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Emissioni di CO2 in aumento: tra 9 anni rischiamo di superare la soglia critica di riscaldamento

Le emissioni globali di CO2 non diminuiscono e ci avvicinano sempre più alla catastrofe climatica. Per gli esperti servirebbero i tagli visti durante i lockdown.
A cura di Andrea Centini
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Un nuovo rapporto dedicato all'analisi delle emissioni di anidride carbonica (CO2) ha rilevato che non stiamo facendo abbastanza per scongiurare la catastrofe climatica. Al momento, infatti, i cento autori dello studio “Global Carbon Budget 2022” sottolineano che non si rilevano i segnali di diminuzione necessari per evitare di oltrepassare la soglia di 1,5° C di riscaldamento rispetto all'epoca preindustriale. Contenere la temperatura media globale entro tale limite, il più virtuoso indicato nell'Accordo di Parigi sul Clima del 2015, secondo gli scienziati è infatti fondamentale per non andare incontro alle conseguenze più drammatiche e irreparabili dei cambiamenti climatici, quelle che il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha recentemente definito un “suicidio collettivo”. Gli scienziati stimano per il 2022 una media di emissioni pari a 417,2 parti per milione (ppm), un valore più alto del 50 percento rispetto ai livelli preindustriali.

A stilare il rapporto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Exeter (Regno Unito), che hanno collaborato con i colleghi di istituti di tutto il mondo. Tra quelli coinvolti l'Università Sorbona di Parigi, l'Istituto Max Planck per la Meteorologia di Amburgo (Germania), la National Oceanic & Atmospheric Administration (NOAA) statunitense, il Joint Research Centre della Commissione Europea e moltissimi altri ancora. I ricercatori, coordinati dal professor Pierre Friedlingstein, docente presso la Facoltà di Ambiente, Scienze ed Economia dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver utilizzato vari set di dati e metodologie (come la biogeodinamica) per determinare i tassi di emissione e la ridistribuzione della CO2 in atmosfera. Come indicato, in base ai modelli non si evidenziano segni di diminuzione complessiva e, se le emissioni dovessero continuare con questi ritmi, c'è una probabilità del 50 percento che il riscaldamento globale supererà la famigerata soglia di 1,5° C entro nove anni. È esattamente ciò che mostra il climate clock, l'orologio “dell'apocalisse climatica”, che indica appunto quanto tempo abbiamo per scongiurare le conseguenze più nefaste.

In termini squisitamente numerici, il professor Friedlingstein e colleghi hanno calcolato che per il 2022 si prevedono emissioni globali di anidride carbonica pari a 40,6 miliardi di tonnellate (GtCO2). Tali emissioni sono guidate fondamentalmente dall'utilizzo di combustibili fossili – come il petrolio e il carbone – che si prevede raggiungerà le 36,6 GtCO2 entro la fine dell'anno. Il dato è superiore dell'1 percento rispetto al 2021 ed è anche al di sopra di quanto registrato nel periodo antecedente alla pandemia di COVID-19 (che com'è noto ha determinato un calo significativo delle emissioni, a causa dei lockdown, dello stop al traffico aereo e in generale a un blocco delle attività umane responsabili dei gas serra). L'altra componente delle emissioni è relativa al cambiamento nell'uso del suolo – come la deforestazione –, con una stima di 3,9 GtCO2. Secondo i calcoli degli scienziati ad oggi ci restano soltanto 380 GtCO2 da poter immettere in atmosfera per avere una probabilità del 50 percento di superare la soglia di 1,5° C entro nove anni. In pratica, se il trend rimane questo, ci resta meno di un decennio. Per evitare il superamento di 2° C, che avrebbe conseguenze ancor più catastrofiche, restano invece 1230 GtCO2. Il totale di 40,6 GtCO2 è comunque molto vicino alle 40,9 GtCO2 del 2019, in cui si è raggiunto il picco.

Per quanto concerne l'impatto dei principali emettitori del pianeta, i ricercatori per il 2022 calcolano un piccolo miglioramento nelle emissioni di Cina e Unione Europea, rispettivamente – 0,9 e – 0,8 percento, mentre gli Stati Uniti e l'India inquineranno di più: + 1,5 percento per i primi e + 6 percento per la seconda. Il resto del mondo causerà emissioni superiori dell'1,7 percento. Il quadro, pertanto, è assolutamente a tinte fosche e non c'è da stupirsi che il recente rapporto dell'ONU legato alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha rilevato che di questo passo, entro il 2100, ci aspetta un aumento delle temperature di 2,5° C.

Secondo il professor Friedlingstein e colleghi per raggiungere lo zero netto delle emissioni entro il 2050 dovrebbe verificarsi un calo di circa 1,4 GtCO2 all’anno, paragonabile a quello che si è avuto durante il 2020, l'anno dei lockdown. Dato che è impossibile pensare a un blocco delle attività economiche e produttive di quel genere, il taglio deve arrivare necessariamente attraverso la transizione ecologica. Fortunatamente i ricercatori hanno osservato un rallentamento delle emissioni a lungo termine, passato dal +3 percento di circa 20 anni fa allo 0,5 percento attuale, inoltre gli oceani, le foreste e le torbiere continuano ad accumulare metà delle nostre emissioni.

“Quest'anno assistiamo all'ennesimo aumento delle emissioni globali di CO2 fossile, quando abbiamo bisogno di un rapido declino”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Friedlingstein. “Ci sono alcuni segnali positivi, ma i leader riuniti alla COP27 dovranno intraprendere un'azione significativa se vogliamo avere qualche possibilità di limitare il riscaldamento globale vicino a 1,5°C. I numeri del Global Carbon Budget monitorano i progressi sull'azione per il clima e in questo momento noi non vedono l'azione richiesta”, ha chiosato lo scienziato.

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