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La morte atroce di questo uccello preistorico è un enigma: l’assurda scoperta nella gola del fossile

In una formazione geologica della Cina i ricercatori hanno trovato il fossile di un piccolo uccello del Cretaceo morto in circostanze inquietanti e misteriose. Ecco cosa è stato trovato nel suo esofago.
A cura di Andrea Centini
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Il fossile dell’uccello preistorico. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica
Il fossile dell’uccello preistorico. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica

I fossili hanno molto da raccontare e spesso custodiscono macabri segreti, difficili da spiegare per gli esperti. È indubbiamente il caso di un uccello enantiornite della specie Chromeornis funkyi vissuto nel Cretaceo inferiore, circa 120 milioni di anni fa, il cui fossile è stato trovato con ben 800 pietre (avete letto bene) nell'esofago. Poiché l'animale è un rappresentante del sottoclade Longirostravinae, che è caratterizzato da piccole dimensioni – l'esemplare non superava quelle di un passero – , le pietre erano minuscole, ma ciò non toglie che erano tantissime. Secondo i paleontologi sono stati proprio questi sassolini a cagionare la morte dell'animale per soffocamento. Certamente non è stata una fine rapida e indolore.

A scoprire e descrivere questo misterioso caso di morte preistorica è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Field Museum of Natural History di Chicago, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il College di Scienze della Vita dell'Università Linyi (Cina), lo Shandong Tianyu Museum of Nature di Pingyi e l'Università di Scienze e della Tecnologia Shandong di Qindao. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Jingmai O'Connor, curatrice dei fossili presso il Negaunee Integrative Research Center del museo dell'Illinois, quando hanno analizzato il reperto – recuperato presso il ricchissimo sito fossilifero Jehol Lagerstätten nella Cina nordorientale – hanno inizialmente pensato che potessero essere dei gastroliti (o calcoli ventricolari), anche se dimensioni e posizione facevano destare più di qualche sospetto.

Il fossile dell’uccello preistorico. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica
Il fossile dell’uccello preistorico. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica

In parole semplici, i gastroliti sono sassolini e alti materiali duri che gli uccelli – e altri animali come i coccodrilli  – ingurgitano e accumulano nello stomaco muscolare (il ventriglio) che funziona come una macina. Gli uccelli, infatti, non hanno denti e non possono masticare ciò che mangiano; ci pensano appunto i gastroliti, che attraverso le contrazioni muscolari agiscono frantumando meccanicamente semi e altri alimenti duri, al fine di favorire la digestione. Tuttavia analisi approfondite sul fossile hanno escluso che nel caso del piccolo uccello cretacico potessero essere dei veri calcoli ventricolari. "L'esemplare conserva estesi tessuti molli, tra cui tracce di occhi, pelle e piume, nonché un'insolita massa di gastroliti conservati pressati contro il margine laterale sinistro delle vertebre cervicali", hanno scritto O'Connor e colleghi nell'abstract dello studio. "Il confronto basato sulla tomografia computerizzata con il ventriglio in situ conservato negli ornituromorfi simpatrici Archaeorhynchus e Iteravis suggerisce fortemente che questi gastroliti non siano calcoli ventricolari", hanno aggiunto gli esperti.

Dunque, come hanno fatto 800 piccole pietre – parte delle quali probabilmente palline di argilla – ad accumularsi nell'esofago di questo uccello fino a ucciderlo? Del resto, secondo gli autori dello studio è il primo ritrovamento di un fossile con centinaia di pietre bloccate nella gola. Una spiegazione definitiva non c'è, ma come indicato dalla scienziata a IFLScience, probabilmente si trattava di un animale malato. Non è raro osservare comportamenti insoliti negli uccelli e in altri animali in difficoltà, che ad esempio possono ingoiare tutto quello che capita a tipo. Probabilmente il piccolo Chromeornis funkyi ha ingurgitato piccole pietre a non finire, ma quando ha capito che una simile massa non poteva essere sopportata dal ventriglio, ha provato a rigurgitarle. Durante questa operazione, però, i sassolini sarebbero rimasti incastrati nell'esofago, forse anche a causa della pasta formata con l'argilla, dove avrebbero pressato le vie aeree fino a precludere il passaggio dell'aria. Ciò avrebbe condannato a morte l'uccello per asfissia, i cui resti sono stati successivamente sepolti dai detriti permettendone la fossilizzazione e l'arrivo fino ai giorni nostri. Si tratta chiaramente di una ricostruzione e non vi è certezza.

Le pietre nell’esofago dell’uccello viste con la tomografia a raggi X. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica
Le pietre nell’esofago dell’uccello viste con la tomografia a raggi X. Credit: O’Connor/Palaeontologica Electronica

Non è la prima volta che i paleontologi scoprono fossili di animali che hanno fatto una bruttissima fine. Tra i casi più eclatanti vi sono quelli di pesci del Giurassico che tendevano a morire molto spesso con delle conchiglie acuminate piantate nella gola. Recentemente sono stati trovati anche due piccoli pterodattili con lesioni assurde causate dal vento fortissimo, che ha ribaltato le loro ali (più correttamente patagi) come il vento forte fa con un ombrello. I dettagli del nuovo studio “A new small-bodied longipterygid (Aves: Enantiornithes) from the Aptian Jiufotang Formation preserving unusual gastroliths” dedicato all'uccello del Cretaceo sono stati pubblicati su Palaeontologica Electronica.

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