video suggerito
video suggerito

Finalmente identificata una molecola che colpisce il tallone d’Achille dei coronavirus: si cercava da tempo

Un team di ricerca internazionale ha identificato una molecola (chiamata 4B) in grado di colpire il macrodominio o Mac1 dei coronavirus, una componente fondamentale per la replicazione virale e considerata un punto debole di questi patogeni. Fino ad oggi non si era riusciti a inibirla. I test preclinici sono molto promettenti.
A cura di Andrea Centini
28 CONDIVISIONI
Particelle virali del coronavirus SARS–CoV–2 su cellule umane. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus SARS–CoV–2 su cellule umane. Credit: NIAID

I ricercatori hanno creato una molecola in grado di colpire efficacemente un punto debole dei coronavirus, un vasto gruppo di patogeni dei quali fanno parte sia i virus responsabili del comune raffreddore che quelli di malattie come SARS, MERS e COVID-19. Si ritiene che in futuro altri coronavirus derivati dai pipistrelli possano dar vita a ulteriori pandemie, come quella recentemente provocata dal SARS-CoV-2, pertanto i ricercatori sono sempre a caccia di nuove molecole per colpirli, soprattutto con azione “universale”. Da tempo era noto che una componente della proteina non strutturale 3 (NSP3) dei coronavirus nota come macrodominio o Mac1 poteva essere un valido bersaglio farmacologico, alla luce del suo ruolo fondamentale nella replicazione virale e nell'innesco della malattia, tuttavia fino ad oggi non erano state individuate molecole valide in grado di inibirlo. È esattamente ciò che è riuscito a fare un gruppo di ricerca, che ha gettato le basi per nuovi e promettenti farmaci antivirali.

A trovare una molecola in grado di colpire il tallone d'Achille dei coronavirus è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi dell'Università del Kansas, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Chimica del McDaniel College e della Facoltà di Biochimica e Medicina Molecolare e Biocentro Oulu dell'Università di Oulu (Finlandia). I ricercatori, coordinati dal professor Anthony Fehr, docente di Bioscienze molecolari presso l'ateneo americano, hanno identificato la nuova molecola grazie al lavoro già svolto in passato per andare a caccia di un inibitore contro il macrodominio o Mac1. Dopo numerosi test hanno scoperto che una molecola – che hanno deciso di chiamare 4B – si legava molto bene alla tasca di Mac1, inoltre aveva bisogno di una dose molto bassa per inattivare la replicazione virale. Così il professor Fehr e colleghi hanno immediatamente avviato dei test antivirali con cellule in coltura per valutarne l'efficacia contro le infezioni e potenzialmente l'innesco delle patologie. Purtroppo però i risultati iniziali sono stati molto deludenti. La molecola 4B, semplicemente, non funzionava.

Un'analisi attenta della sua struttura ha fatto intuire che il problema risiedeva nella catena laterale acida, che non permetteva a 4B di penetrare attraverso la membrana cellulare e raggiungere le particelle virali del coronavirus. Dopo le opportune modifiche, grazie alle quali l'acido è stato trasformato in un estere permeabile, la storia è cambiata completamente, come spiegato dal professor Fehr in un comunicato stampa. “Una volta fatto questo, abbiamo iniziato a osservare una robusta attività antivirale. È stato il momento della rivelazione. Siamo finalmente riusciti a rendere il composto permeabile alle cellule e funzionale in coltura cellulare. È stato un grande passo avanti: prendere una molecola con una forte attività in vitro, modificarla e dimostrare che ora poteva funzionare nelle cellule contro il virus vero e proprio”.

I test sono stati estremamente promettenti con cellule coltivate in vitro – sia umane che di topo – infettate dal coronavirus SARS-CoV-2; il prossimo passo sarà quello di verificare l'efficacia dell'inibitore in un modello murino vivente, per determinare l'effettiva capacità antivirale. Gli autori dello studio sottolineano che i virus possono creare delle resistenze a questi inibitori, un po' come accade per gli anticorpi dei vaccini e delle precedenti infezioni che si legano alla proteina S o spike del patogeno, tuttavia il macrodominio è un elemento critico e, anche innanzi a una potenziale resistenza, ne escono fortemente indebolite. Insomma, potremmo aver gettato le basi per un'arma preziosissima, in grado di contrastare non solo i coronavirus attualmente circolanti, ma anche quelli che in futuro potrebbero scatenare una nuova pandemia. Allo stesso modo gli scienziati sono alla ricerca di un vaccino universale. I dettagli della ricerca “Identification of a series of pyrrolo-pyrimidine-based SARS-CoV-2 Mac1 inhibitors that repress coronavirus replication” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica mBio.

28 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views