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Cambiamenti climatici

Gli orsi polari allattano con difficoltà per la crisi climatica: una popolazione crollata del 50%

La riduzione del ghiaccio marino provocata dai cambiamenti climatici rende sempre più difficile l’allattamento dei cuccioli di orso polare. Le femmine, costrette a digiuni sempre più lunghi, non riescono a produrre latte di qualità o a sufficienza per i propri piccoli. Una popolazione nella baia di Hudson sarebbe crollata del 50 percento negli ultimi decenni anche a causa di questo problema.
A cura di Andrea Centini
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Gli orsi polari (Ursus maritimus) sono tra gli animali più colpiti in assoluto dal cambiamento climatico, a causa dello scioglimento del ghiaccio artico che toglie letteralmente habitat da sotto le loro zampe. Questi plantigradi, infatti, sfruttano le piattaforme di ghiaccio per andare a caccia di foche, le loro prede privilegiate, anche se non disdegnano i cetacei, in particolar modo quelli che si “perdono” tra i canali ghiacciati e restano lontani dal mare aperto. A causa del riscaldamento globale, tuttavia, il ghiaccio marino periodico si scioglie sempre più presto durante le stagioni “calde” e si forma sempre più tardi in quelle fredde. Ciò si traduce in un sensibile aumento del numero dei giorni di digiuno che gli orsi polari devono affrontare durante il periodo caldo, non potendo catturare le prede. Le conseguenze sulla loro salute sono inevitabilmente drammatiche, ma a soffrire particolarmente sono le madri con i cuccioli, che devono affrontare un significativo dispendio energetico per produrre il latte ricco di grassi. Maggiore è il tempo trascorso senza poter catturare le foche, minore è l'energia del latte offerto (quando ancora riescono a produrlo). Una combinazione di eventi che mette a repentaglio la sopravvivenza di mamme e piccoli.

Secondo un nuovo studio, il crollo del 50 percento della popolazione di orsi polari nell'area occidentale della Baia di Hudson (Canada) avvenuto negli ultimi decenni sarebbe legato proprio alla prolungata riduzione del ghiaccio marino stagionale, che impedisce alle madri di prendersi cura di se stesse e dei propri piccoli come facevano un tempo. A condurre la ricerca è stato un team internazionale di studiosi guidato da scienziati del Quantitative Global Change Ecology Laboratory dell'Università di Toronto Scarborough, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dello US Geological Survey – Alaska Science Center di Anchorage (Stati Uniti) e del Dipartimento di Ecologia e Biologia Evoluzionistica dell'Università di Toronto. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Louise Archer, docente presso il Dipartimento di Scienze Biologiche dell'ateneo canadese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente dati raccolti tre decenni fa.

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Come indicato dalla professoressa Archer in un articolo su The Conversation, gli orsi polari producono latte ad alto contenuto energetico con un'altissima percentuale di grassi, fino al 35 percento, ciò lo rende praticamente come la panna montata. “Questo latte ricco di grassi consente ai cuccioli di crescere rapidamente, passando da soli 600 grammi alla nascita a ben oltre 100 chilogrammi quando hanno circa due anni e mezzo e lasciano le madri per diventare indipendenti”, ha affermato la scienziata. Dall'analisi dei dati, gli studiosi hanno osservato che dopo tre mesi sulla terraferma, durante il periodo dello scioglimento del ghiaccio stagionale, circa 30 anni fa le femmine avevano il 53 percento delle probabilità di allattare cuccioli nati da poco; d'altro canto, le femmine con cuccioli di un anno avevano invece il 35 percento delle probabilità. Poiché da allora il numero di giorni senza ghiaccio marino è aumentato di sette per ogni decennio a causa del riscaldamento globale, gli scienziati ritengono che il prolungamento del digiuno forzato abbia avuto un impatto disastroso sulla sopravvivenza delle famiglie di orsi, proprio perché le madri devono affrontare il compromesso tra smettere di allattare per continuare a sopravvivere o continuare a farlo e rischiare di morire per la carenza di scorte di grassi.

Gli effetti dell'aumento dei periodi di digiuno si vedrebbero proprio nel calo della popolazione del 50 percento negli orsi polari della baia di Hudson. Molte femmine sarebbero morte nel tentativo di far sopravvivere i cuccioli, così come molti cuccioli sarebbero morti perché le madri avevano esaurito le energie (o il latte di qualità) per allevarli. Dallo studio è emerso che maggiori erano i giorni di digiuno, superiori erano le probabilità che l'allattamento venisse interrotto. L'energia del latte, inoltre, diminuiva più bruscamente quando le femmine dovevano occuparsi di due cuccioli invece che di uno solo. “Gli investimenti alterati nell’allattamento hanno probabilmente conseguenze sia sulla sopravvivenza femminile che sul destino della prole, che potrebbero aumentare fino a influenzare le dinamiche della popolazione”, hanno spiegato gli autori dello studio. “Dato che il riscaldamento dell’Artico comporta che gli orsi polari dovranno vivere periodi più lunghi senza accesso alle prede primarie in gran parte del loro areale, i nostri risultati sottolineano come l’allattamento sarà probabilmente sempre più compromesso”, hanno concluso. I dettagli della ricerca “Lactation performance in polar bears is associated with fasting time and energetic state” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Inter-Research Science Publisher.

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