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Perché nei paesi si vedono spesso bottiglie d’acqua poggiate davanti alle case: la ragione è assurda

Se vi è capitato di vedere bottiglie d’acqua appoggiate a un muro e vi siete chiesti il perché, state per scoprirlo. Così come state per scoprire che siete stati innanzi al risultato di una delle bufale più diffuse e durature al mondo.
A cura di Andrea Centini
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Praticamente a tutti, passeggiando tra le stradine di un paese (e non solo), è capitato di imbattersi in serie di bottiglie d'acqua delicatamente poggiate lungo i muri delle case. Talvolta sono adagiate in obliquo davanti a porte, finestre e vetrine, mezze piene o praticamente colme fino all'orlo. È un avvistamento curioso, al quale molto spesso non si fa nemmeno caso. Eppure tutto questo ha un significato molto preciso, per chi posiziona le bottiglie. Se provate a domandarglielo, la risposta potrebbe sorprendervi: “Stanno lì per evitare che i gatti facciano la pipì”. Ok, senza fare troppi giri di parole, questa strategia funziona e ha qualche fondamento scientifico? Assolutamente no. Si tratta infatti di una leggenda metropolitana sorta più di 40 anni fa, una bufala “preistorica” – se consideriamo il tempo dei social – che si è diffusa in modo così capillare che oggi è possibile vedere queste bottiglie praticamente in tutto il mondo. E non solo nei paesini, dove a volte le leggende metropolitane attecchiscono meglio (come quella dei pipistrelli che si attaccano ai capelli), ma anche nelle grandi città.

A spiegare l'origine della bufala il dottor Andrea Bonifazi, ecologo marino, divulgatore scientifico, scrittore e fondatore della pagina “Scienze Naturali” sui social network, in particolar modo Facebook e Instagram, dove ha un seguito significativo. In uno dei suoi ultimi post ha spiegato che la leggenda metropolitana si basa sul fatto che i gatti, secondo chi posiziona le bottiglie, verrebbero infastiditi dai giochi di luce che si creano per la rifrazione della radiazione solare; per altri sarebbe invece l'atavico timore per l'acqua dei piccoli felini a tener lontana la loro maleodorante pipì da porte e pareti. Del resto, chi ha incautamente provato a fare il bagnetto al proprio gatto sa bene quale sia l'odio per il liquido trasparente. Ma un conto è immergersi nell'acqua, un altro è vedere “batterie” di bottiglie mezze piene o riempite – alcuni credono che funzioni meglio l'una o l'altra soluzione – poggiate su un muro.

Il dottor Bonifazi sottolinea che la bufala ha un'origine nota risalente al 1980, quando un giardiniere della Nuova Zelanda chiamato Eion Alexander Scarrow iniziò a diffondere la notizia che i gatti (e pure i cani) avrebbero fatto la pipì “nei punti in cui si faceva rotolare una bottiglia piena di acqua”. Il ricercatore ha aggiunto che fu lo stesso Eion a dichiarare tempo dopo che si era trattato di un pesce d'aprile, ma questa soluzione bizzarra fece talmente presa nella mente della gente che si diffuse molto rapidamente anche al di fuori della sua città, e del suo Paese oceanico. “La fake news ante litteram si era diffusa a macchia di pip… ehm… d'olio, portando molta gente a crederci”, ha scherzato Bonifazi, evidenziando che in Giappone – dove adorano i gatti – la pratica ha attecchito a tal punto che le è stato assegnato un nome ad hoc, ovvero nekoyoke. Questa parola può essere tradotta in italiano come “repellente per gatti”, considerando che neko significa gatto e yoke barriera, repellente o comunque un qualcosa “che tiene a distanza”.

Nel suo post lo scienziato spiega che siamo chiaramente innanzi a una bufala “innocua e folkloristica” ma che tuttavia “evidenzia come sia facile diffondere una diceria”, con ripercussioni anche molto gravi. Fa riferimento a uno studio pubblicato su The Lancet dal dottor Andrew Wakefield nel 1998, nel quale veniva suggerito un legame tra il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) e l’autismo, o meglio, i disturbi dello spettro autistico. Si scoprì che non solo i dati erano carenti, ma anche manipolati ad hoc per interessi personali. Lo studio fu ritirato dall'autorevole rivista scientifica e Wakefield fu radiato dall'Ordine Professionale dei medici nel 2010. Ciò nonostante, ancora oggi, quanto sentiamo parlare di correlazione fra autismo e vaccini, senza uno straccio di evidenza scientifica?

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