Lavorare troppo altera la struttura del cervello: anomalie in regioni legate a emozioni e cognizione

Lavorare troppe ore a settimana altera in modo significativo la struttura del cervello, con un potenziale impatto sulla funzione cognitiva ed emotiva. È noto da tempo che il cosiddetto “superlavoro” influisce negativamente sulla salute fisica e mentale dei lavoratori, ciò nonostante gli effetti neurobiologici non sono ancora pienamente compresi. Si tratta di un campo della ricerca medica assai rilevante, tenendo presente che, secondo i dati dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), circa 800.000 persone perdono la vita ogni anno a causa del troppo tempo passato a lavorare. Non c'è da stupirsi, viste le conseguenze registrate in letteratura scientifica: stress cronico, disturbi del sonno, ansia, depressione, esaurimento nervoso, tachicardia, sistema immunitario deficitario e crollo della qualità delle relazioni interpersonali sono solo alcuni degli effetti riscontrati. Molti di essi sono associati a patologie gravi come quelle cardiovascolari, che rappresentano la principale causa di morte nei Paesi industrializzati, dove in diversi settori e società non solo viene sostenuto, ma è anche un qualcosa di cui "essere orgogliosi".
A determinare che lavorare troppe ore altera la struttura cerebrale legata alla cognizione e alle emozioni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati sudcoreani dell'Università Yonsei, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Medicina Preventiva dell'Università di Chung-Ange e del Dipartimento di Medicina della Convergenza dell'Università Nazionale di Pusan. I ricercatori, coordinati dal professor Wonpil Jang del Dipartimento di Ingegneria Biomedica presso l'ateneo coreano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto le scansioni cerebrali di operatori sanitari – principalmente medici – sottoposti a superlavoro con quelle di colleghi che lavoravano le ore standard. La categoria non è stata scelta a caso; tutti ricordiamo l'enorme sacrificio di medici, infermieri e altri professionisti dell'assistenza sanitaria durante la pandemia, che hanno affrontato turni di lavoro massacranti per anni e la perdita di molti colleghi a causa dell'esposizione alla Covid-19. Non c'è dunque da stupirsi che gli scienziati abbiano deciso di analizzare proprio il cervello di medici e infermieri.
Nello specifico, per osservare le differenze nella struttura struttura cerebrale, i ricercatori hanno sottoposto 32 partecipanti sottoposti a superlavoro (oltre 52 ore di lavoro settimanali) e 78 partecipanti con turni regolari a esami specifici come morfometria basata sui voxel (VBM) e Atlas-Based Analysis (ABA). Si tratta di indagini in grado di far emergere le differenze volumetriche nelle diverse regioni del cervello. È stato osservato che gli operatori sanitari sottoposti a superlavoro presentavano “un aumento del 19 percento del volume del giro frontale medio caudale sinistro” rispetto ai colleghi del gruppo di controllo. La VBM ha rilevato cambiamenti strutturali in 17 distinte regioni, tra le quali giro frontale medio, giro temporale superiore e insula. Sono tutte aree del cervello coinvolte nella cognizione e nella gestione delle emozioni, le cui anomalie possono avere un impatto fisico e sociale rilevante.
“L'aumento del volume cerebrale osservato negli individui sottoposti a sovraccarico di lavoro potrebbe riflettere risposte neuroadattive allo stress occupazionale cronico, sebbene i meccanismi esatti rimangano speculativi”, hanno spiegato Jang e colleghi in un comunicato stampa. “I cambiamenti osservati nel volume cerebrale potrebbero fornire una base biologica per le difficoltà cognitive ed emotive spesso segnalate negli individui sottoposti a sovraccarico di lavoro. Sono necessari futuri studi di neuroimaging longitudinali e multimodali per confermare questi risultati e chiarire i meccanismi sottostanti”, hanno chiosato gli scienziati sudcoreani.
Anche la natura osservazionale dello studio e il numero limitato di partecipanti evidenziano la necessità di studi più approfonditi sulla questione, ma è evidente che il superlavoro rappresenta un tema sanitario e sociale di estrema rilevanza e questi risultati gettano una luce sui potenziali effetti neurobiologici dello stesso. I ricercatori hanno anche osservato che gli operatori sanitari più sottoposti al superlavoro erano mediamente più giovani e più istruiti dei colleghi che seguivano turni standard. I dettagli della ricerca “Overwork and changes in brain structure: a pilot study” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Occupational and Environmental Medicine del circuito British Medical Journal (BMJ).