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I genitori non bastano per allevare i bambini: forse necessari molti caregiver per ragioni evolutive

Secondo un nuovo studio i bambini di Homo sapiens sono forse “evolutivamente predisposti” a ricevere il supporto di molti caregiver, non solo dei genitori. Questo potrebbe spiegare le enormi pressioni sulle famiglie occidentali, in cui è praticamente impossibile bilanciare le energie tra intensa vita lavorativa e cura dei figli.
A cura di Andrea Centini
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I bambini piccoli potrebbero essere "evolutivamente predisposti" a ricevere il supporto non solo dei due genitori, ma anche di numerosi altri caregiver appartenenti alla stessa comunità. Questa tipologia di assistenza non è praticamente presente nelle tipiche famiglie occidentali dei Paesi ricchi e industrializzati, in cui l'assistenza ai figli è delegata principalmente ai due genitori. Questa dinamica familiare, tuttavia, è ben distante da ciò che si osserva nelle comunità di cacciatori-raccoglitori contemporanee e che con buona probabilità è stata presente in tutte quelle che hanno costellato l'evoluzione umana. In questi contesti, infatti, ci sono numerosi individui – anche più di 20, nei casi limite – che si prendono cura dei piccoli per numerose ore al giorno, supportando la madre e il bambino o la bambina.

Si tratta di una differenza significativa che potrebbe avere un impatto rilevante sullo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini, migliorando al contempo anche il benessere psicofisico dei genitori. La nascita dei figli, del resto, è un'esperienza meravigliosa per la stragrande maggioranza delle persone, ma ciò non significa che non possa avere un impatto drammatico sulla qualità della vita. Nelle frenetiche società moderne votate al lavoro e alla iperproduzione, infatti, le sole ore di sonno perdute dietro crisi di pianto, poppate e problemi di salute dei piccoli possono catalizzare stress, ansia e depressione, a causa dell'impossibilità di bilanciare le energie per svolgere le attività quotidiane e allevare correttamente i propri figli. La pressione può essere estrema proprio perché molto spesso non c'è qualcuno a supportare i genitori nell'accudimento (i nonni, in questo senso, spesso svolgono un ruolo fondamentale).

In larghissima parte della nostra storia evolutiva abbiamo vissuto come cacciatori-raccoglitori e la cura dei figli è stata evidentemente molto differente dall'approccio attuale, osservato nei tipici Paesi occidentali benestanti. Gli autori di un nuovo studio hanno evidenziato che ciò è vero anche nelle attuali comunità di cacciatori-raccoglitori. Sebbene queste comunità non si possano prendere come modello assoluto di sostegno all'infanzia, così come non si possa non tener conto della plasmabilità della psicologia umana, in grado di mostrarsi molto flessibile in base alle circostanze, è possibile che i bambini di Homo sapiens siano davvero predisposti dal punto di vista evolutivo a ottenere molto più sostegno – sotto forma di contatto fisico e cura – di quello offerto dai soli genitori biologici. A determinare questa eventualità proprio la nuova indagine, nella quale i ricercatori hanno osservato ciò che avviene nella comunità di cacciatori-raccoglitori Mbendjele BaYaka della Repubblica del Congo, in Africa.

A condurre il nuovo studio è stato un team di ricerca britannico guidato dallo scienziato Nikhil Chaudhary del Leverhulme Centre for Human Evolutionary Studies dell'Università di Cambridge, che ha collaborato a stretto contatto col collega Gul Deniz Salali del Dipartimento di Antropologia dello University College London e la psichiatra infantile Annie Swanepoel del Learning Disability Team SET CAMHS, NELFT. Gli studiosi hanno osservato che ciascun bambino dei cacciatori-raccoglitori Mbendjele ha circa 10-15 caregiver, che intervengono costantemente a supporto della madre col contatto fisico e altre cure. Nei casi dei 18 bambini e neonati studiati, i piccoli in media ricevono ogni giorno nove ore di assistenza da parte dei caregiver. Le grida e i pianti dei piccoli, ad esempio, ottenevano un intervento rapido da parte di uno dei caregiver in appena 25 secondi. “Si rispondeva praticamente sempre al pianto, di solito molto rapidamente; e le risposte in genere assumevano la forma di conforto o nutrimento, raramente stimolanti e mai di controllo”, hanno evidenziato gli autori dello studio. È evidentemente un tempo molto diverso da quello che possono offrire i soli due genitori biologici impegnati da un'intensa vita lavorativa.

“Per oltre il 95% della nostra storia evolutiva abbiamo vissuto come cacciatori-raccoglitori. Pertanto, le società contemporanee di cacciatori-raccoglitori possono offrire indizi sull’esistenza di determinati sistemi di allevamento dei bambini ai quali i bambini, e le loro madri, possono essere psicologicamente adattati”, ha affermato in comunicato stampa il professor Chaudhary, docente presso il Dipartimento di Archeologia dell'Università di Cambridge. Secondo la dottoressa Swanepoel il supporto di questi numerosi caregiver, tra i quali anche adolescenti e bambini più grandi, può avere diversi vantaggi per i piccoli, “come la riduzione del rischio di abbandono e abuso, la protezione dalle avversità familiari e il miglioramento del benessere materno che a sua volta migliora le cure materne”.

È anche interessante notare che nei Paesi occidentali l'assistenza all'infanzia viene fornita essenzialmente alle coppie per permettere loro di lavorare, ma potrebbe essere necessario un vero e proprio cambio di paradigma: concedere a tutti i genitori una “pausa affettiva” con un supporto completamente differente. Dovrebbe essere garantito un sostegno per l’infanzia “accessibile e di alta qualità, che vada oltre un’efficace supervisione”, spiegano gli esperti. E potrebbe essere prezioso aumentare sensibilmente il numero di caregiver, dato che la configurazione attuale, nei nostri sistemi, prevede un solo caregiver per numerosi bambini, mentre nei cacciatori-raccoglitori Mbendjele vi sono in media cinque caregiver per ogni bambino. I dettagli della ricerca “Sensitive Responsiveness and Multiple Caregiving Networks Among Mbendjele BaYaka Hunter-Gatherers: Potential Implications for Psychological Development and Well-Being” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Developmental Psychology.

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