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Il fungo più velenoso al mondo sembra finalmente avere un antidoto

Potrebbe averlo identificato un team di ricerca cinese che ha dimostrato che una sostanza chimica, chiamata verde indocianina, può ridurre la potenza della principale tossina dell’Amanita falloide.
A cura di Valeria Aiello
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Amanita falloide (Amanita phalloides), chiamato anche angelo della morte e ovolo bastardo, è un fungo mortale molto diffuso, il più pericoloso esistente in natura. Credit: Archenzo/Wikipedia
Amanita falloide (Amanita phalloides), chiamato anche angelo della morte e ovolo bastardo, è un fungo mortale molto diffuso, il più pericoloso esistente in natura. Credit: Archenzo/Wikipedia

L’Amanita falloide, il fungo più pericoloso e mortale che esista in natura, responsabile del 90% dei decessi legati al consumo di funghi, sembra finalmente avere un antidoto in grado di ridurre la potenza del suo veleno. Potrebbe averlo identificato un team di ricerca guidato dai chimici Guohui Wan e Qiaoping Wang della Sun Yat-sen University in Cina che ha dimostrato che una sostanza chimica, chiamata verde indocianina, inibisce l’enzima STT3B, una proteina che ha un ruolo chiave nella tossicità di questo fungo.

Un antidoto per il fungo più velenoso al mondo

Per comprendere i meccanismi molecolari alla base della tossicità dell’amanita falloide, i ricercatori hanno adottato un approccio in più fasi. Come dettagliato in un articolo pubblicato su Nature Communication, il team ha in primo luogo analizzato il genoma di questo fungo per capire in che modo la sua tossina, α-amanitina, agisca nelle cellule umane, osservando i geni e i percorsi cellulari che vengono influenzati dalla tossina.

Questo screening ha permesso agli studiosi di scoprire che la biosintesi di alcune proteine, note come N-glicani, è coinvolta nella morte cellulare indotta dalla tossina. Ulteriori indagini hanno quindi rivelato che l’enzima STT3B, necessario per la sintesi degli N-glicani, avrebbe potuto essere un bersaglio in grado di bloccare la tossicità dell’ α-amanitina.

Successivamente, gli studiosi hanno esaminato le sostanze già approvate dalla Food and Drugs Administration (FDA) per cercare potenziali inibitori STT3B, identificando nel verde indocianina, una molecola utilizzata come tracciante fluorescente per l’imaging diagnostico medico, come un possibile inibitore.

I test, condotti su linee cellulari umane e murine, hanno mostrato che le cellule erano molto più resistenti alla α-amanitina quando pretrattate con verde indocianina. Test analoghi sono stati condotti trattando organoidi del fegato di topo e topi vivi, che hanno mostrato rispettivamente una maggiore resistenza alla morte cellulare e minori danni d’organo, con un conseguente aumento complessivo della sopravvivenza degli animali.

Per determinare in che modo il verde indocianina inibisca l’α-amanitina e valutare quanto la sua somministrazione sia sicura negli esseri umani, sarà comunque necessario condurre ulteriori ricerche. Ma questi primi risultati sono certamente promettenti e aprono la strada allo sviluppo di un antidoto in un futuro non troppo lontano. “Nel complesso – scrivono i ricercatori – dimostriamo che accoppiando la genomica funzionale dell'intero genoma con la previsione di farmaci in silico, possiamo definire rapidamente e quindi indirizzare i processi rilevanti dal punto di vista medico”.

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