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Ora sappiamo perché le rane della zona di esclusione di Chernobyl sono più scure

Sarebbero sopravvissute meglio alle radiazioni rilasciate nell’incidente nucleare del 1986, riproducendosi con maggior successo e diventando la specie dominante.
A cura di Valeria Aiello
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Differenza di colore della rana orientale di San Antonio (Hyla orientalis). A sinistra, un esemplare di Chernobyl, catturato all'interno della zona ad alta contaminazione; a destra, un esemplare catturato fuori dalla zona di esclusione / Credit: Germán Orizaola, Pablo Burraco
Differenza di colore della rana orientale di San Antonio (Hyla orientalis). A sinistra, un esemplare di Chernobyl, catturato all'interno della zona ad alta contaminazione; a destra, un esemplare catturato fuori dalla zona di esclusione / Credit: Germán Orizaola, Pablo Burraco

Le rane che vivono all’interno nella zona di esclusione di Chernobyl sono molto più scure di quelle che si trovano al di fuori dei territori a più alta contaminazione radioattiva. Alcune, in particolare, sono nere come la pece. Questa loro colorazione, tuttavia, non è direttamente correlata alle radiazioni che le rane sperimentano oggi ma sarebbe dovuta al ruolo protettivo esercitato dalla melanina, un pigmento responsabile del colore scuro di molte specie, che avrebbe reso meno probabili i danni cellulari dovuti alle radiazioni rilasciate nell’incidente del 1986, aumentando le possibilità di sopravvivenza di quegli esemplari con più alti livelli di questo pigmento.

Lo suggeriscono i risultati di uno studio condotto dagli spagnoli Pablo Burraco, ricercatore post-dottorato della Stazione biologica di Doñana (CSIC), a Siviglia, e dal professor Germán Orizaola del Dipartimento di Biologia degli Organismi e dei Sistemi dell’Università di Oviedo, che hanno esaminato nel dettaglio la colorazione di una particolare specie di rana, la raganella orientale di Sant’Antonio (Hyla orientalis), che si trova in diverse aree dell’Ucraina settentrionale.

Tra il 2017 e il 2019 abbiamo analizzato la colorazione di più di 200 maschi di raganelle orientali catturati in 12 diversi stagni di riproduzione – hanno spiegato gli studiosi su The Conversation – . Queste località erano distribuite lungo un ampio gradiente di contaminazione radioattiva, comprendendo alcune delle aree più radioattive del pianeta, ma anche quattro siti al di fuori della zona di esclusione di Chernobyl e con livelli di radiazione di fondo usati come controllo”.

Il loro lavoro, pubblicato sulla rivista scientifica Evolutionary Applications, ha rivelato che il colore più scuro delle raganelle di Chernobyl potrebbe essere legato a un processo di rapida evoluzione in risposta alle radiazioni. “In questo scenario – hanno precisato gli studiosi – le rane con colorazione più scura al momento dell’incidente, che normalmente rappresentano una minoranza nelle loro popolazioni, sarebbero state favorite dall'azione protettiva della melanina”.

In altre parole, le rane più scure, quindi con più melanina, sarebbero sopravvissute meglio alle radiazioni e si sarebbero riprodotte con maggiore successo.

Ciò che è meno noto della melanina è che questa classe di pigmenti può anche ridurre gli effetti negativi delle radiazioni ultraviolette. E il suo ruolo protettivo può estendersi anche alle radiazioni ionizzanti, come è stato dimostrato con i funghi. La melanina assorbe e dissipa parte dell’energia della radiazione. Inoltre, può spazzare via e neutralizzare le molecole ionizzate all’interno della cellula, come le specie reattive dell’ossigeno . Queste azioni rendono meno probabile che gli individui esposti alle radiazioni subiscano danni cellulari e aumentino le loro possibilità di sopravvivenza”.

Dall’incidente di Chernobyl del 1986, hanno sottolineato gli studiosi, sono nate più di dieci generazioni di rane e “un classico, sebbene molto veloce, processo di selezione naturale potrebbe spiegare perché queste rane più scure sono ora il tipo dominante all’interno della zona di esclusione”.

Lo studio delle rane nere di Chernobyl costituisce un primo passo per comprendere meglio il ruolo protettivo della melanina negli ambienti interessati dalla contaminazione radioattiva. Inoltre, apre le porte a promettenti applicazioni in diversi campi come la gestione delle scorie nucleari e l’esplorazione spaziale.

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