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Nuova terapia anticancro ispirata ai gechi: come funziona e perché è efficace contro i tumori (nei test)

Un team di ricerca internazionale ha sviluppato un nuovo trattamento sperimentale contro i tumori ispirato ai gechi. Come agisce e cosa c’entrano i rettili col cancro.
A cura di Andrea Centini
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Una terapia anti cancro sperimentale potrebbe migliorare sensibilmente il trattamento di diversi tumori difficili da colpire, come quelli della vescica e della testa e del collo. A renderla particolarmente innovativa vi è il fatto che gli scienziati, per metterla a punto, si sono ispirati niente meno che alle straordinarie capacità motorie dei gechi, in grado di camminare sulle superfici lisce verticali e persino sui soffitti.

Il “superpotere” di questi rettili è legato alle minuscole setae (setole) che riscoprono le lamelle adesive site sulle loro dita; ve ne sono centinaia di migliaia e, in sinergia con le spatulae – doppie punte ancora più piccole -, permettono ai gechi di aderire saldamente, come avessero una sorta di adesivo biologico. La ragione risiede nelle forze di Van der Waals, le interazioni tra le microstrutture e le particelle delle superfici che generano attrazione. Essa è debolissima per ciascuna seta/spatula, tuttavia, quando viene moltiplicata per un numero enorme di volte, permette al geco di sostenersi. Basta comunque un minimo movimento per rompere l'interazione e permettere all'animale di spostarsi.

Ora, come fa una terapia anticancro a ispirarsi alle formidabili dita adesive dei gechi? In parole molto semplici, i ricercatori hanno creato delle minuscole sferule chiamate “particelle dendritiche morbide” ricoperte da minuscoli “peletti”, per garantire un'adesione biologica simile a quella dei gechi. Lo scopo è la realizzazione di un trattamento antitumorale in grado di aderire efficacemente sulle masse di cellule malate, dove le sopracitate particelle possono rilasciare costantemente il farmaco anticancro laddove serve, gradualmente senza “mollare la presa”. Ci sono molti tumori difficili da trattare e raggiungere, anche a causa del microambiente, ma con un meccanismo di questo tipo potrebbe essere possibile fornire la terapia in modo molto più mirato e duraturo, senza perdite. L'esempio citato è proprio quello del cancro alla vescica, caratterizzato da un ambiente scivoloso in cui è difficile far funzionare i farmaci, anche per via del fatto che vengono eliminati con le urine più volte al giorno. L'idea dei ricercatori, pertanto, è quella di creare una sorta di gel a base di queste particelle da applicare direttamente sulla neoplasia.

A sviluppare le particelle dendritiche morbide per l'innovativa terapia antitumorale è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Dipartimento di Chimica e Ingegneria Biologica dell'Università del Colorado di Boulder, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Divisione di Oncologia Medica e della Scuola di Ingegneria Chimica presso l'Università Nazionale Chonnan (Corea del Sud). I ricercatori, coordinati dal professor Wyatt Shields, per mettere a punto le minuscole particelle “pelose” si sono rivolti a un materiale ben noto in campo biomedico: il PLGA, acronimo di acido polilattico-co-glicolico. È biodegradabile, biocompatibile e può essere adattato per molteplici trattamenti medici, dai vaccini a DNA e RNA fino ai tessuti artificiali, passando appunto per nanoparticelle in grado di rilasciare gradualmente i farmaci in esse contenuti.

“Prevediamo che questa tecnologia ispirata ai gechi possa ridurre la frequenza dei trattamenti clinici, consentendo potenzialmente ai pazienti di ricevere meno terapie ma di maggiore durata”, ha spiegato in un comunicato stampa il coautore dello studio Jin Gyun Lee. “La natura fa questo da milioni di anni e offre indizi per sviluppare biomateriali migliori”, gli ha fatto eco il professor Shields. Le minuscole nanoparticelle in PLGA ottenute in laboratorio sono state caricate con farmaci antitumorali e testate sia su cellule cancerose coltivate in vitro che su modelli murini (topi) affetti da patologie oncologiche, in particolar modo cancro alla vescica; gli scienziati hanno osservato che restavano saldamente ancorate al cancro per giorni, innescando una reazione immunitaria positiva grazie al rilascio dei farmaci.

Ci vorrà del tempo prima di poterle testate in ambito clinico (sperimentazione sull'uomo), ma queste particelle hanno tutte le potenzialità per rivoluzionare il trattamento di determinate patologie oncologiche. I dettagli della ricerca "Soft Extrudable Dendritic Particles with Nanostructured Tendrils for Local Adhesion and Drug Release to Bladder Cancers" sono stati pubblicati su Advanced Materials.

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