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La città di Futo non caccerà più i delfini, decisione storica in Giappone: licenza riconsegnata

Le autorità locali di Futo hanno definitivamente rinunciato alla caccia ai delfini, riconsegnando la licenza al Ministero della Pesca del Giappone.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Dolphin Project / Elsa Nature Conservancy
Credit: Dolphin Project / Elsa Nature Conservancy

La città giapponese di Futo non darà più la caccia ai delfini. La decisione, già nell'aria da qualche tempo, è stata ufficializzata con la riconsegna della licenza di caccia al Ministero della Pesca nipponico. È un passo in avanti storico in un Paese che massacra mammiferi marini da decenni, sia i grandi cetacei misticeti (le balenottere) che quelli più piccoli come i delfini. Questi ultimi non solo vengono uccisi per la carne, ma spesso vengono catturati per essere venduti (a peso d'oro) ai parchi acquatici e ai delfinari di mezzo mondo, condannati a vivere un'orrenda esistenza in prigione. È una pratica brutale e anacronistica che in Giappone si consuma principalmente nella famigerata “baia della morte” di Taiji, le cui atrocità furono raccontate nel film documentario “The Cove” di Louie Psihoyos, vincitore del Premio Oscar nel 2010.

Come spiegato da Rick'o Barry, attivista del Dolphin Project e protagonista del lungometraggio dedicato alla baia di Taiji, un tempo per la città di Futo la caccia ai delfini era un grandissimo affare, soprattutto per la vendita di animali vivi ai suddetti parchi marini. Nel 2005, tuttavia, l'attività fu cessata e messa in un lungo stato di quiescenza, fino al 2019, quando le autorità hanno dato il via libera per tornare a praticarla. Nonostante ciò sono emersi diversi problemi organizzativi e logistici, come la mancanza di imbarcazioni adeguate per catturare i delfini e di personale formato, come spiegato da Kunito Seko dell'organizzazione ambientalista “C'est Assez”. Per questo motivo non sono riusciti a cacciare nemmeno un esemplare. Il colpo di grazia a questa intenzione è stato però dato dagli attivisti giapponesi e da tutti coloro che si sono opposti alle catture. Per diversi anni hanno combattuto affinché la “Cooperativa di pescatori Ito di Futo” non desse seguito ai suoi propositi, nonostante la pianificazione in atto.

L'obiettivo iniziale della riapertura non era catturare i delfini per ucciderli e consumarli – la domanda della carne di cetaceo è drammaticamente crollata in Giappone – ma per venderli vivi ai migliori offerenti. Un tempo, del resto, in queste acque venivano catturati migliaia di delfini ogni anno. Ma gli attivisti sono riusciti a convincere le autorità locali che riportare in vita questa pratica a Futo avrebbe irrimediabilmente danneggiato l'immagine della città, sulla scorta di ciò che avviene a Taiji.

Poiché infatti si tratta di una interessante meta internazionale per le immersioni subacquee, è stato suggerito che la cattura di cetacei avrebbe potuto far crollare le entrate derivate da questa attività estremamente redditizia, che richiama turisti da ogni angolo del mondo. Tra il rischio economico, i problemi organizzativi e un numero crescente di oppositori, alla fine le autorità locali hanno deciso di riconsegnare la licenza di caccia al Ministro della Pesca del Giappone. Non sarà stata la più nobile e virtuosa delle motivazioni, ma i cetacei che vivono innanzi alla penisola di Izu ora sono finalmente e definitivamente al sicuro.

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