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Scienziati affermano che dobbiamo prepararci al contatto con gli alieni: “Non siamo pronti”

Gli scienziati dell’Università di St Andrews hanno creato il centro “SETI Post-Detection Hub” per gestire in modo responsabile possibili contatti con gli alieni.
A cura di Andrea Centini
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Larga parte degli scienziati è assolutamente convinta che non siamo soli nell'Universo, tuttavia, a causa delle enormi distanze dello spazio cosmico, non sappiamo se un giorno entreremo mai in contatto con una delle presunte civiltà extraterrestri. Ma questa incertezza non può assolutamente farci arrivare impreparati, nel caso in cui dovessimo davvero avere un contatto con gli alieni. Come ci comporteremmo? Quale dovrebbe essere l'approccio migliore e responsabile dell'umanità innanzi a un evento così epocale per la nostra specie? L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha messo a punto enti e procedure da attivare nel caso in cui un asteroide gigantesco dovesse puntare verso la Terra, minacciando l'apocalisse, ma non c'è nulla di concreto per la possibile scoperta degli alieni, sia diretta che indiretta, attraverso il rilevamento di un segnale radio. Gli unici protocolli del SETI (Search for extraterrestrial intelligence) sul tema risalgono a oltre 30 anni fa e non vengono aggiornati da almeno una dozzina, inoltre fanno riferimento alla sola condotta scientifica da intraprendere. Non c'è nulla sul piano sociale né su quello politico, così fondamentali per la gestione di un evento così rivoluzionario da avere conseguenze imprevedibili, potenzialmente meravigliose ma anche assolutamente catastrofiche.

Per mettere una toppa a questa ingiustificabile lacuna gli scienziati dell'Università di St Andrews – la più antica della Scozia – ha creato un nuovo centro di ricerca internazionale ad hoc, proprio per preparare al meglio la risposta coordinata dell'umanità in caso di contatto con gli extraterrestri. L'autorevole centro, chiamato SETI Post-Detection Hub, in riferimento alle azioni da intraprendere a seguito del contatto, è stato istituito presso il Center for Exoplanet Science e il Center for Global Law and Governance dell'ateneo, prefiggendosi di coinvolgere esperti di molteplici discipline. Non solo personalità scientifiche, ma anche umanistiche, con l'obiettivo di mettere a punto i migliori protocolli di gestione della "crisi". I ricercatori valuteranno anche l'impatto sull'umanità di un simile evento, che rischia di stravolgere completamente la comprensione della vita, le religioni e i pilastri delle nostre società.

Secondo alcuni esperti, compreso il compianto astrofisico Stephen Hawking, rilevare la posizione della Terra agli alieni – ad esempio attraverso i messaggi cifrati inviati nello spazio – è considerata una scelta tutt'altro che saggia, dato che chi è in ascolto potrebbe avere intenzioni poco pacifiche. Pertanto l'analisi e l'interpretazione linguistica di un eventuale segnale alieno dovrebbero essere condotte con la massima attenzione da parte degli esperti coinvolti nel progetto SETI, al fine di gestire una possibile risposta.

“La fantascienza è piena di valutazioni dell'impatto sulla società umana a seguito della scoperta e persino degli incontri con la vita o intelligenza altrove. Ma dobbiamo andare oltre il pensare all'impatto sull'umanità. Abbiamo bisogno di coordinare le nostre conoscenze specialistiche non solo per valutare le prove, ma anche per considerare la risposta sociale umana, man mano che la nostra comprensione progredisce e ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo viene comunicato. E il momento per farlo è adesso”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor John Elliott, ricercatore presso la School of Computer Science dell'ateneo scozzese e coordinatore del SETI Post-Detection Hub. “Riceveremo mai un messaggio da ET? Non lo sappiamo. Inoltre non sappiamo quando questo accadrà – ha specificato lo scienziato – , ma sappiamo che non possiamo permetterci di essere impreparati – scientificamente, socialmente e politicamente senza una guida -, per un evento che potrebbe trasformarsi in realtà già domani e che non possiamo permetterci di gestire male”. Il nuovo Hub si occuperà dunque di mettere a punto una vera e propria linea guida che spazierà dalla ricerca all'interpretazione dei segnali alieni, fino alla potenziale risposta da dare ai nostri “vicini”.

Secondo un recente studio dell'Università di Nottingham solo nella nostra galassia – la Via Lattea – ci sarebbero almeno 36 civiltà aliene, un calcolo ottenuto attraverso una versione modificata della celebre equazione di Drake. Ovviamente si tratta di un'ipotesi, ma nel caso in cui queste civiltà esistessero davvero, prima o poi potrebbe avvenire lo storico contatto. Ad oggi, secondo un'altra ricerca del Blue Marble Space Institute of Science di Seattle e della American University di Washington, questo contatto non sarebbe avvenuto non solo per la nostra arretratezza tecnologica, ma anche perché gli alieni non avrebbero interesse a visitare il Sistema solare. Ciò che è certo è che non si può assolutamente escludere l'esistenza di alieni intelligenti, dunque farsi trovare pronti è sicuramente l'approccio migliore per gestire un evento di portata rivoluzionaria per l'intera umanità.

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