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Ora sappiamo perché i postumi di una sbornia non sono uguali per tutti

Meccanismi biologici e fattori psicologici possono influenzare la nostra reazione, oltre a influire sul tempo che serve per riprendersi dai disturbi associati al consumo di una dose eccessiva di alcol.
A cura di Valeria Aiello
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Dopo una bella serata, svegliarsi con i postumi di una sbornia, noti anche come sintomi di una sbronza o di un’ubriacatura, è per molti versi spiacevole, per i tanti disagi che possono insorgere dopo aver esagerato con l’alcol. Mal di testa, nausea, debolezza e mal di stomaco sono tra le sequele più comuni, anche se non tutti le sperimentano allo stesso modo: alcune persone potrebbero stare peggio, altre meglio, e altre ancora (se fortunate) potrebbero addirittura non avvertire alcuna conseguenza negativa. Questa diversa reazione, chiamata variabilità soggettiva a una sbornia, è oggetto di diversi studi, che stimano che circa il 5% delle persone non possa non avvertire i classici postumi di una bevuta, evidenziando come questa differenza non sia legata soltanto alla quantità di alcol ingerita, ma comprenda una serie meccanismi biologici e psicologici in grado di influire su ciò che sperimentiamo.

Meccanismi biologici e postumi di una sbornia

Il modo e il tempo che impieghiamo per riprenderci da una sbornia varia in base a diversi fattori biologici, che includono la predisposizione genetica, l’età, il sesso, nonché la contemporanea assunzione di cibo, farmaci o droghe. Alcune ricerche suggeriscono che le persone con una variante del gene ALDH2 possono sperimentare postumi più gravi, perché tale variante limita la scomposizione dell’acetaldeide (che si forma dall’iniziale ossidazione dell’alcol etilico nel fegato ad opera dell’enzima alcol deidrogenasi), portando a un maggior accumulo di questa sostanza, responsabile di molti dei malesseri post-sbornia.

Altri studi mostrano invece che la gravità della sbornia diminuisce con l’età e varia in base al sesso, anche a parità di alcol consumato, e che i bevitori più giovani (dai 18 ai 25 anni) possono sperimentare sintomi più gravi delle giovani bevitrici. Tuttavia, al momento, non è noto il motivo di queste differenze.

In generale, una persona normopeso smaltisce circa 6 grammi di alcol ogni ora, per cui considerando che una lattina di birra da 330 ml, un bicchiere di vino da 125 ml o un bicchierino di liquore da 40 ml contiene circa 12 grammi, l’organismo impiega circa 2 ore per eliminarlo. Pertanto, per smaltire mezzo litro di vino o quattro bicchierini di liquore, serviranno all’incirca 8 ore.

Fattori psicologici che influiscono sul post- sbornia

Anche alcuni tratti psicologici possono essere collegati ai sintomi che sperimentiamo dopo un’ubriacatura, come l’ansia, la depressione, i livelli di stress e persino la personalità. L’estroversione, ad esempio, che è un tratto della personalità solitamente caratterizzato dall’essere socievoli e associato a comportamenti di binge drinking negli studenti universitari, non sembra però essere collegato a postumi di una sbornia peggiori, nonostante l’evidenza per cui un consumo eccessivo di alcol più frequente sia collegato a esperienze di sbornia più gravi.

Anche l’ansia, la depressione e lo stress sono collegati a postumi più gravi. “Ciascuno di questi stati d’animo –  spiega in un articolo su The Conversation il professor Craig Gunn , docente di Scienze Psicologiche dell’Università di Bristol e primo autore di un recente studio sugli effetti della sbornia alcolica sulla regolazione delle emozioni – è associato a un ‘pregiudizio negativo’, ovvero a una tendenza a interpretare il mondo in modo più negativo. I nostri risultati mostrano inoltre che i postumi di una sbornia tendono a indurre le persone a interpretare il mondo in modo più negativo. Di conseguenza, i postumi di una sbornia possono esacerbare tale pregiudizio negativo, portando alcune persone a sentirsi peggio di altre”.

È dunque possibile che il modo in cui affrontiamo le situazioni avverse possa essere alla base della variazione della diverse esperienze dopo una sbornia. “La ricerca mostra che le persone con punteggi elevati di catastrofizzazione del dolore (la tendenza ad enfatizzare l’esperienza negativa del dolore, ndr) riportano postumi di una sbornia più gravi, suggerendo che si stanno concentrando sui loro sintomi negativi e forse li amplificano – ha aggiunto il professor Gunn – . Altri studi hanno anche dimostrato che le persone che tendono ad affrontare i propri problemi ignorandoli o negandoli tendono a sperimentare postumi di una sbornia peggiori”.

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