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I nostri antichi antenati erano più bravi a sentire l’odore dei dolci

Lo rivela una nuova ricerca che ha permesso di trarre alcune conclusioni sul senso dell’olfatto nei nostri cugini Denisova e Neanderthal ormai estinti.
A cura di Valeria Aiello
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L’olfatto è una parte integrante della nostra vita. Ma secondo un nuova ricerca, alcuni dei nostri antichi antenati erano molto più bravi di noi a fiutare gli odori dolci. Se, insieme a loro, passassimo ad esempio davanti a un alveare carico di favi, molto probabilmente ci batterebbero sul tempo, accaparrandosi per primi la forma più pura del miele. Ciò sarebbe però vero solo per i Denisoviani, che vissero principalmente nell’odierna Siberia, dove i resti trovati nella grotta dei Denisova sono stati datati tra 76.200 e 51.600 anni fa.

Questi ominidi erano infatti più sensibili agli odori dei moderni umani e lo erano anche molto più dei Neanderthal, che vissero in Eurasia tra 430.000 e 40.000 anni fa e avevano un olfatto decisamente più scarso. I Denisovani, al contrario, erano più bravi a fiutare gli odori dolci e speziati, come miele, vaniglia, chiodi di garofano ed erbe aromatiche. Ma come, esattamente, si è arrivati a misurare la capacità olfattiva dei nostri parenti genetici più stretti? La risposta a questa domanda è impressionante quanto la scoperta stessa.

I Denisoviani erano più bravi a fiutare gli odori dolci

Un team di ricerca guidato dall’antropologa Kara Hoover dell’Università dell’Alaska-Fairbanks e dalla biochimica Claire de March dell’Università Paris-Saclay ha infatti utilizzato le sequenze dei genomi pubblicamente disponibili dei Neanderthal, di un Denisoviano e un antico essere umano, nonché i dati genomici degli esseri umani moderni raccolti dal progetto 1000 Genomes, per ricreare gli antichi nasi in laboratorio e testarne direttamente la loro capacità olfattiva.

Variazione genetiche e funzionali dei diversi recettori olfattivi / iScience 2023.
Variazione genetiche e funzionali dei diversi recettori olfattivi / iScience 2023.

Nello specifico, come dettagliato in un articolo appena pubblicato su iScience, il team ha isolato 30 geni del recettore olfattivo per ciascun gruppo, scoprendo che 11 dei recettori presentavano alcune mutazioni presenti solo nei lignaggi estinti. Questi recettori sono stati quindi ricreati in versioni di laboratorio e poi esposti a centinaia di odori diversi in varie concentrazioni. E proprio come quando un aroma si diffonde nelle cavità nasali, i recettori olfattivi hanno reagito agli odori.

Per valutare l’intensità di tale reazione, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica di bioluminescenza, chiamata saggio della luciferasi, per cui quando i recettori rilevavano un odore, si illuminavano letteralmente. La velocità e la luminosità della luminescenza hanno dunque indicato se, quanto presto e fino a che punto ogni “naso” era in grado di sentire gli odori. E che, sebbene gli antichi recettori rilevassero gli stessi odori percepiti dagli umani moderni, differivano nella sensibilità a gran parte di essi, avvicinandoci alla comprensione di come Neanderthal e Denisova interagissero con il loro ambiente olfattivo.

Senza ombra di dubbio, i Denisovani avevano un olfatto più sensibile sia di quello dei moderni umani sia dei Neanderthal. Erano in grado di fiutare con molta più efficacia gli odori dolci e speziati come miele, vaniglia, chiodi di garofano ed erbe aromatiche, una caratteristica che avrebbe potuto aiutarli a trovare cibi ipercalorici, secondo i ricercatori.

In un’ipotetica corsa al favo, gli umani di oggi si sarebbero però classificati nel mezzo, il che potrebbe essere spiegato dal fatto che “mangiamo molte cose, e non siamo molto specializzati – ha commentato Hiroaki Matsunam, professore di genetica molecolare e microbiologia della Duke University di Durham, in Carolina del Nord, e co-autore dello studio  – . Ogni specie ha sviluppato recettori olfattivi per massimizzare la propria idoneità a trovare cibo”.

Il nostro mediocre senso dell’olfatto indicherebbe quindi il motivo per cui la nostra specie ha avuto tanto successo, anche dove i nostri antichi cugini si sono estinti. “Questa ricerca ci ha permesso di trarre alcune conclusioni più ampie sul senso dell’olfatto nei nostri parenti genetici più stretti e comprendere il ruolo che l’olfatto ha svolto nell’adattarsi a nuovi ambienti e cibi durante le nostre migrazioni fuori dall’Africa – ha aggiunto la professoressa Hoover – . Un repertorio olfattivo così fortemente sovrapposto suggerisce che il nostro approccio generalista all’olfatto ci abbia permesso di trovare nuovi cibi durante la migrazione verso nuovi luoghi. Non solo a noi, ma anchea i nostri cugini che hanno lasciato l’Africa molto prima di noi!”.

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