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No, il mosasauro di Jurassic World non era un dinosauro marino: gli errori nel film “La rinascita”

Nel nuovo capitolo della saga di Jurassic Park dedicata ai dinosauri ci sono diversi errori scientifici e paleontologici. Ecco l’elenco dei più significativi emersi dalla visione del film.
A cura di Andrea Centini
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Una rappresentazione del mosasauro
Una rappresentazione del mosasauro

In questi giorni, nei cinema di mezzo mondo viene trasmesso il nuovo capitolo della celebre saga cinematografica Jurassic Park a base di dinosauri, iniziata nel 1993 con il blockbuster di Steven Spielberg, ispirato all'omonimo romanzo di Michael Crichton. Siamo arrivati al settimo film, probabilmente l'inizio di una nuova trilogia successiva a quella di Jurassic World, anche se questo capitolo può essere considerato un seguito diretto de "Il dominio", pur presentando storie e protagonisti completamente nuovi. Del resto, la pellicola di Gareth Edwards si intitola Jurassic World – La rinascita (Jurassic World Rebirth), in evidente continuità con il capitolo precedente, nonostante il netto taglio al plot narrativo.

In questo articolo, però, non parleremo di sceneggiatura, dialoghi e altri elementi che hanno fatto storcere il naso ai fan della saga, ma ci concentreremo sui molteplici errori paleontologici e scientifici che abbiamo notato durante la visione del film, alcuni dei quali sono stati evidenziati anche dal paleontologo e geologo Thomas Holtz dell'Università del Maryland, in un articolo pubblicato su Maryland Today.

Sin dal suo clamoroso esordio più di trent’anni fa, la saga ha fatto discutere esperti e appassionati per scelte discutibili dal punto di vista scientifico: un sacrificio evidente sull'altare dello spettacolo. L'errore più noto riguarda i velociraptor, che nella realtà erano grandi più o meno come un tacchino, come ci raccontano i fossili. Le meravigliose e letali creature rappresentate in tutti i film (occhio agli spoiler che seguiranno) sono in realtà altri dinosauri teropodi, i Deinonychus, il cui nome però non era ritenuto abbastanza spaventoso per il pubblico cinematografico. Così si è scelto di unire il nome dei “tacchini preistorici” all’aspetto di predatori più grandi, per un risultato più spettacolare.

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Ma torniamo a Jurassic World – La rinascita. Uno dei primi errori che abbiamo notato è la rappresentazione del gigantesco sauropode morente sdraiato sulle strade di New York. Se l’orecchio non ci ha ingannato, nel film si parla di brachiosauro, ma ciò che vediamo sullo schermo assomiglia molto di più a un apatosauro o a un brontosauro (la classificazione delle due specie è molto controversa: potrebbero essere un’unica specie). Quel che è certo è che, dalle ricostruzioni fossili, questi animali presentano caratteristiche morfologiche molto diverse dal brachiosauro. Quest’ultimo è infatti riconoscibile per le zampe posteriori più corte rispetto a quelle anteriori, una postura verticale (simile a una giraffa), coda corta e altri elementi distintivi, non visibili nel povero sauropode mostrato nella Grande Mela.

Dinosauri non dinosauri

Gli errori scientifici più evidenti del film, però, emergono quando il dirigente Martin Krebs (Rupert Friend) del colosso farmaceutico ParkerGenix prova a ingaggiare la mercenaria Zora Bennett (Scarlett Johansson) e il paleontologo Henry Loomis (Jonathan Bailey), con l'obiettivo prelevare il DNA dei “tre più grandi dinosauri” rimasti sulla Terra: uno terrestre, uno marino e uno alato, rispettivamente titanosauro, mosasauro e quetzalcoatlus. Di questi, solo il primo fa parte dei veri dinosauri, un clade di rettili tutto fuorché estinto, dato che ancora oggi è fra noi.

Il piccolo scheletro di un vero velociraptor. Credit: Andrea Centini
Il piccolo scheletro di un vero velociraptor. Credit: Andrea Centini

Gli uccelli, infatti, sono dinosauri a tutti gli effetti, essendo discendenti diretti di saurischi teropodi come lo erano i famosi velociraptor e il tirannosauro (Tyrannosaurus rex). Ci sono dettagli anatomici comuni nei membri del vasto gruppo di rettili estinti e moderni noto come "dinosauri", ad esempio la fossa supratemporale, una depressione sopra la finestra supratemporale nel cranio. Essi sono presenti anche negli uccelli, pertanto si può affermare con certezza che 66 milioni di anni fa, alla fine del Cretaceo, con la caduta dell'asteroide dell'evento di Chicxulub non si estinsero tutti i dinosauri, ma solo quelli non aviani.

