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Cambiamenti climatici

L’Italia ha tagliato le emissioni di CO2 del 29% in 13 anni: tra i primi in Europa, ma non basta

L’Italia è uno dei Paesi più virtuosi dell’Unione Europea nel taglio alle emissioni di CO2: – 28,7% tra il 2008 e il 2021. Nonostante i significativi passi avanti, emersi dal nuovo rapporto annuale dell’ISTAT, c’è ancora moltissimo da fare.
A cura di Andrea Centini
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L'Italia è uno dei Paesi dell'Unione Europea più virtuosi per quel che concerne la riduzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica), il principale gas a effetto serra legato alle attività umane e catalizzatore del cambiamento climatico. È uno dei dati più significativi emersi dal nuovo “Rapporto Annuale 2023. La situazione del Paese” dell'ISTAT presentato la mattina del 7 luglio a Palazzo Montecitorio dal presidente dell'istituto Francesco Maria Chelli. Il documento, che potete consultare integralmente cliccando sul seguente link, è suddiviso in quattro capitoli principali che abbracciano tematiche legate a demografia, economia, società e transizione ecologica. Il capitolo che ci interessa maggiormente in questa sede è proprio quello dedicato alle "conquiste" dell'Italia nella lotta al riscaldamento globale, particolarmente significative.

Come indicato dall'ISTAT le emissioni di gas a effetto serra sono diminuite sensibilmente in tutta Europa rispetto a 30 anni fa; nei 27 Paesi dell'Unione Europea il calo complessivo registrato è stato del 24 percento tra il 1990 e il 2019, anno precedente allo scoppio della pandemia di COVID-19. La diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 ha provocato un crollo significativo delle emissioni e in genere il 2020 non fa statistica: basti sapere che, in base al rapporto “Effetti del lockdown sulle emissioni di CO2 in Italia, prima analisi congiunturale” messo a punto dai ricercatori di Italy for Climate, le misure anti Covid hanno abbattuto le emissioni del 35 percento in soli 2 mesi all'inizio del 2020. Ciò ha comportato un inevitabile rimbalzo nel 2021 con la ripresa delle attività, con un aumento del 6,2 percento di emissioni di CO2 equivalente (una definizione che abbraccia tutti i gas con effetto climalterante, come ad esempio il metano, che ha un potere riscaldante molto superiore all'anidride carbonica pur persistendo meno in atmosfera). Complessivamente nel 2021 l'Italia ha immesso in atmosfera 416 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, con un incremento rispetto al 2020 del 6,4 percento per le attività produttive (responsabili di circa il 75 percento delle emissioni di gas climalteranti) e un aumento del 5,7 percento per le emissioni delle famiglie.

Nonostante questo balzo in avanti, si mantiene comunque un trend molto positivo nella riduzione delle emissioni dell'Italia negli ultimi anni. L'ISTAT indica che tra il 2008 e il 2021 è stata registrata una riduzione del 28,7 percento, un dato che rende il nostro Paese uno dei più virtuosi in tutta l'Unione Europea. Assieme a Germania, Romania e Francia, infatti, l'Italia è stata responsabile della riduzione netta del 66 percento delle emissioni dell'UE degli ultimi 30 anni. Secondo i dati dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) tra il 1990 e il 2019 la riduzione dell'Italia è stata esattamente del 19 percento, passando da 519 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 418 milioni di tonnellate. Come specificato dall'istituto, la riduzione, evidenziata in particolar modo dal 2008, "è conseguenza sia della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcuni settori produttivi, sia della crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e di un incremento dell’efficienza energetica. Per fare un parallelismo col dato italiano, EUROSTAT indica che tra il 1990 e il 2018 il Regno Unito (oggi fuori dall'Unione Europea a causa della Brexit) ha ridotto le proprie emissioni del 41 percento; seguito dalla Svezia (27 percento) e Francia (20 percento). La Spagna nello stesso arco di tempo ha ridotto le emissioni del 12 percento.

