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Ora sappiamo quali sono gli effetti del volo spaziale sul cervello degli astronauti

Lo ha scoperto un team di ricercatori internazionale studiando i cambiamenti strutturali che avvengono a livello della sostanza bianca, la materia cerebrale che consente lo scambio di informazioni e la comunicazione tra le diverse regioni di materia grigia.
A cura di Valeria Aiello
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Il volo spaziale ha il potenziale per alterare sia la forma sia la funzione di un cervello adulto. E poiché l’esplorazione spaziale sta raggiungendo nuovi orizzonti, è fondamentale comprendere i suoi effetti e la portata dei cambiamenti cerebrali nei cosmonauti che fanno ritorno sulla Terra. In questo contesto si inserisce il lavoro di un team internazionale di ricercatori che, nell’ambito di un progetto di collaborazione tra l’Agenzia spaziale europea (ESA) e la russa Roscosmos, ha verificato cosa accade al cervello durante un volo spaziale di lunga durata, analizzando in particolare i cambiamenti che si verificano a livello della sostanza bianca, la materia cerebrale che consente lo scambio di informazioni e la comunicazione tra le diverse regioni di materia grigia.

Per lo studio, i ricercatori hanno sfruttato una tecnica di imaging cerebrale, chiamata trattografia delle fibre, rilevando prove del cosiddetto “cervello appreso”, ovvero un livello di neuroplasticità al quale il cervello si è adattato durante il volo spaziale, consentendo ad esempio di apprendere nuove abilità, creare nuovi ricordi e molto altro ancora. “Abbiamo riscontrato cambiamenti nelle connessioni neurali tra diverse aree motorie del cervello – ha affermato il primo autore dello studio, il dottor Andrei Doroshin della Drexel University di Philadelphia – . Le aree motorie sono centri cerebrali in cui vengono avviati i comandi per i movimenti. In assenza di gravità, un astronauta ha bisogno di adattare drasticamente le sue strategie di movimento, rispetto alla Terra. Il nostro studio mostra che il loro cervello si è ricablato, per così dire”.

Le trattografie, condotte dopo missioni di lunga durata (media 172 giorni) in 12 cosmonauti prima e dopo il volo spaziale, hanno evidenziato che tali cambiamenti di connettività strutturale restano visibili a distanza di sette mesi. “Queste aree motorie mostrano segni di adattamento dopo il volo spaziale, ma ora abbiamo una prima indicazione del fatto che questo cambiamento si riflette anche a livello di connessioni tra le  regioni cerebrali – ha aggiunto il dottor Floris Wuyts dell’Università di Anversa, in Belgio, a capo del team di ricerca – . Inizialmente pensavamo di aver rilevato cambiamenti nel corpo calloso, che è l’autostrada centrale che collega entrambi gli emisferi del cervello, ma laddove inizialmente si pensava che ci fossero dei veri cambiamenti strutturali nel cervello, osserviamo solo cambiamenti di forma. Questo pone i risultati in una prospettiva diversa”.

Lo studio illustra la necessità di comprendere come il volo spaziale influenzi il nostro organismo, in particolare attraverso la ricerca sugli effetti a lungo termine sul cervello umano. Attualmente esistono contromisure per la perdita di massa muscolare e ossea, come l’esercizio fisico per un minimo di due ore al giorno, e la ricerca futura potrebbe fornire la prova che simili contromisure siano necessarie anche per il cervello.

Questi risultati ci danno ulteriori pezzi dell’intero puzzle, ma dal momento che questa ricerca è così pionieristica, non sappiamo ancora cosa apparirà – ha precisato Wuyts – . Certamente alla nostra comprensione generale di cosa accada nel cervello dei viaggiatori spaziali, per cui è fondamentale mantenere questa linea di ricerca, cercando i cambiamenti cerebrali indotti dai voli spaziali da diverse prospettive e utilizzando tecniche diverse”.

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