Il mosasauro, come indicato, non fa parte di questo gruppo e dunque non è un dinosauro marino, bensì una grande "lucertola marina"; non a caso appartiene all’ordine degli squamati, lo stesso che oggi include circa 10.000 specie fra lucertole, serpenti e anfisbene. Visse nel Cretaceo, ma, lo ribadiamo, non era affatto un dinosauro. Lo stesso discorso vale per il quetzalcoatlus, un gigantesco pterosauro con apertura alare fino a 16 metri — più grande di un F-16! — anch’esso vissuto nel Cretaceo. Gli pterosauri, tra cui il famoso pterodattilo, formano un ordine a sé stante di rettili volanti ed estinti; dal punto di vista filogenetico anch'essi non sono dinosauri. Insomma, affermare che il team ingaggiato da ParkerGenix doveva prelevare il DNA di tre dinosauri è scientificamente errato.

DNA inutile

Proprio la questione del DNA ha attirato l’attenzione del professor Holtz. Nell'articolo su Maryland Today ha infatti sottolineato che non si tratta di un “elisir magico” con cui creare farmaci. Nel film, l’obiettivo della casa farmaceutica è ottenere il DNA dei “lucertoloni” per realizzare un farmaco contro le malattie cardiovascolari, principale causa di morte nei Paesi occidentali. “Il DNA è solo una sequenza di dati. Rubare queste informazioni non dovrebbe richiedere una squadra di commando, ma un hacker e una chiavetta USB per copiare un file .txt. Certo, sarebbe molto meno entusiasmante”, ha ironizzato il paleontologo nell'articolo.

Un'altra motivazione assurda nel film è la scelta degli animali più grandi, perché avevano un cuore più forte e fibre muscolari più robuste, da cui ricavare farmaci migliori. Peccato che l’animale più grande mai vissuto sulla Terra sia la balenottera azzurra, che ha anche il cuore più massiccio (quasi 200 kg). Non sarebbe stato più sensato, per quanto comunque inutile ai fini farmacologici, prelevare sangue dal maestoso cetaceo invece che avventurarsi su un’isola mortale infestata da creature preistoriche mutanti?

Dimensioni senza senso

Torniamo al mosasauro, protagonista di una delle sequenze migliori dal punto di vista del puro spettacolo. Nel film viene presentato con una lunghezza di circa 15 metri, che corrisponde più o meno ai dati fossili; ciò nonostante, nelle sequenza appare come un colosso di almeno 40 metri. Basta confrontarlo con l’imbarcazione dei protagonisti, lunga almeno una ventina di metri: il rettile marino, fianco a fianco con la nave, risulta decisamente più grande di una balenottera azzurra, una specie che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e osservare alle Azzorre con i nostri occhi, compresi esemplari di 27-28 metri (quelli oltre i 30 sono stati purtroppo sterminati dalla baleneria).

Balenottera azzurra. Credit: Andrea Centini
Balenottera azzurra. Credit: Andrea Centini

Code sbagliate e nidi da merlo

Anche i titanosauri sono rappresentati in modo scorretto, con code lunghissime e a frusta. Secondo i fossili, questi dinosauri avevano code corte, simili a quelle del brachiosauro. Inoltre, decine di questi bestioni — lunghi e alti decine di metri — riescono a nascondersi agli occhi dei protagonisti in una vegetazione alta al massimo 1,80 metri; il solo respiro di creature simili, in una valle silenziosa, si percepirebbe probabilmente a centinaia di metri. E poi ce n’erano davvero troppi. La “piccola isola equatoriale” citata nel film non avrebbe mai potuto sostenere una simile popolazione di erbivori mastodontici.

Anche il quetzalcoatlus presenta qualche incongruenza, in particolar modo il suo nido, costruito all’interno di quello che sembra un tempio Maya degno di una spedizione di Indiana Jones. Il nido è realizzato con sterpaglie e rami, come fosse quello di un merlo o di un passero gigante, ma secondo il professor Holtz “tutte le uova di Quetzalcoatlus trovate erano sepolte nella sabbia”. Inserirlo in un tempio maledetto, però, offre un effetto scenico certamente più suggestivo.

Messaggio (poco) virtuoso

Citiamo anche Dolores, il piccolo dinosauro che segue la famigliola in difficoltà al centro della pellicola. Il comportamento dell'animale è completamente irreale e poco coerente con quello di un rettile selvatico. Sembra un cagnolino, verosimilmente pensato per scopi di marketing, come accaduto con certe creature introdotte nei film recenti di Star Wars. Il messaggio ecologista è presente, ma contraddetto dal fatto che il piccolo dinosauro viene nutrito con caramelle e liquirizie e portato via dall’isola in cui era nato. Anche il suo aspetto è piuttosto curioso: secondo il professor Holtz potrebbe trattarsi di un Aquilops, ma spiega anche che non ci sono prove del corno sul suo muso. Dimenticabili infine i mutadon e Distortus rex, i mutanti “cattivi” presenti sull'isola, piuttosto brutti e privi di carisma. I sei arti funzionali del D. rex, un incrocio fra lo xenomorfo di Alien e un Rancor di Guerre Stellari, al netto delle mutazioni più improbabili avrebbero avuto senso solo sul pianeta Pandora di Avatar.

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