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Gli scienziati ridanno vita alle cellule dell’occhio umano dopo la morte

Il successo apre a nuove prospettive per la cura delle malattie neurodegenerative, inclusa la degenerazione maculare senile.
A cura di Valeria Aiello
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C’è vita dopo la morte, almeno per alcune cellule dell’occhio umano. Lo ha dimostrato un team di ricerca del John A. Moran Eye Center dell’Università dello Utah in collaborazione con lo Scripps Research Institute di La Jolla, in California, nell’ambito di un esperimento condotto su oltre 40 occhi prelevati da donatori appena deceduti. Il team, in particolare, ha messo a punto un processo in grado di risvegliare le cellule dei fotorecettori nella macula umana, la parte centrale della retina responsabile della nostra visione distinta e della percezione dei dettagli. “Negli occhi ottenuti fino a cinque ore dopo la morte del donatore, queste cellule hanno risposto a luce intensa, alle luci colorate e persino a bagliori molto deboli” ha spiegato Fatima Abbas, ricercatrice presso Moran Eye Center.

Abbas è l’autrice principale di un nuovo studio, appena pubblicato sulla rivista Nature, volto a capire come muoiono i neuroni e individuare potenziali modi per rianimarli. Usando la retina umana come modello del nervoso centrale, il team ha raggiunto una serie di scoperte che, scrivono i ricercatori, “consentiranno nuovi studi sul sistema nervoso centrale umano e solleveranno nuove domande sull’irreversibilità della morte delle cellule neuronali, aprendo nuove strade per la riabilitazione visiva”.

Uno dei principali ostacoli superati dai ricercatori è stato quello relativo ai danni subiti dalle cellule a causa della mancanza di ossigeno. In tal senso, gli studiosi hanno progettato un’unità di trasporto speciale che, spiegano, ripristina l’ossigenazione e l’apporto di alcuni nutrienti, oltre ad aver sviluppato un dispositivo in grado di stimolare la retina e misurare l’attività delle sue cellule.

Mediante tale approccio, i ricercatori sono riusciti a ripristinare uno specifico segnale elettrico dell’occhio, chiamato “onda b”, registrando per la prima volta tale segnale in occhi umani post-mortem. “Siamo stati in grado di far dialogare le cellule retiniche, come fanno nell’occhio vivente per mediare la visione umana – ha affermato il professor Frans Vinberg del Moran Eye Center e co-autore senior dello studio – . Precedenti ricerche avevano ripristinato un’attività elettrica molto limitata negli occhi dei donatori di organi, ma questo non è mai stato effettuato nella macula, né nella misura in cui abbiamo ora dimostrato”.

Questo successo, spiegano gli autori, apre nuove prospettive per lo studio di altri tessuti neuronali e e la cura delle malattie neurodegenerative, incluse alcune patologie della retina come la degenerazione maculare legata all’età.

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