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I maiali gestiscono i litigi come l’uomo: può intervenire anche un “paciere” a sedare gli animi

Gli scienziati dell’Università di Torino hanno determinato che i maiali risolvono i conflitti come noi, attraverso comportamenti complessi e affascinanti.
A cura di Andrea Centini
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I maiali gestiscono i conflitti proprio come gli esseri umani, attuando comportamenti complessi che garantiscono la riappacificazione e il ritorno alla calma nel gruppo. Nei litigi tra due suini può anche intervenire un cosiddetto “paciere”, un terzo esemplare che, a seconda dei casi, può interagire sia col maiale che aggredisce che con quello aggredito, determinando ulteriori variazioni comportamentali. Le relazioni parentali, inoltre, giocano un ruolo significativo nella risoluzione della conflittualità e nella modalità di mitigazione. Secondo gli autori dello studio questi comportamenti complessi potrebbero essere frutto “di una convergenza evolutiva legata alle elevate capacità cognitive e alla spiccata socialità del maiale domestico e/o di una convergenza comportamentale e comunicativa del maiale con gli umani legata al processo di domesticazione”. In parole semplici, i maiali sono animali estremamente socievoli e intelligenti, le cui doti si esprimono anche nella gestione “umana” dei rapporti burrascosi. È un altro elemento che evidenzia quanto possano essere crudeli le privazioni e le sofferenze cui vengono sottoposti questi splendidi animali, spesso imprigionati negli allevamenti intensivi fino alla morte.

A dimostrare che i maiali gestiscono i conflitti come gli esseri umani è stato un team di ricerca tutto italiano, composto da sei esperti di comportamento animale e genetica dell'Università di Torino (UniTo). A coordinarlo i professori Giada Cordoni e Ivan Norscia del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBIOS) dell’ateneo piemontese, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi Marta Comin, Edoardo Collarini, Carlo Robino ed Elena Chierto. I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni dopo aver studiato le strategie post-conflitto dei suini attraverso metodologie normalmente impiegate per i primati, come scimpanzé, bonobo e gorilla (anche l'essere umano è un primate). Hanno coinvolto nello studio 104 maiali (Sus scrofa) tenuti allo stato semi-brado presso l'allevamento etico “Parva Domus” di Cavagnolo, un comune in provincia di Torino, valutando tre principali tipologie di interazione, ovvero naso-naso, naso-corpo e corpo-corpo.

Gli scienziati hanno osservato che la riconciliazione, ovvero la risoluzione del conflitto, avveniva principalmente tra suini non fortemente imparentati – ad esempio cugini -; era probabilmente un metodo per rendere meno stressante la convivenza in gruppo. Il paciere, d'altro canto, interveniva soprattutto quando scoppiavano liti tra maiali strettamente imparentati. Gli scienziati hanno osservato che, dopo il suo intervento, se diretto verso le vittime queste ultime riducevano i comportamenti di ansia e stress, come grattarsi e scuotere la testa. Quando invece il terzo esemplare decideva di interagire con l'aggressore, quest'ultimo riduceva le azioni conflittuali verso gli altri esemplari, sebbene la sua ansia “post bellica” non venisse mitigata.

Secondo gli scienziati i maiali potrebbero avere una certa capacità di regolazione socio-emotiva ed essere capaci di valutare gli equilibri del gruppo in cui vivono. In pratica, sarebbero in grado di rilevare quando qualcosa turba lo status quo e intervenire di conseguenza per riportare la calma. I risultati dello studio suggeriscono che vi sia una convergenza evolutiva nei meccanismi comportamentali che la nostra specie e i maiali – che sono la “versione domestica” del cinghiale – mettono in atto per rendere migliore la convivenza nel gruppo sociale. Nei maiali potrebbero essere emersi grazie alle significative doti sociali e cognitive, ma non si esclude un coinvolgimento del processo di domesticazione. I dettagli della ricerca “Domestic pigs (Sus scrofa) engage in non-random post-conflict affiliation with third parties: cognitive and functional implications” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Animal Cognition.

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