Anche se i principali benefici nella riduzione delle emissioni sono legati al settore industriale / produttivo, che come indicato è responsabile della stragrande maggioranza dei gas a effetto serra, un contributo da non sottovalutare riguarda anche i consumi delle famiglie italiane, sempre più sensibili al tema del cambiamento climatico. Secondo questa infografica dell'ISTAT sette italiani e italiane su dieci sono preoccupati per le conseguenze del riscaldamento globale, anche per questo motivo hanno hanno iniziato ad adottare soluzioni per il risparmio energetico e ad acquistare prodotti e servizi ecosostenibili. Tra le città più virtuose da questo specifico punto di vista figurano Padova, Firenze, Ferrara e Cagliari; "maglia nera" per Barletta, preceduta da Enna e Crotone. Le donne risultano essere più attente degli uomini nell'adottare comportamenti “amici dell'ambiente” (20,5 percento contro il 15,5 percento). I giovani si preoccupano più degli adulti: il 32,1 percento degli italiani tra i 14 e i 34 anni è preoccupato per le sorti della biodiversità, contro il 20,9 percento di chi ha più di 55 anni. Non c'è da stupirsi, dato che gli attivisti ambientalisti – come quelli dei Fridays for Future – sono nella stragrande maggioranza dei casi giovani e giovanissimi lungimiranti.

In Italia c'è un significativo interesse per le fonti rinnovabili, la cui diffusione è in costante crescita da oltre dieci anni. Tra il 2011 e il 2021 il fotovoltaico è passato dal 13 percento al 21,5 percento del totale dell'energia prodotta attraverso le fonti rinnovabili. In crescita anche l'eolico (dall'11,9 al 18 percento) e le bioenergie (dal 13,1 al 16,4 percento) nello stesso intervallo di tempo, anche se si registra una diminuzione dell'idroelettrico (- 16,2 percento) e del geotermico (- 1,7 percento). Positivo anche l'aumento delle aree verdi nelle aree urbane e periurbane, aumentate dello 0,6 percento per anno a partire dal 2011 (in città) e in generale dello 0,3 percento. La vegetazione, lo ricordiamo, assorbe la CO2 e permette di ridurre la calura che caratterizza le aree metropolitane nella stagione estiva. Il dato contrasta in parte con il problema del consumo e della degradazione del suolo che riguarda larga parte dello Stivale.

Nonostante i dati positivi, in Italia abbiamo un problema significativo con i trasporti pubblici, preziosi alleati nella lotta al cambiamento climatico. L'ISTAT segnala che l'insoddisfazione degli italiani per i mezzi pubblici è cresciuta al 33,5 percento, contro il 29,5 percento registrato nel 2010. Anche per questo motivo si ricorre spessissimo ai veicoli privati per raggiungere luoghi di lavoro e studio. In base ai dati ISTAT, nel 2021 in Italia circolavano 39,8 milioni di autovetture, pari a 673 ogni mille abitanti. Siamo al terzo posto nell'UE per numero di vetture per singolo cittadino, dietro a Polonia e Lussemburgo. Fortunatamente il parco auto circolante nel nostro Paese sta migliorando sensibilmente dal punto di vista della classe di emissioni; il punteggio che caratterizza questa misura è infatti sceso da 170 a 124 punti tra il 2015 e il 2021.

Nel complesso l'Italia sta facendo dei progressi significativi verso la transizione ecologica, tuttavia non è ancora abbastanza per raggiungere i virtuosi obiettivi dello “zero netto” previsto dal Green Deal dell'Unione Europea entro il 2050. Inoltre andrà valutato l'operato del nuovo governo sul tema; il fatto di aver assunto una posizione contraria alla Nature Restoration Law (la legge per la salvaguardia degli habitat europei) non fa ben sperare. Non va infine dimenticato che il cambiamento climatico è un problema globale; anche se i Paesi europei dovessero centrare tutti gli obiettivi previsti per il taglio alle emissioni e il passaggio alle fonti rinnovabili, se forti inquinatori come Stati Uniti, Cina, Russia, India e altri non faranno altrettanto non riusciremo a impedire le conseguenze più drammatiche e irreversibili della crisi climatica. Restano circa 10 anni al superamento di 1,5° C di riscaldamento rispetto all'epoca preindustriale, la soglia considerata critica dalla maggior parte degli esperti di clima.

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