidi della cannabis (che ne contiene oltre 120, restando “la prima della classe”) vengono prodotti in fiori / infiorescenze, che richiedono trattamenti costosi e poco sostenibili per essere estratti. Le foglie a crescita rapida dell'ombrello lanoso garantiscono invece una fonte molto più economica, produttiva e facile da estrapolare. La dottoressa Berman e colleghi hanno anche identificato gli enzimi responsabili della loro produzione – appartenenti alla stessa famiglia di quelli della cannabis – e sono stati in grado di modificare il lievito di birra per produrre gli stessi identici cannabinoidi dell'ombrello lanoso.

Come indicato, oltre 30 di quelli individuati sono completamente nuovi. Fra quelli già noti mancano il cannabidiolo (CBD) e il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), due dei principi più noti della cannabis associati allo “sballo” e all'alterazione dell'umore, tuttavia è presente in concentrazioni relativamente elevate il cannabigerolo (CBG), un cannabinoide che in alcuni studi ha dimostrato potenziali (e non confermate) proprietà farmacologiche nel trattamento di malattie al colon e disturbi neurologici. L'aspetto più interessante della sua presenza risiede nel fatto che la forma acida del cannabigerolo è un precursore di tutti i cannabinoidi, come spiegato dagli scienziati dell'istituto Weizmann in un comunicato stampa, pertanto questa pianta sudafricana “potrebbe diventare una preziosa fonte di cannabinoidi di origine vegetale”. Inoltre fra le decine di nuovi cannabinoidi individuati potrebbero essercene alcuni con proprietà terapeutiche da non sottovalutare. “Il prossimo passo entusiasmante sarebbe determinare le proprietà degli oltre 30 nuovi cannabinoidi che abbiamo scoperto, e poi vedere quali usi terapeutici potrebbero avere”, ha dichiarato la dottoressa Berman. I dettagli della ricerca “Parallel evolution of cannabinoid biosynthesis” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Plants.

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