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Terremoto in Marocco nella regione di Marrakech

Qual è la causa del terremoto in Marocco e quali sono i rischi per l’Italia

Il devastante terremoto di magnitudo 6.8 che ha colpito il Marocco l’8 settembre 2023 è stato innescato dalla rottura di una faglia trascorrente sotto la catena montuosa dell’Alto Atlante. Cosa è accaduto e quali sono i rischi per l’Italia.
A cura di Andrea Centini
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Epicentro del terremoto in Marocco. Credit: USGS
Epicentro del terremoto in Marocco. Credit: USGS
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Alle 22:11 ora locale di venerdì 8 settembre 2023 (00:11 ora italiana di sabato 9) il Marocco è stato colpito da un devastante terremoto di magnitudo 6.8 con epicentro nei pressi di Oukaimden, un comune rurale nella provincia di Al Haouz. La durata della scossa principale è stata di una trentina di secondi. Il sisma, verificatosi a circa 70 chilometri a sud-ovest da Marrakesh, secondo i dati dell'Istituto Geologico degli Stati Uniti (USGS) è avvenuto a una profondità di 18,5 chilometri, con un margine di errore di + / – 3,5 chilometri. L'agenzia sismica del Marocco ha indicato un ipocentro di 8 chilometri, mentre il Centro Sismologico Europeo di 10 chilometri. L'impatto sulle infrastrutture è stato catastrofico e, nel momento in cui stiamo scrivendo, ha provocato almeno 600 morti. Il drammatico bilancio continua a essere aggiornato ora dopo ora. In base alla scala del rischio dell'istituto statunitense, il sisma ha il 34 percento di probabilità di provocare fino a 1.000 vittime e il 29 percento di arrivare a 10.000. Si stimano anche danni enormi – per miliardi di dollari, con una probabilità del 34 percento – con perdite economiche dello 0-2 percento del PIL del Marocco. È un disastro naturale che ha già innescato la macchina degli aiuti internazionali, per provare a salvare quante più persone possibili da sotto le macerie. Ecco cosa ha provocato il sisma e quali sono i potenziali rischi per l'Italia.

La faglia coinvolta nel sisma del Marocco

Il terremoto del Marocco si è verificato nel cuore della Placca Africana, a circa 550 chilometri dal punto di contatto con quella Euroasiatica. La rottura della faglia è avvenuta sotto l'Alto Atlante (o Grande Atlante) marocchino, una grande catena montuosa nella quale spicca la montagna Jbel Toubkal, che sfiora i 4.200 metri sul livello del mare. Sotto questo complesso del Nord Africa si trovano molteplici faglie trascorrenti e di sovrascorrimento: le prime sono fratture della crosta terrestre caratterizzate da un piano di faglia verticale, in cui lo spostamento dei blocchi rocciosi avviene orizzontalmente (in modo parallelo o opposto) sotto la spinta delle forze tettoniche; le seconde sono invece legate a forze di compressione, che spingono le rocce a passare le une sulle altre. Secondo l'USGS, i dati raccolti fino ad ora suggeriscono la rottura di una profonda faglia obliqua-inversa (trascorrente) in direzione nord-ovest o di una faglia obliqua-inversa superficiale con direzione a est.

Terremoti violenti "rari ma non inattesi"

Il Marocco, e in particolar modo la parte settentrionale del Paese, è considerata a elevato rischio sismico soprattutto a causa della presenza di grandi faglie di sovrascorrimento, legate alle interazioni tra la Placca Africana e quella Euroasiatica. Nelle vicinanze è presente la faglia trasformata delle Azzorre-Gibilterra (AGFZ), responsabile di grandi terremoti e tsunami che hanno colpito violentemente la Penisola Iberica e il Nordafrica negli ultimi secoli. L'USGS indica che nell'area del terremoto la placca africana si muove di 24 millimetri ogni anno verso Ovest rispetto alla placca euroasiatica.

Sebbene quella colpita sia una zona con significativo rischio sismico, i geologi statunitensi spiegano che grandi terremoti con magnitudo paragonabili a quella del sisma di Oukaimden sono “rari ma non inaspettati”. In altri termini, è solo questione di quando, non di se. A partire dall'inizio del secolo scorso nella stessa regione si sono verificati alcuni terremoti di magnitudine superiore a 6 e complessivamente una decina con magnitudine 5 o superiore, entro un raggio di 500 chilometri dall'epicentro. Tra i più catastrofici della regione si segnalano quello del 2004 ad Al Hoceima (magnitudo 6,3, circa 630 morti) e quello di magnitudo 7,3 di El Asnam del 1980, responsabile della morte di 2.500 persone. Ricordiamo che la magnitudo è il valore numerico che esprime la potenza di un sisma ed è su scala logaritmica: per ogni punto di magnitudo in più l'energia sprigionata aumenta di 30 volte (per fare un esempio, un terremoto di magnitudo 3 è circa mille volte più violento di uno di magnitudo 1).

I rischi per l'Italia

Il terremoto del Marocco è stato talmente violento che, in base ai dati del Centro Sismologico Europeo, è stato avvertito nella Penisola Iberica (Portogallo, Spagna, Gibilterra) e in diversi Paesi africani, tra i quali Algeria, Mauritania e in generale lungo lo Stretto di Gibilterra. L'Italia non è stata coinvolta in alcun modo per via della significativa distanza dal Paese nordafricano. Tuttavia ciò non significa che l'evento non possa avere potenziali ripercussioni future, visto il coinvolgimento dell'area mediterranea e la connessione tra la placca euroasiatica e quella africana. Alcuni studi hanno infatti evidenziato una possibile correlazione tra i terremoti in Marocco e quelli successivi in Italia, verificatisi a mesi o anni di distanza dai primi. Lo stress indotto alla crosta terrestre da questi eventi potrebbe infatti serpeggiare lungo l'area mediterranea e favorire la rottura di faglie anche nel nostro Paese. Si tratta comunque solo di ipotesi e al momento non c'è assolutamente alcun rischio specifico legato al sisma dell'8 settembre. A confermarlo a Fanpage.it il sismologo dell'INGV Carlo Meletti: "Non ci saranno conseguenze da noi, che peraltro abbiamo già i nostri terremoti a cui pensare. Anche noi siamo nella fascia ‘schiacciata' tra l'Africa e l'Europa, ma un terremoto così forte come quello in Marocco può provocare un effetto a catena solo nel giro di qualche decina di chilometri". L'esperto ha sottolineato che l'"effetto domino" è limitato a distanze brevi.

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