Immagini straordinarie mostrano come gli antibiotici uccidono i batteri resistenti: perché è una svolta

I ricercatori sono riusciti a ottenere le straordinarie immagini del modo in cui i batteri vengono uccisi da una specifica classe di antibiotici: le polimixine. Questi farmaci, alla luce dei potenziali e significativi effetti collaterali, in genere vengono utilizzati come ultima spiaggia per debellare infezioni provocate da patogeni gram-negativi resistenti ai trattamenti, come Escherichia coli. Pur essendo molto efficaci, non sempre funzionano e gli scienziati non sapevano perché. Fino ad oggi. Grazie a questo nuovo lavoro, infatti, è stato compreso appieno il meccanismo d'azione delle polimixine, una scoperta che può portare a nuovi e potenti antibiotici contro i cosiddetti “super batteri”, considerati una vera e propria minaccia alla salute pubblica globale. Non a caso le stime degli esperti indicano che, entro il 2050, questi patogeni uccideranno tanto quanto il cancro, ovvero circa 10 milioni di persone ogni anno. Per questo è fondamentale mettere a punto nuovi antibiotici.
Per capire l'importanza di questa scoperta è doveroso spiegare come agiscono le polimixine, ovvero la polimixina B e la polimixina E – conosciuta anche come colistina – prodotte da un altro microrganismo, Paenibacillus polymyxa. Questi antibiotici colpiscono specificamente la dura membrana esterna di lipopolisaccaridi che protegge i batteri gram-negativi, che è come una sorta di corazza. Molti dei super batteri resistenti agli antibiotici che preoccupano le autorità sanitarie sono proprio gram-negativi, fra i quali Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii e il sopracitato Escherichia coli. Sono tutti protetti da questo scudo biologico a doppia membrana. Gli scienziati sapevano che le polimixine erano in grado di colpire la membrana esterna di lipopolisaccaridi – in particolar modo fosfatidiletanolamina – di questi patogeni, portandoli alla morte, ma il meccanismo era “scarsamente definito”, come spiegato nell'abstract dello studio.
Sono riusciti a capire esattamente cosa accade grazie alla microscopia a forza atomica, una tecnica di imaging ad altissima risoluzione basata su una punta affilata montata su una microleva, che viene utilizzata per scansionare le superfici dei minuscoli organismi. Può funzionare sia per contatto che sfiorando la superficie da indagare. Nel caso specifico sono stati utilizzati ceppi di Escherichia coli esposti alla polimixina B. I ricercatori, grazie a questa tecnica, hanno osservato che l'antibiotico non disgrega la corazza di lipopoisaccaridi, ma la deforma facendola riempire di protuberanze, sempre più grandi e numerose, come si evince dalle incredibili immagini che trovate nell'articolo. Sono il risultato del meccanismo di difesa del batterio, che cerca di rimuovere lo strato della corazza colpito con uno nuovo, ma non fa in tempo a sostituire l'"abito"

Questo “cambio di mattoni”, in pratica, genera delle falle nella corazza che permettono al farmaco di penetrare e colpire la seconda membrana più interna. Ciò porta la cellula batterica a morire. L'aspetto sorprendente risiede nel fatto che questo meccanismo d'azione funziona soltanto quando il batterio è attivo e non dormiente; in quest'ultimo stato, infatti, la produzione dello scudo è disattivata e non permette alla polimixina di perforarlo e invadere la cellula. È proprio questo il motivo per cui le polimixine a volte non sono efficaci nel debellare le infezioni. Gli scienziati hanno anche scoperto che i batteri possono essere “risvegliati” con uno zucchero (carbonio) e resi così suscettibili all'aggressione del farmaco.
A svelare il meccanismo d'azione di questi antibiotici contro i batteri gram-negativi è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del London Centre for Nanotechnology dello University College London, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il Centro per la biologia della resistenza batterica dell'Imperial College London e la Facoltà di Scienze della Vita dell'Università di Nottingham. I ricercatori, coordinati dai professori Andrew M. Edwards e Bart W. Hoogenboom, hanno sottolineato che questa scoperta può portare allo sviluppo di nuovi e più efficaci antibiotici efficaci.
Ricordiamo che le polimixine possono avere severi effetti collaterali a carico dei reni e del sistema nervoso, anche per questo vengono utilizzati come ultima istanza per debellare gravi infezioni resistenti. “È stato incredibile osservare l'effetto dell'antibiotico sulla superficie batterica in tempo reale. Le nostre immagini dei batteri mostrano direttamente quanto le polimixine possano compromettere la corazza batterica. È come se la cellula fosse costretta a produrre "mattoni" per la sua parete esterna a una velocità tale da romperla, consentendo all'antibiotico di infiltrarsi”, ha dichiarato in un comunicato stampa la coautrice Carolina Borrelli. I dettagli della ricerca “Polymyxin B lethality requires energy-dependent outer membrane disruption” sono stati pubblicati su Nature Microbiology.