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Benedetto XVI, il Papa emerito è morto a 95 anni

Cos’è la tanatoprassi, la tecnica usata per imbalsamare Papa Benedetto XVI e Pelé

La salma di Papa Ratzinger è stata esposta alla camera ardente dopo un trattamento di tanatoprassi, utilizzato anche per Pelé. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Andrea Centini
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Dopo la morte il corpo umano (e quello degli altri esseri viventi) inizia il naturale processo di decomposizione, che tuttavia può essere rallentato o fermato attraverso specifiche tecniche. Quella della tanatoprassi – o imbalsamazione temporanea – permette di preservare i tessuti e l'aspetto del defunto per alcune settimane, al fine ad esempio di favorirne l'esposizione pubblica. Non a caso viene sfruttata dopo la morte di personalità rilevanti. La tecnica, ampiamente utilizzata negli Stati Uniti e in Francia, è stata recentemente impiegata per le salme di Papa Benedetto XVI e Pelé, in vista dei funerali che si terranno in questi giorni.

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Il corpo di Ratzinger, il Papa emerito spentosi all'età di 95 anni il 31 dicembre 2022, il 2 gennaio è stato esposto alla camera ardente presso la Basilica di San Pietro, dove resterà fino a giovedì 5 gennaio, giorno del funerale. La tecnica con cui è stato trattato è stata introdotta in Italia dal signor Andrea Fantozzi, che presiede l'Associazione Italiana di Tanatoprassi (A.I.T.) e l'Istituto Nazionale Italiano di tanatoprassi (I.N.I.T.). A differenza di quanto riportato in precedenza, il medico non è stato coinvolto nella conservazione del corpo del Papa emerito. Il dottor Fantozzi faceva parte del gruppo di sette specialisti coordinato da Giovanni Arcudi che nell'aprile del 2005 si occupò della salma di Papa Giovanni Paolo II. Ma in cosa consiste esattamente la tanatoprassi?

Come specificato sul portale dell'INIT, si tratta di un trattamento ‘post-mortem' che consiste “nella cura igienica di conservazione del corpo dopo la morte, ma è soprattutto un trattamento che ha lo scopo di realizzare un processo altamente igienico nel settore funerario e cimiteriale”. L'INIT spiega che dopo la morte l'organismo va incontro a una “veloce trasformazione” – l'avvio della decomposizione – che determina la fuoriuscita di “liquidi organici e la presenza di vapori nauseanti”, in grado di rendere la veglia funebre “più traumatica e potenzialmente pericolosa”. Grazie alla tanatoprassi è possibile “evitare queste spiacevoli situazioni”.

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La tecnica si basa su un'iniezione nel sistema arterioso “di un fluido conservante e da una serie di cure estetiche che consentono di conservare un'immagine integra della persona cara, eliminando così per alcune settimane il processo di decomposizione”. Come sottolineato dalla Cooperative funeraire de l'Outaouais, un'organizzazione francese specializzata, dopo l'iniezione dei conservanti vengono utilizzati prodotti per restituire un aspetto di flessibilità alla pelle o cere per rimodellare il viso (si tratta di creme idratanti colorate, che contrastano il naturale essiccamento in conseguenza della morte). Anche i capelli del defunto vengono acconciati. I tipi di trattamento sono naturalmente legati alle cause del decesso.

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L'INIT spiega che la tanatoprassi non va confusa con l'imbalsamazione permanente (inutile ai fini dell'esposizione di un salma per le cerimonie funebri), ma è un'imbalsamazione temporanea che garantisce la conservazione per 10 – 15 giorni in qualsiasi tipo di ambiente, prevenendo le problematiche legate ai processi decompositivi. La cooperativa francese afferma che qualsiasi corpo umano esposto per più di 24 ore o la cui esposizione inizi a oltre 18 ore dal decesso deve necessariamente essere imbalsamato.

È interessante notare che la tanatoprassi risulta molto utile anche in medicina legale, poiché, come specificato dall'INIT, con l'arresto della decomposizione “si fissano i tessuti e le lesioni come in una preparazione istologica, consentendo così di eseguire le indagini più facilmente”. Inoltre, a seguito della riesumazione, una salma trattata permette analisi più agevoli di una sottoposta a normale decomposizione. La tanatoprassi, infine, permette il “ritorno in polvere” del defunto nel giro di 10 anni, mentre con la sepoltura tradizionale senza alcun trattamento possono passare dai 40 agli 80 anni, come spiegato dall'INIT.

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